Il treno al cui passaggio quotidiano un fischio oggi calmo oggi impetuoso indica lontananze; l'andirivieni dell'onda ed il cheto sciabordio dell'alta marea che una patina di sale lascia a ricordo; il gironzolare coreutico di qualche moschino in atterraggio sgraziato ed in esplorazione intorno a una pera troppo matura. Queste ed altre cose, non saprei dire quante, con le braccia conserte ed il cuore che non trema, osserva Pharoah Sanders.
Ha otto decadi sulle spalle ma nulla pesa sulla sua voce d'ottone, nulla.
È nella trepida attesa d'un tempo senza tempo, che leviga ed incunea il suo tempo in nove movimenti cui segue un silenzio diverso per ognuno.
Il tempo non è una freccia né un cerchio, ma un crocevia di aspettative, disattese o in attesa di nuove attese: nell'oggi s'intersecano le nostre promesse.
Stringe in mano un sassofono e dà senso a questo mondo:
Con voce di specchio, che le piccole cose allora riflesse nel suo iride ora dice a suo modo; cose che il tempo incessantemente consuma e che la sua voce rispecchia in ciò che esse ci promisero, in un tempo che non ha più contorni.
Di queste promesse dice, di esse soltanto.
Con voce fluviale, come un fiume carsico che qua e là fa capolino, segnando una direzione. Tutto segue la sua voce, anche e proprio mentre essa tace.
Per creare uno spazio a questa voce, seguendo le sue pieghe naturali e cucendo su di essa una candida veste, occorre seguirne la direzione segreta.
Il pacato rabdomante Shepard, in arte Floating Points, sembra dire: è il timbro nitido e nebuloso di Pharoah, argento vivo e senz'orpelli, voce di fiume di specchio di treni e di maree scroscianti, voce carartica d'un tempo senza tempo, quel che rende musica il silenzio.
Di tutto il resto potremmo fare anche a meno.
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