IL RISVEGLIO DELL'ANIMA
Nel mio, tutto sommato non breve, percorso di musicofilo mi capita quotidianamente di ascoltare album importanti, pregevoli e dall'impatto sicuramente memorabile; molto più raramente però, forse anche in virtù di una mia insicurezza personale, colgo l'occasione di dedicare a quei dischi una recensione particolareggiata che riesca a trascenderne la generale estemporaneità.
Pertanto, quando decido di collezionare annotazioni e riflessioni su di un'opera, di farle uscire dai miei scartafacci e, poi, di offrirle al giudizio di un pubblico, significa che quell'elaborato ha catturato prepotentemente la mia attenzione, tracciando un solco indimenticabile nella mia mente e nel mio cuore.
In questo caso, in particolare, voglio dedicare, nel mio piccolo e nelle mie possibilità, uno spazio più che meritato a Francesca Del Duca, musicista, anche umanamente, squisita che seguo e conosco personalmente e al suo bellissimo album "It Is Love" (2019).
Per chi non conoscesse l'artista, lascio a corredo qualche coordinata orientativa che possa aiutare i lettori a comprenderne la formazione, il background, e l'attitudine.
Francesca Del Duca, nata a Napoli l'11 Ottobre del 1982, è una cantautrice e pluristrumentista italiana.
La sua attività musicale ha origine nel 2009, anno in cui si diploma in percussioni classiche presso il "Conservatorio Di Musica Di Salerno". Negli stessi anni, l'artista ha sviluppato e sviscerato lo studio di strumenti di musica tradizionale nazionale ed internazionale: dal tamburello e dalla tammorra della nostra penisola italiana al djembé africano, dal darbuka e al riqq arabo, dalle congas latine ai tablas e ai mridangam indiani.
Gli anni seguenti, in particolare dal 2010 al 2013, si configurano fondamentali per la formazione e la maturazione personale della cantautrice. Questo periodo trascorso a New York le ha offerto la possibilità di operare prima in qualità di musicista, poi come direttore musicale, e di cooperare attivamente con artisti dal sapore internazionale, come i jazzisti Kenny Werner ed Eli Yamin, fino a Stefan Hoskuldsson dell'Orchestra Sinfonica Di Chicago.
Dopo una parentesi durata un anno, 2014, a Sydney, Francesca è tornata in Italia e grazie al patrocinio del chitarrista Elio Manzo, della celebre band italiana Bisca, ha conosciuto il maestro del Folk Italiano e della Taranta, Eugenio Bennato, in compagnia del quale, in veste di percussionista e di vocalist, sin dal 2017 è impegnata in importanti tour dalla caratura mondiale.
Il suo primo lavoro solista,"It Is Love", oggetto qui di discussione, consta di 11 brani complessivi in cui la matrice prevalente è quella del Soul e del Pop, sapientemente unita, all'occorrenza, a suadenti tinte Folk, evoluzioni Rock, ed esplosioni Gospel.
L'album, della durata orientativa di 40 minuti, si apre con la dolcissima "May I", la cui struttura ricorda quella di una bellissima preghiera ritmata e scandita dalle corde del cuore, in cui l'artista si augura, in una sorta di auto-promemoria, di poter essere sempre gentile e grata nei confronti di sé stessa, della gente e della vita che la circonda.
Sin dal primo brano, dunque, si respira il leitmotiv dell'intero album declinato, contemporaneamente, secondo un duplice asse: il primo, ovvero quello della dolcezza, che si esplicita nella componente testuale, e dunque scritta, il secondo che si riverbera progressivamente nel cantato, e dunque in una dimensione "orale", caratterizzato da umori appassionati, caldi, vibranti, prodigiosi e trascinanti ma, contemporaneamente, sapientemente carezzevoli e leggiadri.
"Everything Inside" con la sua carica delicata ed ipnotica, offre all'ascoltatore la possibilità di chiudere gli occhi, librarsi nell'aria, abbandonarsi alla voce che si genera dal profondo, dalla sorgente dell'anima, fonte di vita. Il brano ripercorre attentamente le tappe personali della ricerca di sé, la paura di perdere le proprie sicurezze e la propria identità, ma parimenti anche la certezza che, solo nelle viscere dello spirito, possa essere rintracciato il senso della propria esistenza ed il più puro significato dello stare al mondo.
"It Is Love", traccia eponima che da il titolo all'opera, mostra come solo l'amore possa connettere autenticamente gli esseri umani, i fratelli alle sorelle, la madre terra ai suoi figli, e di come vada vissuto attivamente il presente, guardando sia al passato che al futuro con un sorriso bonario, di leopardiana memoria, imparando anche a perdonare sé stessi, i propri sbagli, e la connaturata paura, drammaticamente insita nella dimensione umana, del destino e delle sue infinite possibilità.
"Infinite Treasures" indica dolcemente la modalità in cui aprire il cuore e la mente, di come sia difficile, ma necessario, offrirsi autenticamente al confronto con l'altro e di mostrare talvolta quelle ferite, ancora sanguinanti, impresse nella memoria. Il tesoro, però, custodito dentro di sé, si sublima nello spalancare i sentimenti e nel fidarsi dell'amore che si prova e che si coltiva interiormente. Non basta fungere da "collettori d'acqua piovana" ma è necessario far "defluire" la propria persona e abbandonarsi allo spettacolo dell'esistenza.
"Don't Blame Yourself", con i suoi percussionismi tribali e le sue ouvertures Gospel, racconta i limiti che troppo spesso ci auto-imponiamo nel vivere, anche a causa di una società costrittiva e poco incline al rispetto della libertà altrui e del sentimento come astrazione. Trova la tua qualità, valorizzala, renditi una gemma preziosa, distinguiti!
"Peace Begins Inside", ripercorrendo le orme, lasciate da "Everything Inside", cristallizza il significato di lasciarsi e di lasciar andare, perdonare, liberarsi dai fardelli che giornalmente sviliscono ed annichiliscono sia la mente che il cuore, respirare la libertà, darsi tempo e darsi valore.
"Respect (All is One)" lentamente conduce l'ascoltatore ad una visione ieratica dalla struttura panteistica, in cui tutto il creato è permeato da Dio, da non intendersi obbligatoriamente o necessariamente in matrice religiosa o cristologica, quanto invece naturalistica: il "Deus Sive Natura", per adoperare una delle massime cosmologiche e metafisiche in assoluto più celebri, del filosofo Baruch Spinoza.
"The Thing You Say", probabilmente la traccia più rockeggiante del disco, riecheggia fantasmi di ricordi lontani, di promesse non mantenute, di rapporti interrotti, di compromessi falliti, di cicatrici, con sudore, ricucite. Le intelaiature che costituiscono i rapporti umani sono complesse, cangianti, prismatiche, contengono il seme della contraddizione profondamente umana e dell'illogicità che permea la nostra esistenza.
"Be Free" compone, a livello tematico, un evidente dittico col brano precedente, tratteggiando tenuamente il senso di fragilità, l'abbandono, la solitudine, la dignità che alberga nella sofferenza, il fragore assordante del silenzio della mente ed il desiderio di libertà che il tempo, nella giusta maniera, si accinge a portare.
"I Know Why" insiste ulteriormente sul potere della vita, talvolta sulla necessità, forse anche egoistica, più che di amare di essere amati, sulla funzione salvifica delle lacrime, quella di emendare, prima di voltare pagina ed andare avanti, passando attraverso il tormento interiore.
L'ultimo brano del disco "Try Again", è il monito più importante che l'opera intende lasciare, ovvero quello del provarci nonostante tutto, nonostante i fallimenti: insistere giorno dopo giorno, ora dopo ora, attimo dopo attimo. Le cadute saranno sempre più rumorose dei trionfi, ma questi, sebbene spesso riportati nel silenzio, possono lasciare nella vita una traccia molto più profonda ed imperitura.
In fondo il "Memento" della vita, anche se apparentemente semplicistico, non può essere che contenuto e ritrovato in questo: nella lotta manichea fra il successo ed il fallimento, fra il riso ed il pianto, fra l'assordante cadere ed il silente rialzarsi, fra il dolore e la felicità.
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