"Affacciati affacciati e facci uno dei tuoi discorsi
Sulla pace universale
Affacciati affacciati, dai non ti stancare

Affacciati affacciati coi tuoi gesti larghi
E con i tuoi vestiti bianchi"

(Edoardo Bennato, "Affacciati affacciati" 1975)

Effettivamente, il 3 aprile 1977 Paolo VI si affacciò davvero e durante l'Angelus consigliò ai fedeli la visione dello sceneggiato televisivo (all'epoca si chiamavano così) "Gesù di Nazareth" di Zeffirelli, a cui il Papa, caso unico nella storia, aveva fatto da consulente durante le riprese. Ora, la Rai di quegli anni era una Rai che avercela oggi, e poteva pure permettersi di chiamare un regista blasonato (da me non amatissimo, ma la sua versione di "Romeo e Giulietta", 1968, era notevole), mettere insieme un cast che a leggerlo oggi fa paura (nell'ordine: Anne Bancroft; Michael York; Peter Ustinov; Claudia Cardinale; Valentina Cortese; Christopher Plummer; Laurence Olivier; James Mason; Renato Rascel; Rod Steiger; Anthony Quinn; Ernest Borgnine; Donald Pleasance; Fernando Rey) e vendere un prodotto, comunque la si voglia pensare, mastodontico in tutto il mondo (in Italia le 6 puntate in cui si articola lo sceneggiato vennero viste da una media di 28 miliioni di spettatori a serata; in Inghiliterra furono 21 milioni gli spettatori, mentre in Usa vennero calcolati 90 milioni di spettatori, con uno share del 53%; in Germania fu oggetto di culto e incassò, complessivamente, 30.000.000 di dollari). Eravamo nel 1977, a combattere con le Brigate Rosse e il terrorismo.

L'idea della mercificazione della religione a Zeffirelli nemmeno interessò (venne accusato delle stesse, presunte, porcherie Cecil B. De Mille nel 1956 con quel capolavoro che fu "I dieci comandamenti") e certo, da credente, trovò eccezionale poter rappresentare la vita di Gesù, non discostandosi poi molto dalle Scritture. Va detto che l'aria di misticismo coinvolse tutta la troupe, a questo proposito un episodio curioso ai limiti dell'assurdo. Per il ruolo principale Zeffirelli scelse il semisconosciuto Robert Powell (inizialmente il ruolo sarebbe dovuto andare ad Al Pacino) per il colore, azzurissimo, degli occhi (occhi che il nostro non sbatte praticamente mai durante il film per rendere, su volere di Zeffirelli, più mistico il personaggio). Powell colpì talmente tanto le maestranze che durante una pausa costume, la sarta vedendola vestito come Gesù in persona lo scambiò per il vero Gesù e s'inginocchio ai piedi dell'attore gridandogli: "Signore!".

Pur con alcuni cambiamenti rispetto alla Bibbia e, soprattutto, ai Vangeli, Zeffirelli racconta la vita di Gesù così come la conosciamo tutti, ma non essendo De André, non avendone la profondità intellettuale, non rilegge la vita di Gesù a modo proprio come ne "La buona novella" (1970) fece il cantautore genovese che smitizzò il Gesù santo rendendola Uomo tra gli Uomini, e non possiede nemmeno l'ateismo praticante di Pasolini che ne umanizza la figura ne "Il Vangelo secondo Matteo" (1964). Per fortuna nemmeno la furia invasata che colpirà, anni dopo, il Mel Gibson de "La passione di Cristo" (2004), ma nemmeno, ahimé, i dubbi mistici dello Scorsese de "L'ultima tentazione di Cristo" (1988). Si rifà pero' coraggiosamente ad alcuni Vangeli apocrifi, e per essere un prodotto della democraticissima e cristianissima Rai del 1977 non è poco. Addirittura vengono utilizzati escamotage narrativi che affondano le radici in alcune leggende extra-bibliche (i Magi chi ha mai detto che fossero davvero 3? La Bibbia non ne fa menzione). La figura di Giuda, che nel Vangelo viene descritto come un uomo tormentato dal dolore dell'aver tradito il proprio mentore, Zeffirelli lo descrive come un uomo incapace, seppur in punto di morte, persino di pentirsi. Una rilettura interessante, forse alla luce di un voler non dare umanità a chi, per 30 denari, tradì non un Uomo (perchè per Zeffirelli Gesù non ha niente, o pocchissimo, di umano, ma tutto o quasi di trascendentale) bensì un Santo.

Gli attori sono tutti eccezionali, compreso Powell (che si cibò per 12 giorni di solo formaggio per apparire il più "conciato" possibile nelle scene della Croce e della successiva Crocifissione), a cui Zeffirelli affidò il ruolo della vita, forse quello da cui non si distaccherà più. Il cast, come si diceva sontuoso, fu allettato dal progetto grazie soprattutto alla presenza di Laurence Olivier, cattolico di vecchio stampo, ma soprattutto attore tra i più acclamati di tutti i tempi. Nel ruolo di Nicodemo dà il suo meglio, e si sperticò in elogi che a Zeffirelli, forse, non saranno parsi veri. Vedere per credere, https://www.youtube.com/shorts/BRZXNMpBbyE. Oltre alla bravura di Olivia Hussey nel ruolo di Maria, dopo essere stata la Giulietta del succitato film del regista fiorentino.

Certo, poi non tutto funziona. Come sempre con Zeffirelli. Nulla da eccepire sulla direzione degli attori, ma è fin troppo eccessivo il contorno di costumi e scenografie, davvero troppo abbondanti, così come una oleografia a volte fastidiosa. La poesia in molti casi è più cervellotica che voluta, e l'idea di Fede di Zeffirelli è ciecamente riverente e dogmatica. Uno degli sceneggiatori, Anthony Burgess (quello che scrisse "Arancia meccanica", che ha firmato il film di Zeffirelli con Suso Cecchi D'Amico, Masolino D'Amico e David Butler) ripudiò il proprio lavoro e scrisse un romanzo in cui raccontava la propria verità, "L'uomo di Nazareth" (l'Uomo appunto, semplice capire il contrasto di vedute con il regista). I difetti dunque ci sono, ma credo che siano più i pregi in un film talmente grandioso (nella lunghezza, oltre 4 ore, nell'idea di base del progetto, nel numero di attori coinvolti, di comparse, di sceneggiatori, consulenti, costumisti, scenografi e via così) che risulta molto difficile inquadrare a dovere.

Le proteste non mancarono a film finito e presentato al pubblico. La santità voluta da Zeffirelli (che disse di aver voluto raccontare un Gesù "gentile, fragile, semplice") ad alcuni apparve troppo umanizzata (incredibile) e alcuni fondamentalisti americani, guidati da un tale Bob Jones III della Bob Jones University della Carolina del Sud decisero di denunciare il film dato che lo ritenevano, a loro modo, blasfemo. Francamente è difficile sostenere una tale idiozia, se avessero visto il Gesù di Pasolini cosa avrebbero detto, ma, evidentemente, se l'erano perso. Senza contare alcune lettere di protesta che arrivarono alla General Motors da 18.000 tizi che intimarono la casa automobilistica di ritirare il finanziamento che avrebbe voluto dare al film (si parlò di 3.000.000 di dollari). Piccole storie di miseria umana, che ben rappresentano però ciò che poteva scatenare in quegli anni un'opera cinematografica o, come in questo caso, televisiva.

La stampa, in Italia, ci andò giù pesante. Dalle colonne di Repubblica, giornale appena nato, si disse che il film facesse troppa propaganda ai cattolici (con grande scorno dei socialisti); il Giorno, giornale milanese, affermò che "è inverosimile questo Cristo che beve un drink seduto insieme agli amici, poi si alza e pronuncia il Verbo". Più flebili le critiche della stampa estera, ma forse sono più interessanti alcune dichiarazioni di Zeffirelli stesso:

"I testi sacri sono messaggio di vita, nel Vangelo c'è tutto quello che ci serve per vivere, è quindi soltanto la nostra pigrizia che ci impedisce di essere più ricchi e più felici. Oggi si perde un sacco di tempo a leggere sciocchezze, riviste di ogni genere, invece di dedicare un po' di tempo alla lettura dei Vangeli. Ma anche quando lo si fa, si rischia di considerarli delle astrazioni sublimi"

E sulla scelta di Powell, da strabuzzarsi gli occhi:"

"Se la scelta di Maria è stata angosciosa, quella di Gesù è stata terribile. Ne ero talmente preoccupato che nel contratto con i produttori avevo messo una clausola che mi dispensava se non avessi trovato l'attore giusto. Innanzitutto non poteva essere uno sconosciuto, perché io avevo deciso di raccontare, e quindi doveva essere uno capace di impersonare il protagonista del racconto. Poi doveva essere inglese, perché il programma inizialmente veniva girato in inglese, e non si poteva pensare di doppiarlo. Per di più doveva essere un attore qualificato, perché doveva pronunciare le parole più belle che siano mai state concepite. In conclusione, doveva essere un attore inglese di una certa maturità, ma con una età precisa tra i trenta e i trentacinque anni. E allora non poteva essere uno qualunque. Perché un giovane bravo può ancora essere sconosciuto... Ma se uno arriva a trentatre anni e ancora non si è fatto conoscere, vuol dire che non vale proprio niente. Avevo pensato a Dustin Hoffmann. Certo avrebbe rotto ogni schema, ma sarebbe stato troppo pericoloso per un programma destinato a 700 milioni di persone... e duemila anni di iconografia non sono certo passati invano. E poi ognuno ha il suo Gesù nella testa, quasi sempre derivato da quella iconografia. Robert Powell l'ho trovato setacciando il teatro inglese, dal quale ho sempre preso tutti i miei attori. L'avevo scelto per la parte di Giuda, ma i suoi occhi mi sgomentavano, mi turbavano. Allora gli feci fare un provino per Gesù, anche se tutti cominciavano a sospettare che non avessi le idee chiare. Ma come, lo stesso attore per due personaggi così opposti... Ma io gli feci preparare il trucco da Nazareno classico, e durante il provino il personaggio esplose: un controllo, una voce meravigliosa, una capacità di concentrazione... Durante la lavorazione ha fatto delle cose che non si possono chiedere a un attore, mai. Ha superato tutte le prove con un coraggio e uno stoicismo incredibili. Ma il fatto è che gli succedeva qualcosa dentro. In certe occasioni non basta essere bravi... a lui gli scoppiava una luce, un'ispirazione che ci lasciava sgomenti".

Il tempo ha dato lustro a quest'opera, che, per chi come me ha 40 anni, è stata una tappa obbligata durante le scuole medie o liceali, non per mia volontà, diciamo che ha il record di film più proiettato nelle scuole italiane. E qualcuno obietterà, ma la scuola italiana non sarebbe laica? E qui mi fermo.

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