A pretesto dell'invito di Imasoulman di "scurire le pagine del sito", mi sono finalmente deciso a parlare di questo superbo disco del 1974. Ora, chi siano i Funkadelic credo ormai sia cosa arcinota; ma rimanderei comunque gli sbadati a questa pagina per sapere qualcosa di più sul doppione Parliament/Funkadelic di George Clinton.

Orbene, i Funkadelic avevano raggiunto il primo riscontro "serio" (e anche discretamente commerciale), finalmente bilanciato nel 1971, col famoso "Maggot Brain". Nei tre anni successivi esploreranno le drammatiche potenzialità delle droghe allucinogene: la loro creatività ne risentirà in maniera che definire positiva sarebbe un eufemismo. Ci si sbilancia finalmente verso un funk più pestato e cattivo possibile, unito com'è ovvio alla matrice psichedelica che da sempre li accompagna. In pochi anni i Funkadelic seppero trasformarsi da svagati fattoni, degni compagni di un altra "famiglia" del genere quanto a sballi creativi, in gruppo di punta verso la metà dei '70; guidati dal loro carismatico leader, raggiunsero con questo disco uno dei loro apici creativi.

Vengono messe da parte le ambizioni psichedeliche più disparate, per immergersi nella sporcizia di un funk più nero possibile, guidati da un Eddie Hazel ispiratissimo e padrone assoluto di tutto il disco. Se si cerca un degno erede di Hendrix senza sfiorare la bestemmia, credo che necessariamente tra i tanti bisogna pur passare di qui: la sua sei corde disegna passaggi strabilianti, frutto di un gusto che mette radici nel blues per fiorire nella psichedelia e nel soul più puro. Al funk ci pensa Clinton, padre ispiratore di una vera e propria "cultura del genere" - quel P-Funk che affiorerà un anno dopo in "Mothership Connection". E i brani? Red Hot Momma è la gemma, un funk singhiozzato, un dialogo instancabile e contagioso tra chitarra e tastiera; Alice in my Fantasies è Rage Against The Machine con vent'anni di anticipo (chiedete a Morello), nel riff tipicamente hendrixiano che sorregge il brano. Ovviamente non possono mancare gli episodi più psichedelici, il viaggio in sette minuti di I'll Stay (con la batteria effettata di Gary Bronson) o nei due splendidi della stramba Jimmy's Got a Little Bit of Bitch in Him rivelano l'anima più pazza e anticommerciale del gruppo - e che alla lunga li porterà allo sfacelo. Del funk come trait-d'union ho già detto: Hazel marchia a fuoco la sensuale Sexy Ways e soprattutto la title track, sorta di acido hard rock corale scandito da vertiginose bordate ritmiche. E la chiusura, come da copione, è affidata ai dodici strabilianti minuti di Good Thoughts, Bad Thoughts: uno dei vertici della psichedelia anni '70, Hazel (ancora lui...) ci prende per mano e ci porta a spasso per quello spazio stellare ritratto in copertina che certamente il gruppo all'epoca aveva in testa.

Il mix è semplice: Hendrix + P-Funk, Psichedelia + Hard Rock: c'è altro da dire?

"Il Funk è tutto quello di cui hai bisogno in ogni momento. E' qualcosa che ti salva la vita, o è un'attitudine, o è quell'attitudine che aiuta a salvarti la vita quando senti che non ne vale più la pena. Vai in un posto dove vuoi saltar giù dalla finestra e basta. Il Funk è quella voce comica che arriva da te e ti dice: "Perchè fratello, non mancherai a nessuno". E' un attitudine. E' qualsiasi cosa di cui c'è bisogno in qualsiasi momento. Questo è il modo in cui la vedo io. Il Funk è davvero tutta la musica."  - George Clinton.

Si ringrazia il sito West Coasta Nostra per la citazione.

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