Il dio inane del crepuscolo, annoiato, immobile, si crogiola al sole color perla, deliziosamente freddo, del sistema solare che noi chiamiamo Kepler 11 e che loro appellano "Vrelkdskts", inimmaginabilmente lontano da noi, nella costellazione che noi abbiamo nominato "Cigno" e che loro, gli abitanti di quei mondi, per uno di quei casi che possono capitare, chiamano allo stesso modo, solo che da noi il cigno è uno splendido uccello acquatico mentre, da loro, "Cigno" sta per "Casa-Nostra-Ma- Solo-Per-Il-Momento-Poi- Vedremo-Se-Emigrare-In-Massa-O-Solo-In-Un-Paio-Di-Milioni-Di-Individui-Scelti-Con-Criteri-Sommariamente-Di-Censo".
Il dio sbadiglia da uno solo degli orifizi che, a stento, noi definiremmo "bocca" mentre con l'altro, a lato del primo, emette suoni di soddisfazione, dissetandosi dei versi danteschi, proprio così, danteschi, che ascolta dalla voce sicura del suo favorito, il giovanissimo ed eruditissimo efebo slavato al quale, quasi distrattamente, sta carezzando la coscia, una delle tre, glabra e bianchissima, anch'essa, gioendo della transumptio trofica nell'enunciato e golosamente cibandosi della pars proemialis, nell'attesa di sviluppi poetici quanto fonetici che ancor più gli provochino quel prurito ai gangli spinali preannunciante la predisposizione al coito post prandiale col suo giovane cinedo.
Mangiando lentamente, quasi scientificamente, il frutto della strandovinia, strato melmoso sublevizio ove crescono, glabri e dolcissimi, i bonxifreuui, il dio soggiunge: "Per compiacermi, mio caro, potresti proprio condire il tuo enunciato con adeguato sottofondo, com'è che lo chiami?... musicale, ecco, quella cosa che viene dal terzo pianeta di Sol, quella roccia calda abitata da quegli stupidi rissosi... Come fa una razza tanto arretrata a produrre versi come questi e... musica, sì, insomma, quell'insieme strano, straniante, di vibrazioni dell'aria che producono... suoni... vero? Così di dice, no?"
Il giovane efebo, seduto su una composizione di alghe pietrificate, si stupisce sempre che un dio, ecco, un dio che tutto dovrebbe sapere ed a cui nulla dovrebbe sfuggire, sia così ignorante da non conoscere nulla di una razza di esseri viventi e senzienti che, sì, esistono ad una distanza da loro davvero enorme ma che, insomma, sono studiati, seppur poco, in alcune delle massime università non solo di Kepler ma fino ad Aldebaran e persino da quegli arroganti esseri unicellulari di Rigel IV, che credono di sapere tutto ed invece ignorano, che so, qualunque cosa delle rocce scistose che su Imbert XI usano come cibo i giganteschi abitanti, i Kranthtfrotvitpybxcvdherftkzoi, tanto golosi quanto lamentosi quando si tratta, poi, di espellere dal proprio corpo i resti pietrosi di quanto assimilato prima.
"Sì, Onnipotente, si chiama Musica ed, in effetti, volendo ridurre tutto ai minimi termini, in effetti si tratta di suoni, quindi di vibrazioni dell'aria che circonda i Vrukkd, gli Umani, come essi si definiscono, che, per quanto primitivi, rissosi ed illogici si beano d'essa, della Musica, che noi siamo in grado di riprodurre con le nostre facoltà in quanto, da noi, la loro "aria" non esiste, e direi per fortuna...
Ne abbiamo captato le onde per caso, mentre studiavamo le forme di vita clascovie del sistema solare di Balstichov, quegl'inutili architetti di edifici costruiti con le loro stesse feci... Mi pare che questa Musica, ecco, sia di vostro gradimento, ecco, come mi pare che voi gradiate anche i versi poetici di uno di quegli Umani che al di sopra degli altri si eleva come pochi appartenenti alla loro stirpe..."
"Ecco, sì..." Lo interruppe il dio. "... Come si chiama, insomma, ha un nome impronunciabile... Zdanz..."
"Dante, Onnisciente, Dantealighieri..." Risponde il giovane, alzando al cielo due paia d'occhi delle tre di cui dispone, organi che solo in parte servono alla sua razza per vedere e che usano anche per disporre in tavola le ciotole per il desinare.
"E questa... musica... ecco, chi la fabbrica, chi la emette, insomma? E com'è che si chiama?"
Con entusiasmo il giovane concubino esclama: "Djordjomorodderr, si chiama, un Vrukkd che usa, ecco, insomma, non so come dirvelo... usa i sintetizzatori, Onnisciente, li usa per emettere i suoni tanto armoniosi e coinvolgenti che a Voi tanto piacciono..."
Il dio, come svegliatosi dal torpore che il freddo sole gli provocava, gli toglie la mano dalla coscia e balza seduto. "Come? Questa sensazione meravigliosa viene da... dai... dai sintetizzatori? Ma come fanno a farla con strumenti atti alla cottura dei cibi che ci sfamano? Suonano strumenti da cucina? Che razza di gente sono questi... Umani, dici tu, che razza di gente primitiva ed incoerente sono se arrivano ad usare mezzi da cucina per... per..."
il dio si fa giallastro, segno che, più che arrabbiato o sdegnato, è perplesso alla massima misura.
"Eppure..." Aggiunge, risistemando la sua mano inanellata di zaffiri di Altair II e di giada di Kraskey VI sulla coscia dell'efebo, stavolta carezzandola piano, segno che, presto, avrebbe ingiunto al giovane amante di disporsi al coito. "Eppure l'effetto è indicibilmente bello, non so neanche perché, ma à... bello, ecco.
E dire che, essendo ciò che sono, dovrei tutto sapere e tutto conoscere... ma... insomma, ecco... Riemetti di nuovo i suoni suddetti che intanto m'accingo a possederti, mio giovane amico... essi mi provocano sommovimenti interni che, a buon titolo, mi predispongono al coito..."
Il giovane efebo si dispone su un fianco, lasciando che il divino lo prenda, già sapendo che il tutto durerà non più d'una manciata di secondi, fortunatamente, pochi secondi di noia assoluta che il ragazzo passa pensando al dio cremisi dell'Entropia Svagante che, segretamente, occupa il suo cuore ed anche i suoi orifizi tutti, e che è di una bellezza e di una potenza sessuale enormemente maggiore rispetto a quel Divino che, in scala gerarchica, gli sta sì al di sopra ma, in scala, ehm, penetrante, non è neanche classificabile vicino al suo segreto amante.
Mentre lascia che il padrone faccia il suo comodo, emette quei suoni che il dio tanto ama: "Fromirrciueternitiiiii, dezzuersciteicsmiiiii, fromirrciueternitiii uidlovuidlovuidlovvvv..."
Il dio finisce la sua miserabile prestazione e poi, sospirando, gli chiede: "Ma che signiifcato hanno le cose che... che... insomma, che canti, si dice, no?"
"Mio padrone", risponde l'efebo, sistemandosi la gonnellina di cadmio lucente che il dio aveva spostato per possederlo e che gli aveva irrimediabilmente sporcato di grkyyuhssyt, che schifo.
"Le parole narrano di un umano che ama un'umana e dice ch'essa lo conduce all'eternità..."
Il dio ride rumorosamente e lo fa dall'orifizio sottoascellare, segno che davvero si diverte... "Ma come..." Dice. "Come fa un esponente di una razza non solo inferiore ma pure limitatissima in quanto a speranza di vita, che vive si e no quindicimila dei nostri anni, ad annunciare ad una femmina della sua ignobile razza che essa lo porta all'eternità?
Fromiiiirrciuueetternittiiiiii... ma, insomma, per la ghiandola pineale del sommo Askarzksks, insomma, davvero, rispetto ai concetti di quel... Danz... Dante, ecco, c'è un abisso... Che schifo di razza, però, uno che cerca l'eternità nella sua femmina ed un altro che racconta di discese agl'inferi e salite in cielo... Ma il risultato di cotanto delirio è... insomma, è bello, davvero bello..."
Il dio si mette in piedi, ergendosi in tutti i suoi trentadue centimetri di altezza, e con una mano si netta la misera appendice escretoria-sessuale mentre con le altre due si sistema gli anelli ed il giustacuore di arenaria bimillenaria. Quindi sale sull'ippocampo vitreo dalle appendici calciose che l'attende lì vicino brucando con ignavia una sottile decidua di ardesia bollente, quindi lo cavalca con soverchia fatica e si allontana, nel buio del giorno ormai fatto, sorridendo al pensiero che qualcuno, chissà dove nell'Universo, usa, ma si può?, un sintetizzatore non per cucinare manicaretti golosi a base di marmizie ma per emettere onde sonore variamente modulate... Ma si può?
Il cinedo, che sa, ora, di avere tutta la giornata per sé, progetta di contattare, con discrezione, il dio cremisi che gli occupa tutto il cuore e, spesso, parte degl'intestini, e di recarsi al villaggio poco distante per acquistare alcune pietre preziose da disporre sul suo petto mentre si accinge ad accogliere la potenza del dio, suo segreto amante, tanto bello quanto muscoloso, coi suoi quarantacinque centimetri di altezza e la sua chioma di fillosilicato, molto bella e mossa.
Si trucca uno dei due visi, quello del giorno, con estratti preziosissimi di calcare in polvere, che sa in grado di provocare nel suo amante segreto, il suo amato, una libido sfrenata, un poco dolce ed un poco violenta, che gli procurerà attimi di... di... di eternità, sì, proprio come cantava quel Vrukkd, quell'umano, quel Djordjomorroderr, che nome...
"Fromirrciuetternitiiiii, dezzuersciteicsmiiiii...", canta a mezza voce, allontanadosi sul sentiero tutto costellato di rampicanti melmosi, bellissimi, marroni e grigi.
"Frommiirrciuetternittiiiiiiiii..."

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