Ancora pioggia in arrivo questo pomeriggio; già si stanno addensando grigie nuvole in cielo. Farà anche freddo nel prossimo fine settimana, così dicono le previsioni metereologiche.

Pioggia, grigio, freddo: mi vengono in mente Justin Broadrick ed i Godflesh che mi terranno una gelida compagnia per la prossima mezz'ora. Il tempo necessario per ascoltare questo Ep uscito nel 1994 in concomitanza con l'album "Selfless".

Il titolo stesso mi dice già tutto: un lavoro spietato, crudele, asfissiante nel suo sviluppo. Con quel fiore in copertina reciso che a breve verrà schiacciato dall'ombra sovrastante. Solo quattro lunghi brani che ti polverizzano.

Industrial-Metal di una compattezza apocalittica, con gli strumenti impegnati a produrre suoni ciclopici, circolari, ripetuti all'infinito; ma c'è un'importante novità. Viene aggiunta, in modo comunque per il momento ridotta, quella componente Techno-Dub che diventerà in seguito un marchio distintivo dei Godflesh per i due conclusivi dischi degli anni novanta.

Mi basta citare il brano "Merciless", posto in sadica maniera ad aprire il lavoro, per illustrare al meglio tutto l'Ep. Il suono violento e distaccato della chitarra di Justin; seguito da dal gigantesco basso di G.C. che imperversa con le stesse note per tutto l'eterno brano. La solita drum machine capace di disegnare artificiosi passaggi pesantissimi ed ossessionanti. Un brano che sconvolge, annienta, distrugge ogni resistenza; reggendo benissimo il confronto con i primi lavori degli inglesi, quelli più industriali ed alienanti.

Le rimanenti tre canzoni non fanno altro che ingigantire quel senso di claustrofobia, quell'opprimente fame di aria: per fortuna restano soltanto da ascoltare una ventina di minuti...BLIND...

Ad Maiora.

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