Chiaro, è all’incirca dal millenovecentosessantasette —cioè dalla pubblicazione in pompamagna del ghiribizzevole Banda dell'associazione dei cuori solitari del Sergente Pepe— che la trita&ritrita locuzione concept album c’ha benbene slavato il berengario [scilicet scassato i cabbasisi].
Qui poi, anche la stessa posticcia band è una concept band, roba da denuncia agli alti prelati (o agli altri pelati?) del [Fred] buongusto, la cui esistenza, da taluni stolidi dubitata, è dimostrata ipso facto dall’acconcia conformazione del cielo, delle zanzare che suggono sangui, delle mosche che rompono scatole, dello sbocciare modesto di fiorellini odorosi giustogiusto una mezz’ora prima della grandinata che li stramazza a terra e trasforma in una poltiglia grigiastra.
Insomma, il mondo è forse un molesto calderone, ma noi, da fagioli borlotti e cavoli verza quali indubitevolmente siamo, ce ne faremo forse una ragione, sguazzando nella broda.
Tutto questo per dire: personalmente, oggi e soltanto oggi, mi sento di assegnare a questo dischetto cinque stellette su cinque.
Sono rimbecillito definitivamente & completamente? Forse. Sicuramente.
Ma il pop, quando funziona funziona e fa quello che deve fare. Ora, sorge spontanea una domanda: e cosa deve fare la musica [cosiddetta] pop? Deve accompagnare la vita, placidamente darle un colore.
E questo disco ci riesce, eccome, perché è come una collanina multicolore, di quelle fatte di tante perline o caramelline col buco, che tutte insieme tintinnano e ognuna per sé tinge la lingua e la giornata di dolcezze al colorante artificiale.
[qui ci vorrebbe uno sfavillante e filologicamente impeccabile trackbytrack]
Eppoi (dico una banalità) ognun sà che dietro alla semplicità c’è sempre la complessità, e dietro a queste canzoni limatissime e orecchiabili, a questi piccoli gioiellini fatti di file di perline plasticose, a questi ninnoli perfetti, c’è un rimbocchismodimaniche mica da poco.
Ma noi tutto questo facciamo finta d’ignorarlo, e ciucciamoci beatamente ‘ste caramelline colorate, vah.
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