Quel tirannosauro robot armato fino ai denti ha lasciato il segno nel cuore di molti ex bambini. È un sogno che diventa realtà, una fantasia estrema di tanti che diventa un videogioco. E tu lo puoi fare a pezzi un po' alla volta, staccargli i cannoni e usarli contro di lui, scivolargli tra le gambe e sparargli nei coglioni.

Horizon Zero Dawn è qualcosa che segna l'immaginario, è un approdo per il mondo videoludico e non solo, per il mondo delle fantasticherie dei bambini che diventano film, libri oppure videogiochi, soprattutto videogiochi. Io l'ho provato un annetto dopo la sua uscita e l'ho fatto dopo aver giocato (e finito) God of War del 2018. Insomma, non le condizioni ideali per gustare un grande videogioco, subito dopo essersi tuffati in uno forse ancora più bello e profondo.

M'è piaciuto? Be' sono arrivato a settanta o forse ottanta ore (e di tempo ne ho pochissimo, quindi me lo sto trascinando da luglio) e ho messo da parte Final Fantasy XV, non ho manco iniziato Dark Souls III; ho comprato Red Dead Redemption II settimana scorsa ma non l'ho ancora iniziato, sono in fissa con questo.

Eppure, se devo dirla tutta, il rapporto che ho instaurato con questo gigante è di amore e odio. Un odio dovuto al fatto che per godere di questo ben di dio bisogna dare tanto, passare ore a livellare, raccogliere materiali per costruire frecce e bombe, pezzi di metallo per comprare armi più forti. Il bilanciamento tra armamentario a disposizione e bestie meccaniche da affrontare è particolarmente ostico. Nel senso che tu inizi con un archetto e frecce che fanno il solletico, e presto devi fare fuori bestioni che sputano fuoco o tigri dai denti a sciabola di acciaio scintillante. È quasi impossibile farle fuori a distanza ravvicinata, a mazzate, quindi servono tante, tantissime frecce. E bisogna acquisire molte abilità e armi nuove per iniziare a farsi rispettare davvero, rigorosamente da lontano.

Il sistema di combattimento è sicuramente la cosa è più bella del gioco, è tre quarti del gioco a mio modo di vedere. E Guerrilla ha puntato tutto su quello, semplificando molti altri aspetti della sua opera. Ma non tutto mi convince nemmeno in quello. Cioè, andare avanti in Hzd significa combattere tanto, tantissimo, perché è l'unico modo per crescere davvero, ma al contempo questo richiede di consumare molti materiali. Risultato che il giocatore (o forse io, enormemente inesperto) si trova a dover giocare tantissimo, fin troppo. È un gioco che crea dipendenza, perché è sostanzialmente impossibile giocarlo “dritto”, facendo il minimo indispensabile. Bisogna girare il mondo, enorme, alla ricerca di macchine e missioni secondarie per accumulare e poi spendere tutto per rifornirsi di metalli, corde, e armi sempre più forti.

Insomma, un sistema dispendioso che ti intrappola nelle meccaniche di gioco, ma forse diluisce un po' troppo la narrazione. Diventa un'ossessione perché le risorse sono sempre poche e i nemici tanti. Se li eviti, risparmi ma non cresci e ti trovi a essere scarso contro i boss. Insomma, sono le classiche meccaniche da gioco di ruolo, ma qui i nemici vanno uccisi anche per recuperare il materiale da vendere o usare per costruire munizioni. Quindi è un circolo vizioso che ti devasta il tempo libero.

È impossibile, almeno nelle prime decine d'ore di gioco, affrontare secodonti, spazzini, e compagnia bella in modo frontale, anche perché il sistema di combattimento corpo a corpo è particolarmente legnoso. Allora bisogna nascondersi, posizionarsi in alto per colpire senza essere massacrati. A volte questo risulta stucchevole perché c'è sempre o quasi un punto protetto dove le macchine non arrivano. Quindi basta acquistare l'arco di precisione e colpire da lontano, da infami. Lo scontro ravvicinato è più divertente ma bisogna essere decisamente scaltri e armati fino ai denti. Dopo infinite bestemmie ho scoperto che si possono ancorare a terra le bestie con delle frecce speciali. E poi sodomizzarle con tutta calma. Finché non si liberano.

In realtà il sistema è ancora più complesso: ogni mostro ha diversi elementi di debolezza (serbatoi, nuclei, corazze) che si possono distruggere o rimuovere con diversi tipi di frecce e proiettili. Così, mirando nei punti giusti si possono far fuori le macchine con minore dispendio di materiali. Ma ste bestie si dimenano come matti e anche con l'abilità che rallenta il tempo è difficile beccare certe componenti minuscole e nascoste nel culo del tirannosauro.

Per questo io ho seguito delle strategie ben più grossolane, nascondendomi e coprendo le bestie di frecce, bombe, trappole. Ma così facendo ho sempre speso moltissimo per costruire munizioni, avendo così poche risorse per nuovi archi fiammanti.

Avete capito, Hzd è un'ossessione magnifica, proprio per la sua ostentata difficoltà.

La grafica è pazzesca ma ci sono delle magagne nascoste. Il mondo è privo di fisica, tutto è immobile e immutabile. Il combattimento assorbe tutto, anche le potenzialità del gioco, e così il resto delle meccaniche si risolve in enigmi minimi, semplicissimi, in cui le interazioni con il mondo sono sempre minimali, rudimentali. Ci sono edifici o montagne da scalare, ma i percorsi sono obbligati, automatici sostanzialmente, ci sono sfide di caccia che sempre combattimenti sono, missioni secondarie che tutto sommato richiamano lo stile di gioco del resto. O ancora, le aree dannate da ripulire. Anche esplorare è abbastanza stucchevole, cioè, bisogna farlo perché serve ad accumulare risorse e punti esperienza, ma non c'è molto da scoprire o tesori da trovare. I tesori sono i cuori dei divoratuono, degli avistempesta e così via.

Insomma, bestie meccaniche e lotte così ambiziose rendono il resto del mondo decisamente vuoto e non interessante. Contando poi che la grafica è sbalorditiva, si capisce quanto poco potenziale fosse rimasto per creare ambienti complessi, dungeon davvero stimolanti, meccaniche articolare e varie.

E non solo, Hzd è povero anche nel modo in cui racconta la storia, che in potenziale era anche notevole. Ma viene raccontata con sequenze dialogiche statiche, registicamente nulle, basate solo sulla tecnica del campo-controcampo, con cut scenes minime, o peggio attraverso ologrammi che raccontano il passato di questo mondo post apocalittico. Sarò io, che l'ho giocato in un ampio lasso di tempo e non badando troppo alla storia, ma davvero non mi ha preso per niente la vicenda. Ci sono delle belle idee, certamente non nuove ma affascinanti, eppure questa modalità narrativa le svilisce, e dopo un po' smetti di avere particolare interesse, alla duecentesima sequenza dialogata piena di spiegoni e paccottiglia narrativa varia, uno inizia a cliccare la x velocemente. Per non parlare dei vari frammenti scritti (mai letti) o audio (ascoltati dstrattamente). E i collezionabili? Non ho avuto il tempo di pensare anche a quelli.

God of War è decisamente meglio: un'esperienza più misurata, un gioco con una regia e una narrazione cinematografica pazzesca. Ma dopo un po' l'ho messo da parte, non avevo voglia di livellare. Invece Horizon continuo a giocarlo, anche se ho lì Red Dead Redemption II pronto per essere goduto. Saranno quelle bestie di metallo pazzesche, sarà il godimento di farle fuori a colpi di arco e frecce, sarà che è così dura livellare (all'inizio) che quando diventi forte non ce la fai a staccarti.

Ha degli aspetti vertiginosi che si accostano a strutture di gioco quasi scheletriche, perché non c'era più potenza di calcolo per metterci dentro altra roba. Che senso ha creare un mondo enorme e bellissimo da esplorare se poi ogni missione ha il suo bel segnalino sulla mappa e ti viene indicato precisamente cosa devi fare a ogni piè sospinto? Era più avventuroso esplorare mondi piccoli, non open, ma senza segnalini e freccette che ti guidano come se fossi mezzo scemo. È una contraddizione in termini, o meglio, fa capire che il concetto di open world è solo una sciccheria che fa molto figo, ma non comporta una vera rivoluzione nelle modalità di gioco. Anche perché le bestie si possono sicuramente evitare, si può giocare stealth, ma essendo un gioco di ruolo impostato tutto sulla lotta, alla fine è controproducente non combattere.

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