Nonostante il progresso tecnologico in questi ultimi anni abbia fatto passi da gigante sotto l'aspetto telematico e mediatico, tenendoci per quanto (im)possibile sempre sulla notizia, mi piace pensare e immaginare, sempre più raramente per la verità, che esista ancora il paese dei sogni. Come i bambini è bello volare di fantasia e immergersi in realtà visionarie e incontaminate illudendosi di esplorare territori ancora vergini. E' un viaggio che spesso mi capita di fare quando ascolto un disco che mi piace e farlo estraniandomi dal mondo, credendo per un attimo che quel trasporto emotivo sia mio e soltanto mio, è un'esperienza appagante e inebriante che solo nel verde dell' età è possibile provare.
Allo stesso modo mi piace frugare nel sottobosco musicale alla scoperta di qualche tesoro nascosto, impresa improba ma che ogni tanto, non senza stoicismo, risulta fruttuosa.
I californiani Halou fanno parte della miriade di musicanti che brulicano nelle retrovie senza tuttavia riuscire a ingranare quella marcia necessaria per uscire allo scoperto.
Già, ma qual è questa marcia? Insondabili misteri del marketing e della mente umana non ci vengono in soccorso e non voglio certo farmi venire il mal di testa per questo.
Allora mi isolo e stringo forte questo scrigno segreto nella pia illusione di poterlo un giorno condividere, anche se tutto sommato non mi importa poi granché che escano allo scoperto finché continueranno a regalarmi simili emozioni.
La musica che ci propongono non brilla certo per originalità, dacché trattasi di trip-hop forse un po' desueto e sfruttato in ogni salsa. Però è ben fatto, ben confezionato e ben femminilmente cantato. Eh si, perché manco a dirlo, parlando di trip-hop, il canto non può che essere del gentil sesso.
I loro territori di caccia sono quelli degli Hooverphonic, dei Mandalay, dei Moorcheba, dei Goldfrapp con la differenza che questi si sono tutti persi per strada, mentre gli Halou appena al secondo disco, viaggiano ancora in prima classe, aggiornando al ventunesimo secolo il taglio sintetico del Bristol sound. Le poche volte che accelerano il ritmo si avvicinano ai Garbage, come nel caso di Wholeness e ancor di più in Stone Fruit, una canzone che i Garbage non riescono più a scrivere da anni.
Musica crepuscolare, consigliatissima agli amanti del genere, agli animi un po' tristi e malinconici e... ovviamente ai sognatori.
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