Sicuramente sono stato condizionato dalla società in cui sono cresciuto e da tutte quelle cazzate e quelle stupide culture deviate che mi sono state inculcate sin da quando ero bambino. Deve essere per questo che delle volte mi sento in qualche modo 'strano' quando ho a che fare con delle ragazze.

Ovviamente questo potrebbe subito fare pensare a dubbi per quello che riguarda la mia sessualità, ma non sto parlando di questo, così come questa volta non mi riferisco (non principalmente) a quelle che possono essere le mie difficoltà nel rapporto con l'altro sesso o a stabilire una relazione. Mi riferisco più che altro invece a qualche cosa che voglio definire convenzioni insane e abitazioni, eredità di una cultura maschilista che d'altro conto è ancora in qualche maniera dominante nella nostra società e lontana dall'essere superata.

Lasciatemi aggiungere inoltre che non mi considero quello che potrebbe essere un maschilista. Non lo sono. O almeno non credo di esserlo. In via generale. Probabilmente questo vale anche perché in generale cerco sempre di non offendere o arrecare danno a nessuno e be', di conseguenza, questo vale come e più per le donne. Dall'altra parte sono ancora relativamente giovane, ma per esempio posso dire di avere già alle spalle lunghi anni di esperienza in ambito lavorativo e professionale e dove interagisco necessariamente con figure professionali di diverso tipo e appartenenti all'altro sesso. Posso asserire con tutta serenità che in moltissimi casi, le donne svolgono la stessa professione dei loro colleghi uomini molto meglio e con maggiore attenzione e competenza. Inoltre come non ammettere che in generale sono sempre affascinato da ragazze che abbiano una forte identità e che mostrino una attitudine a essere indipendenti e che allo stesso tempo trasmettano a chi gli sta vicino un certo senso di libertà. Un fascino che potrebbe anche derivare dal semplice fatto che io primariamente non mi sento affatto una persona libera e invece costretta in tutta una serie di schemi ossessivo-compulsivi. Ma questa è un'altra storia e adesso non voglio parlarne.

Il fatto è che, nonostante tutto questo, in alcune occasioni mi sento a disagio quando una donna fa qualche cosa meglio di me. Mi spiego meglio. Questo inevitabilmente succede principalmente in contesti dove bisogna misurare la propria forza. Quindi per esempio quando svolgo attività sportiva. In via generale mi considero, sono un buon atleta, ma cazzo, credetemi, è veramente irritante, ad esempio, mentre state correndo, vedervi superare da una ragazza giovane e carina e grossa la metà di quello che posso essere io, e dopo un minuto vederla letteralmente scomparire dalla vostra vista. Ma questo può valere anche per la musica o quando sono a un concerto. Sono un discreto musicista, mi va bene come suono, non ho nessuna intenzione di fare nessuna gara di abilità, ma cazzo, ascoltando questo disco, mi sono domandato, come mi relazionerei con una donna come Hedvig Mollestad Thomassen?

Nata a Alesund, Norvegia, nel febbraio del 1982, Hedvig è quella che potremmo benissimo definire come una forza della natura. Considerata di base una musicista jazz (è una chitarrista, canta e compone le proprie canzoni) e diplomata anche presso la Norwegian Academy of Music di Oslo, tra i suoi tanti (innumerevoli) progetti, nel 2011 ha avviato questo qui chiamato 'Hedvig Mollestad Trio' (o HM3) con la bassista Ellen Brekken e il batterista Ivar Loe Bjornstad.

In brevissimo tempo il trio ha pubblicato cinque anni ed è stato coinvolto in un sacco di partecipazioni e ha preso parte a un sacco di festival e evento in giro per il mondo. Chiaramente, se vi aspettate che questo trio suoni della tradizionale, rilassante e classica music jazz, siete completamente fuori strada.

Inspirati dalla heavy rock music degli anni settanta, il trio ha creato un proprio stile musicale particolare mescolando ingredienti di diversi genere, partendo chiaramente dal free-jazz, fino alla progressive music e la heavy psychedelia. Il risultato è qualche cosa di veramente sperimentale (e rumoso) che può benissimo essere accostato agli episodi più noise e fracassoni degli Swans, e allo stesso tempo a un distorto e violento, furioso e mostruoso Frank Zappa e a quella che è la stoner music più psichedelica. Naturalmente, parlando di Norvegia, non possiamo escludere quelle che osno le influenze dei Motorpsycho.

Solo quest'anno il trio ha pubblicato due album. Entrambi nella stessa data (il tre giugno) e entrambi via Rune Grammofon. Il primo, 'Evil In Oslo', non è altro che un classico live album registrato in due club della capitale norvegese, il 'John Dee' e 'Buckley's'. Il secondo è questo 'Black Stabat Mater', quarto album in studio e dove Hedvig e i suoi compagni sin dal primo momento suonano qualche cosa che sinceramente appare essere di tutto ma non esattamente jazz music. Sin dalla prima traccia, infatti, i quattordici minuti di 'Approaching/On Arrival', sono evidenti le abilità dei musicisti. Il basso è dominante e riempie gli spazi lasciati vuoti dalla chitarra elettrica che alterna riff accattivanti a parti soliste che anche se eseguite con una perfezione 'tolemaica', risultano conseguentemente forse troppo scolastici. Impossibile inoltre non considerare le capacità del batterista, che lui sì, chiaramente si avverte che parti da quelle che possono essere basi di insegnamento della jazz music per poi allargarsi in diramazioni più cosmiche e necessariamente violente per essere adattate a una musica così aggressiva.

Va detto che il trio è anche stato accostato da qualcuno al genere metal, ma a mio parere siamo lontani da quel tipo di sonorità. Questo risulta via via sempre più evidente andando avanti nell'ascolto del disco (che del resto consiste di solo quattro tracce). 'In the Court of The Trolls' è un pezzo di psichedelia stoner costruito dapprincipio sull'incrocio di riff violenti suonati dalla chitarra e dal basso e suonati alla velocità della luce e che poi dopo una fase di intermezzo, si riapre per quella che si può definire una esplosione finale.

'-40', invece, è una traccia molto molto sperimentale e che sinceramente costituisce uno di quei colpi che a questo punto non ti aspetteresti affatto. Musicalmente mi ha fatto addirittura pensare a alcuni passaggi delle composizioni di Matt Elliott, perché le sonorità sono così evocative e letteralmente capaci di immergerti in atmosfere così profonde e farti sprofondare nei tuoi pensieri più profondi. Lentamente scivoli in una specie di vasca da bagno immaginaria e ti immergi sott'acqua, fino a far entrare la testa e vedere per quanto tempo riesci a trattenere il respiro. Ripeti l'esperimento più volte. Di nuovo e poi ancora di nuovo. Come se questo tentativo, questa esperienza, costituisse un vero e proprio esperimento su te stesso con la pretesa di apprendere tutte le tue capacità e allo stesso modo di capire quanto siano lontani i tuoi limiti reali.

Una traccia molto sperimentale, come detto, e che mi piace molto e che sicuramente mostra altre qualità ancora di questo trio, sebbene suoni in qualche modo strana all'interno del contesto del disco, che si chiude con un'altra traccia che definirei 'rumorosa', cioè 'Somebody Else Should Be On That Bus', dove in quattro minuti il trio concentra tutta la propria forza espressiva. Questa volta c'è forse meno stile e più improvvisazione con l'intento di creare un suono che sia privo di spazi vuoti, una batteria rumorosa come il rumore prepotente e assordante dei cingoli di un carrarmato a contatto con l'asfalto.

Il risultato finale, alla fine dell'ascolto del disco, per quanto mi riguarda, è che mi sento completamente esausto. Credo di aver scritto, a proposito, un sacco di cazzate nella prima parte della recensione, ma d'altra parte, anche considerando questa sensazione di sfinitezza, penso che qualche altra parola nel merito vada detta. Un sacco di donne, un sacco di artisti, più o meno commerciali, adoperano la tanto abusata expressione 'girl power' e dove questa in moltri casi comprende una specie di pacchetto completo, offerto da queste donne, fatto ovviamente dalla loro musica, generalmente aggressiva nei toni e quasi provocante per quello che riguarda l'attitudine e i testi, e ovviamente mostrando uno stile e un look molto determinato e accattivante. Quasi ti vogliano mandare a fare in culo. Che ci può anche stare, eh, ci mancherebbe. Come se fosse la prima volta che una donna mi mandasse a fare in culo. Però, vedete, tutto questo non ha niente a che fare con Hedvig. Questa ragazza sa suonare veramente (poi quello che fa, vi può piacere oppure no) e francamente sembrerebbe proprio fregarsene di mostrarsi forte e indipendente e tutto questo probabilmente perché lo è. Lo è chiaramente. E sapete una cosa? Nonostante il fatto io non sia affatto così forte e fottutamente cazzuto quanto lei, sono così attratto dalla sua forza e non penso minimamente al fatto se lei sia una donna oppure un uomo. Questa cosa non ha nessuna rilevanza.

... Va bene, ok, fermi tutti. Se proprio devo essere onesto, mi va benissimo così, cioè preferisco chiaramente il fatto che si tratti di una donna, anche perché Hedvig Mollestad è una donna bellissima, che possiede un fascino magnetico, elettrico e spaziale allo stesso tempo. Sono innamorato di lei. Non posso farci niente, vedete, alla fine non ho potuto fare a meno di considerare anche il suo aspetto esteriore. Sono un fottuto maschilista. Perdonatemi. Cambierò, lo giurò, un giorno finalmente riuscirò a superare tutto questo e essere finalmente politicamente e sessualmente corretto. Forse.

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