Settanta per cento di nero, trenta per cento di bianco. Questa la mistura che crea il grigiore invernale medio dei cieli d'Irlanda. Ed a questa combinazione si richiamano gli Hothouse Flowers nel 1993. Settanta per cento di soul, blues, gospel e spiritual, nonché fervore semi-(quasi-)religioso da pastori scalmanati dell'Alabama. Il restante trenta per cento è country rock, folk irlandese, poprock epico e/o celtico, nonché fervore semi-(quasi-)religioso da "street manic preachers".
Nel singolone, l'opener "This Is It (Your Soul)", si mescolano vecchio soul e countryrock, in "One Tongue" s'è a metà tra il semiacustico ed il sermone. Nella quasi titletrack "An Emotional Time" il vocalist è un incrocio tra Chris Isaak, Morten Harket e Padre Ralph. "Be Good" è soul chitarristico col flauto celtico ed il gospel nei ritornelli. Che faccio, proseguo?
"Good For You" è un pezzo per un Meatloaf irlandese. "Your Nature" è la bellezza delle loro grigie mattinate sottozero; "Gipsy Fair" è soulpop nella stessa falsariga della finale "Stand Beside Me". Nel mezzo, due brani che da puri episodi epici (ma non rock) diventano preghiere, spirituals, per una questione non solo di pathos ma anche ed anzi soprattutto per sonorità. "Isn't It Amazing" e "Thing Of Beauty" i loro titoli, mentre "Spirit Of The Land" beneficia anch'essa d'un inizio epico per quindi divenire un buon blues metropolitano.
Solo il trenta percentuale di "Songs From The Rain" può dunque, per sonorità ed inclinazioni, considerarsi riconducibile ai mentori nonché producers U2, che li scoprirono quando Liam Ó Maonlaí e compagnia erano ancora dei buskers per le strade di Dublino. Solo questa minor parte ha le stesse intenzioni, le medesime velleità, gli identici clichés. Il bianco pallido dell'uomo nordico qui serve solo a sbiadire il nero lucido, creando un grigio plumbeo che è identico al colore delle nubi irlandesi in inverno, identico al "cielo sopra Dublino" quando sta per piovere le sue canzoni...
Un disco di brani orecchiabili e di facile presa, alla lunga forse un po' monocorde nel suo pur interessante e continuo intreccio tra white and black, alla ricerca del pop intelligente. D'altronde, se è la pioggia che manda giù questi brani, non ci si può certo lamentare con essa: i dublinesi a quella infinita cantilena d'acqua avranno già dedicato tutte le imprecazioni possibili, e ciò che resta loro è la pazienza di sopportare, di non farci caso. Spetta a quelli come noi il còmpito, nonché il piacere, di godercela, di sguazzarci, di ballare le sue musiche, di intonare le sue cantilene.
Grigio è bello.
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