Una sorpresa. Una stupefacente sorpresa sono questi giovani "In Mourning". Una band svedese ai più sconosciuta, ma con alle spalle un periodo di gavetta decennale di tutto rispetto, tanta voglia di suonare e influenze musicali di tutto rispetto, che non investono i soliti In Flames o i Dark Tranquillity, no! Piuttosto la proposta di questi ragazzi è un miscuglio di raffinatezze ed eleganze sonore che riescono a coniugare il meglio del Death Metal Progressista di marca Opeth, coi giri plumbei, catacombali e fascinosi dei Candlemass. Il tutto con una semplicità ed un'orecchiabilità disarmanti.

Le otto canzoni di questo album, infatti, scorrono via che è un piacere, ed ognuna, una volta ascoltata, fa venire voglia di riportarla indietro per goderne ancora la straordinaria potenza, la struttura eterogenea ma compatta, studiata in una maniera tale che sia sì complessa (come altrimenti non potrebbe essere, trattandosi di un genere attinto a piene mani dagli Opeth, e dove dunque di facilonerie non se ne vedono nemmeno lontane un miglio), ma non troppo dispersiva.
Sì dunque alle divagazioni, alle fusioni con altri stili di musica, pure abbastanza leggeri, ma sempre tenendo ben presente che ci si trova ad ascoltare un disco di Death metal melodico, coi suoi growl cavernosi e bene eseguiti e con il doppio pedale di batteria sempre in evidenza.
Lo scorrere della scaletta non stanca mai, e le canzoni sembrano evolvere ognuna un gradino in più della precedente: sempre meglio, sempre in maniera diversa, dove non si conoscono picchi di espressività che si percepiscono ad un primo ascolto, ma tutto quanto il corpo del disco è un'amalgama incandescente che spazia dalle "storture" brutali dei classicismi Death (come in "Amnesia"), fino al grezzume di certi arpeggi di Katatonica memoria ("The Black Lodge").
Ogni ascoltatore, dunque, avrà di che deliziare i propri lobi. E sempre in maniera variegata e differente.
Si può iniziare dall'intro quasi Doom di "The Shrouded Divine", passando per i progressismi corposi e mai banali di "Grand Denial" (forse la miglior prova del lotto. Almeno a me così piace considerarla), per la malinconia della già citata "The Black Lodge" o di "The Art of a Mourning Kind", sino ai virtuosismi strumentali e alle sperimentazioni di "Past October Skies (The Black Lodge Revisited)".

Questa è una band che farà carriera, lasciatemelo dire. Non può essere altrimenti. Mi rifiuto di pensare il contrario, perché se così fosse, io in 17 anni che ascolto Metal non avrò capito nulla di come si muovono i generi musicali. Ipotesi probabile pure, ma in questo caso voglio essere ottimista: lo devo essere. Non c'è un solo scampolo di noia o di parossismo in questo album: tutte le parti stanno al posto loro e compiono egregiamente il loro dovere. E non è mica poco. Specie se si pensa che ormai si parla insistentemente di declino dello "Swedish Metal".
Io non so' sinceramente se se ne parli a sproposito. Non sono un critico di larghe e futuristiche vedute, sono solo un ascoltatore che ama questo genere e che, magari, non ne sa' discernere troppo i limiti per la troppa passione che ci profonde, ciò non toglie che ritengo di saper riconoscere una band di talento. Almeno questo concedetemelo.

E se vorrete accordarmi fiducia, lasciatevi consigliare questa volta: compratevi questo album. Qualunque sia il suo costo saranno soldi ben spesi, ve lo posso assicurare. Parola mia.

Carico i commenti...  con calma