Un buon lavoro, uscito quando degli Irons si dubitava fin troppo, o semplicemente l?ennesima operazione commerciale eseguita dagli Iron Maiden dopo l?abbandono del grande Adrian Smith?
Dopo quattro anni che possiedo e ascolto questo cd, devo ancora capirlo anch?io?
1992: negli Stati Uniti fioccano capolavori del Death Metal come non se ne sarebbero più visti.Il Thrash cade, dopo le deludenti uscite da parte di Metallica, Megadeth, Anthrax e gli Slayer in sospeso, alla ricerca di un nuovo drummer dopo la dipartita del mai troppo elogiato Dave Lombardo.In Inghilterra si tiene il ?Monsters Of Rock?: gli Iron Maiden, che dopo ?No Prayer For The Dying? inaugurarono la serie d?insuccessi che caratterizzarono le difficoltà che i cinque si trovarono ad affrontare e non sempre superare con successo negli Anni ?90, colgono così l?occasione per pubblicizzare il loro nuovo lavoro, ?Fear Of The Dark?, e intanto si fanno ammirare da un Kerry King spasimante di far la loro conoscenza e che fa di tutto per suonare in loro compagnia.
Dopo la dipartita d?Adrian Smith nel 1989, il chitarrista-compositore che, insieme al geniale Steve Harris, componeva l?anima della band britannica, e il seguente reclutamento di Janick Gers, tecnicamente e compositivamente differente da Smith, gli Irons, per usare un?espressione delicata e femminea, vendettero il culo al mainstream, pubblicando frettolosamente nel 1990 il pessimo ?No Prayer For The Dying?: la definizione di ?commerciale? che veniva attribuita giustamente all?album trovava le sue fondamenta nel fatto che il disco non era altro che una scontata riproposizione in chiave leggermente rielaborata ?alla Maiden? di riffs triti e ritriti già sentiti in passato e riadattati ai soliti canoni del Classic Heavy Metal, e due magnifiche songs, ?Bring Your Daughter To The Slaughter? e ?Holy Smoke?, che stonavano di brutto col resto, non riuscivano a salvare il disco dall?anonimato e a porlo come gli episodi meno riusciti della discografia maideniana.
Con questo ?Fear Of The Dark? di due anni successivo, gli Irons utilizzarono la stessa identica formula adottata per il fiasco precedente, componendo tre storiche e magnifiche songs (la furiosa e velocissima ?Be Quick Or Be Dead?, la poetica e celticheggiante ?Afraid To Shoot Strangers? e la stupenda title-track, tutte canzoni che sono ormai entrate nel repertorio dei migliori Maiden) da cui furono tratti altrettanti video per attrarre la marmaglia metallosa, che credeva di aver tra le mani un disco eccezionale vista l?alta qualità delle canzoni ?videocizzate? ma trovandosi spiazzati e delusi dopo aver scoperto che le uniche soluzioni interessanti nel disco erano proprio solo queste.
Che dire di pezzi monotoni, privi di mordente e che tanto sanno di deja-vù, l?AC/DCiana?From Here To Eternity?, che riprende ?Hell Ain?T A Bad Place To Be? della band capitanata dal virtuoso Angus Young senza però arrivare neppure minimamente i livelli qualitativi degli australiani, oppure l?inascoltabile ?Fear Is The Key?, la patetica ballad ?Wasting Love? e la solo sufficiente ?Chains Of Misery?, per non parlare delle inutili ?The Fugitive?, ?Judas Be My Guide? o ?Weekend Warrior?, scontate e banali già dai titoli?
Niente da fare: l?ultimo disco negli Anni ?90dell?immenso Bruce Dickinson, che si difende sempre benissimo con la sua incredibile voce e dopo la freddezza con cui vide accolto il disco decise giustamente di lasciare le parti vocali al grottesco Blaze Bayley che rovinò ancor di più i Maiden con patacche come ?The X Factor? e ?Virtual XI?, si rivela semplicemente fallimentare e privo di un qualsiasi tipo di mordente.
I tre punti che gli assegno, dunque, vanno rispettivamente a ?Be Quick Or Be Dead?, ?Afraid To Shoot Strangers? e la magnifica title-track, una rosa tra la spazzatura di un lavoro nato e vissuto semplicemente male.I tempi di ?The Number Of The Beast?sono solo piacevoli memorie, e l?età (ed il denaro) cominciano a farsi sentire fin troppo prepotentemente?
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