Ricordo la Nazionale Olandese nel ‘74 ed il suo calcio totale e semi inconcludente, ricordo una finale o semifinale a pochi minuti dal fischio d’inizio, un goal nato dalla propria area con 3-4 tocchi di prima e di divina bellezza, gli avversari immobili ed impauriti da quelle giocate sublimi.

Ricorsi storici e quel calcio totale figlio di un altro modello, quello ungherese che 20 anni prima si arrese ad una finale del Mondiale, il calcio socialista di Gustav Sebes.

Ma non fu casuale che una implacabile Germania Ovest tarpò per ben 2 volte le ali a 2 squadre leggendarie in una finale Mondiale…

Ricordo Jacco Gardner, quel giovanotto olandese di 24 anni alla sua prima apparizione discografica, i lineamenti del viso di un giovane Johan Cruijff e qualche ombra ambrata da alieno sfuggente sul volto alla Syd Barrett, l’uscita fiabesca di Cabinet of Curiosities dopo una brillante scorribanda nel freakbeat ‘60s con la sua prima band degli Skywalkers. Opera prima con l’amico del cuore Hugo Van De Poel, una manciata di spassosissime jammate sixsties degne dei loro antenati olandesi Freakbeat/Nederbeat, siano essi The Outsiders o Golden Earring.

Poi quell’album o meglio quella copertina aberrante –Cabinet of Curiosities – quell’intruglio di fiabe e filastrocche che non si sa se auree come quelle della buonanotte o sinistre, a ricordarti che nelle corti dorate dei nostrani reami tra principesse e boccoli d’oro usciti da Spot della Kerastase coesistono boia oberati di lavoro e decapitazioni su commessa. Come quella crisalide che si apre al mondo all’alba sotto una bolla di glassa dolce e dorata ma che è subito sera vederla offuscata da quei maestosi ronzii dell’acustica di Watching The Moon, con l’ascoltatore notturno gravato dal peso di quella diurna catacomba che dissolvendosi sviene mentre la Morte in quel sinistro ritornello sussurra “ Ti seppellirò” .

L’essenza del viaggio è tutta in quello che abbiamo “dentro“, nelle profondità più arcane.

E non è un caso che la mini odissea tascabile di Jacco Gardner in quel Bosco Altro sia alimentata – come nella copertina dell’album, con quel Cappuccetto Rosso Lost in Forest – dal contenuto lisergico di quel paniere o meglio da che razza di nonna si sia trovato nelle discendenze, con tutte quelle sostanze e quella vintage sensibilità che è così impossibile da reperire nel Digital store preferito. Derubricati dalle liste della catechesi, da elenchi della SIP and groups and mailing list ma contagiati da quella passione solitaria per quelle registrazioni domestiche tra harpsichord , optigan, mellotron e clavicembalo tutti suonati dal baronetto olandese.

24 ans. Pas de plages dorées sur la Côte d'Azur

Pas de Maxibons et de dunes émues par des fesses divines au bord de la plage...

Non ci sono proprio spiagge dorate in questa musica ma trame filanti cucite dalle dita sapienti di un giovane artigiano, il paradiso ed il suo collateral inferno in convivio e baccanale in un bilocale di un sobborgo in una zona industriale a 40 minuti da Amsterdam, in un’opera di recupero storico e semi antropologico delle visioni mistico-musicali di quei maghi dello studio dei Sixsties, Curt Boettcher, Van Dyke Parks, Arthur Lee.

Ed in Clear the Air il mago alchemista olandese ci catapulta infine all’interno della Reggia di Versailles, in quel chiaroscuro temporale un attimo prima dell’alba e poco prima del tramonto del Re Sole, come gattini ancora innamorati, con quegli occhietti belli misti d’agata e di metallo, in quella grandissima sala, al caldo tremante di quel fuoco che continua a bruciare...

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