Non me ne frega granché di motori, non tifo la Ferrari, non guardo i Gran Premi. Questo film è medio, nulla per cui strapparsi i capelli, ma neanche brutto. Un riempitivo di buon mestiere come tanti negli ultimi anni, in cui Hollywood non sa più dove cercare le storie.
I film di sport sono delicati, non è per niente scontato farli bene. Il recente Borg McEnroe dovrebbe insegnare qualcosa. Figurarsi poi i film sulle corse di automobili. E manco la Formula 1, la 24 ore di Le Mans: l'anti-cinema per eccellenza, qualcuno potrebbe dire.
Invece bisogna ammettere che no, anche se le gare non sono proprio delle botte di adrenalina (tipo Rush) comunque funzionano. Che poi funzionino per delle questioncelle abbastanza pelose, è un altro discorso. La guerra del titolo originale, Ford v Ferrari, c'è ma è secondaria e un po' banalizzata da una resa macchiettistica di Enzo. La vera lotta è interna alla Ford: una lotta tra lo spirito sportivo di Shelby e Ken Miles, e l'impostazione aziendalista di capi e caponi.
Dopo un po' stucca, non c'è dubbio. Il primo tempo poi sembra durare un secolo. Ma volevo dire un'altra cosa. Un lavoro come questo verrebbe immediatamente dimenticato, se non ci fosse dentro quel gigante di Christian Bale. Difficilmente mi dilungo sugli attori, ma in questo caso l'attore fa il film. Un film di corse che non finiscono più, un film di aggiustamenti all'aerodinamica. Un film sulla Ford che vuole rilanciarsi. Che cosa ce ne può fregare? Ce ne frega perché c'è Bale, con le sue facce sofferenti, con il suo broncio e la sua risata isterica. I suoi movimenti scattosi, il suo passo nervoso. Il suo sopracciglio piegato e la fronte corrugata. Totale adesione al personaggio, anzi di più: non c'è Ken Miles e Bale che lo interpreta. Bale diventa Miles e Miles diventa Bale. È una cosa nuova, ugualmente autentica, ma nuova. Come il Dick Cheney di Bale: non è “solo” Cheney, è qualcosa di più.
Non ci stancheremmo mai di guardarlo. Anche alla 24 ore di Le Mans.
Altra questione: Hollywood, la Storia e le storie. Se fare film diventa una ripetizione quasi documentaristica di fatti storici, il cinema muore. Se non c'è il coraggio di inventare vicende e personaggi, il cinema muore. Se vanno bene solo le saghe, i sequel e i prequel, i cartoni, o i film “basati su una storia vera”, il cinema muore. Per questo Tarantino ci tiene tanto a mettergliela nel culo alla Storia. Perché il cinema è un'altra cosa.
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