"L'abbazia di Northanger" si trova a metà fra i due grandi capolavori di Jane Austen "Orgoglio e Pregiudizio" e "Ragione e Sentimento", e il filone di altri romanzi meno riusciti come "Emma", "Persuasione" e "Mansfield Park". È il romanzo meno conosciuto della Austen, venduto dall'autrice stessa ad un editore nel 1803 (che non lo pubblicò), riacquistato dalla sua famiglia e pubblicato postumo nel 1818, un anno dopo la sua morte.
La vicenda narra la storia di Catherine Moreland, una ragazzina di diciassette anni cresciuta nella provincia inglese che viene mandata a Bath per fare il suo ingresso in società, con due fidati amici dei suoi genitori, i signori Allen. È proprio con Mrs. Allen, petulante e stupida signora con la fissa per la mussola, che incontra la falsa Isabella Thorpe e il suo arrogante fratello John, amici a loro volta di Henry Tilney, di cui Catherine si innamora perdutamente. Fra varie peripezie, equivoci e intrighi, Catherine finisce al castello di Northanger, ospite di Henry e del dispotico padre, il generale Tilney. Northanger è un'ex abbazia ove i Tilney vivono e dove morì la signora Tilney in circostante poco chiare. Qui l'accesa fantasia di Catherine, avida lettrice di romanzi gotici, la spinge ad immaginare Northanger come un luogo maledetto ed abitato da spiriti cattivi e ne scaturisce un'altra interminabile serie di equivoci, fino al buon scioglimento finale, quando ormai tutto sembra perduto e Catherine torna sconsolata dai suoi genitori.
Gli elementi tipici della commedia romantica di inizio Ottocento, e in particolare dello stile di Jane Austen, ci sono tutti: innanzitutto il personaggio femminile, solitamente in condizioni economiche discrete, dotato di una frivolezza quasi infantile ma anche di una personalità e una maturità tipiche delle donne adulte, qui citato come anti-eroina in contrapposizione all'esempio classico del romanzo gotico; poi c'è il principe azzurro, in questo caso Henry Tilney, l'esempio idealizzato di uomo perfetto e amabile con una certa posizione sociale e quindi in ottime condizioni finanziare. Intorno ad essi vi sono i personaggi di contorno che circondano i protagonisti che ne influenzano le scelte o le azioni (in questo caso i Thorpe e gli Allen) spingendo tutto per il verso sbagliato fino alla fine, quando sembra che la storia d'amore sembra destinata a non concretizzarsi. Ma Jane Austen era un'amante dei finali positivi e attraverso il chiarimento si giunge sempre al tanto angustiato matrimonio. Paradossalmente l'autrice non si sposò mai.
Come in tutti i suoi romanzi, il lato predominante è dunque il sentimento. Un altro espediente letterario di cui la Austen fa spesso uso è l'equivoco, anche se ne "L'abbazia di Northanger", come suggerisce il titolo, un ruolo predominante è occupato senza dubbio dalla location, questo ex convento che viene paragonato in tutto e per tutto al castello di Udolpho, il famoso maniero magistralmente descritto dalla Radcliffe (il romanzo viene citato a più riprese nel testo). Quest'opera è dunque anche da intendersi come una picaresca visione del gotico, una sorta di parodia letteraria all'acqua di rose. Un altro luogo molto importante è la celebre località termale inglese di Bath, vero e proprio centro di aggregazione sociale, ove inizialmente ha luogo la vicenda e dove l'autrice visse fra il 1800 e il 1806 e ricevette l'unica proposta di matrimonio della sua vita.
Nel romanzo, a livello di azione, non succede assolutamente nulla: come già detto all'inizio della presente recensione, c'è poco di nuovo rispetto ai romanzi illustri della Austen ed è un punto di partenza verso i romanzi minori, che l'autrice scriverà in seguito.
Resta un simpatico punto di arrivo per chi (come me) si è letto tutti i romanzi gotici inglesi. In generale l'opera è però vista come mediocre, frutto di uno stile scevro da evoluzioni e fermo allo stesso punto di partenza, ossia la pietra miliare del genere romantico "Orgoglio e Pregiudizio", di cui mi sentirei di consigliare la lettura, piuttosto che di questo modesto libro qui recensito.
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