Sette anni di assenza; sette anni di vana attesa.

Un EP come apripista, per riaccendere la viva fiamma...e l'attesa può finalmente considerarsi conclusa.

Un'immagina sfuocata, nebbiosa in copertina; che ben introduce e ci accompagna nel mondo attuale dei Jesu.

Justin Broadrick è un navigato cinquantenne che nulla deve dimostrare.

Lui parla, si racconta con la Musica, come ha sempre fatto dalla metà degli anni ottanta con tutti i progetti messi in piedi, edificati dalle sue sapienti mani.

Slow Core-Shoegaze di spiazzante semplicità; chitarre taglienti che entrano, che ancora graffiano come nella creatura Godflesh. Ma con minor peso specifico, con un uso meno opprimente delle distorsioni.

L'andamento generale del disco e "fluttuante", vaporoso; come esser immersi in un liquido embrionale.

Mi basta citare la lunga title track per dare peso alle mie parole appena digitate: minuti sospesi in aria, liquidi, con la voce di Justin che incanta, ammalia, conquista. Un muro sonoro bianco, leggero, spiralato. Spazi immensi che si aprono a metà circa dell'ascolto; movenze al rallentatore, sublimi, minimali. Poi l'ascesa, gli strumenti che salgono d'intensità, mantendendosi sempre entro livelli sonori mai eccessivi, mai troppo invadenti. E' così fino al termine, fino al raggiungimento della vetta...

Bentornato Justin e grazie, come sempre...

Ad Maiora.

Carico i commenti...  con calma