Ero all'oscuro di questa bestiale entità; devo ringraziare un commento di sfascia carrozze ad una mia recente pagina sui Godflesh. Commento che ha indicato la via, la giusta strada per conoscere l'ennesimo progetto di Justin Broadrick.
Sono così partito dal primo disco dei JK Flesh, uscito nel Maggio del 2012.
La summa della trentennale carriera musicale di un personaggio che non ha bisogno di presentazioni; siamo dalle parti del capolavoro, di un nerissimo e disturbante capolavoro.
Justin ripercorre strade già battute in precedenza con Greymachine, Techno Animal, Godflesh ed anche, in minima parte, Jesu.
Strade dense, industriali, del tutto artificiose; voci cavernose, compresse cariche di sanguinanti scariche postumane.
Un album dove le chitarre erigono un metallico e mostruoso muro sonoro; un marchio di fabbrica riconoscibilissimo che si fonde con incessanti ripetizioni sintetiche, sample martellanti, drone alieni e notturni.
L'ascolto ininterrotto del lavoro richiede uno sforzo come pochissime altre volte mi è accaduto negli ultimi anni; dai tempi di "Disconnected" dei Greymachine non provavo simili drammatiche sensazioni. Alienazione, oppressione, angoscia, paura: tutto questo si ricava dallo scorrere consecutivo dei lunghi nove pezzi che costituiscono le fondamenta del monolite uditivo.
Si erge come delirante vertice il secondo brano "Idle Hands". Asfittici giri di chitarra ripetuti fino allo sfinimento; una voce che sembra provenire da antri sepolti ed infernali; ritmiche spezzate, frazionate, laceranti che ti annientano. Mandandomi il cervello ancora una volta in fusione.
Scarsissime le note che si possono leggere all'interno della confezione cartonata; non ci sono testi, non ci sono ringraziamenti. Niente, niente, niente di tutto questo...(Neg-AZZ-ione).
Claustrofobico e marziale...WALK AWAY...
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