"Fast forward" è l'ultimo album in studio (almeno sino ad oggi) di Joe Jackson, il suo 20° per la precisione (in quasi 40 anni di attività), compresi anche 3 album di cover.
E' un'album, al solito con Joe Jackson, molto particolare. E' molto lungo, è praticamente un doppio album venduto come singolo album.
Sono in pratica 4 facciate e la durata totale del lavoro va oltre i 70 minuti.
A livello di "idea" riprende un pò il "progetto cosmopolita" già lanciato nel 1986 con l'album "Big World", quell'album però aveva solo 3 facciate e durava un pò meno, circa sui 60 minuti, inoltre era inciso dal vivo con tanto di pubblico presente, pur essendo canzoni nuove di zecca. "Big World" era un disco riuscito a metà, per metà conteneva grandi canzoni e per metà conteneva dei brani che erano un pò dei "riempitivi" (cosa rara nella produzione del grande autore inglese).
In "Fast forward" (ma come nella maggior parte dei suoi album) Joe Jackson non sbaglia una canzone. Siamo di fronte a un grande album (come spesso accade nella discografia del mestrello inglese dagli occhi tristi, come fu denfinito da Andrea Spinelli, in una recensione ad un suo concerto a Firenze, nel 1994).
Da "Rain" (un'altro grande album del 2008) sono passati diversi anni (anche se nel mezzo c'è stato il bel progetto di cover di Duke Ellington, "The Duke"). In ogni caso "Fast forward" non ha punti di debolezza, ogni canzone è un mondo a parte, come sempre nei lavori dell'autore inglese, ogni canzone ha uno stile tutto suo, differente completamente dalla canzone che la precede e da quella che la segue, eppure nel complesso riesce comunque ad avere una sua unitarietà.
Ci sono richiami alle cose del passato di Joe Jackson, certamente, ma la creatività di Jackson, nonostante i 61 anni suonati, non fa avvertire nessun cedimento e riesce sempre a stupirti con soluzione sonore e vocali inaspettate.
Sembra di essere di fronte ad un giovane musicista che ha ancora un gran voglia di fare musica e di esplorare ogni genere (cosa che l'autore ha già fatto per tutta la sua carriera, passando dalla classica al jazz, dal pop al punk, dalla ballad al rock duro, dalla salsa alla musica latina e chi più ne ha più ne metta).
Il capolavoro assoluto dell'album è "The blue time", un brano lento e ipnotico dalla grandissima bellezza, che va sullo stesso piano delle cose migliori dell'autore (avvicinandosi ai livelli da capogiro di capolavori immortali come "Real Men" e "A slow song", anno di grazia 1982).
Altri brani che stendono al tappetto sono l'iniziale e lunga "Fast forward", un capolavoro dove la vocalità di Joe Jackson si stende su un tappeto sonoro fatto con una base elettronica e il violino di Regina Carter a ricamare malinconiche trame sonore sotto ai tocchi di piano del grande Joe. "If it wasn't for you" è una pop song perfetta e decisamente bella. Batteria, piano, basso, chitarra elettrica e voce viaggiano assieme in una canzone che scorre veloce come una freccia.
"See no evil" è una cover di un brano dei Television. Brano rock energico e di alta qualità, con una chitarra che stende assoli lancinanti e la voce di Joe Jackson fa il resto.
"A little smile" è un brano pop-rock dalla base ritmica serrata, voce che vi si stende sopra come un velluto pregiato, piano e violini che ricamano trame di alto artigianato pop.
"Far away" è un duetto con un ragazzino tredicenne dalla voce angelica e flebile. Nella seconda parte entra in scena la voce di Joe Jackson. Il tappeto sonoro delicato e lento e le voci dei due protagonisti portano avanti un brano dal grande fascino, etereo e sospeso e di grande impatto emotivo. Il secondo capolavoro dell'album.
"Poor thing" è un'altro brano decisamente bello, come una sorta di grido e assieme di inno di speranza per riuscire a riprenderci le nostre vite senza dover essere bombardati ogni giorno dalle tristi notizie di morte che arrivano da ogni luogo (le "povere cose" del titolo appunto). La voce di Joe Jackson è tesa e drammatica e il ritornello in crescendo emotivo è di grande impatto, intessuto da ifiati che si rincorrono in una sorta di particolarissima pop song infarcita di sonorità quasi jazz.
Bello anche il successivo brano, "Junkie Diva", un pop-rock duro e energico, così come duro e glaciale è il successivo e bellissimo
"If i could see your face" . Il brano parla di una ragazza iraniana che è stata uccisa dai suoi fratelli perchè stava con un'uomo tedesco. Joe ha preso spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto a Berlino (la città dove abita dal 2007). E' un brano rock che cresce minuto dopo minuto fino ad un finale strumentale che è puro genio.
Poi arriva il capolavorone "The Blue Time", di cui ho già parlato. Seguono altri brani piuttosto belli e il finale è affidato a "Ode To Joy", la canzone più originale dell'album, assieme all'iniziale "Fast Forward".
"Ode to Joy" è un'altro brano eccellente. E' un'ode a ritrovare la gioia e non aver paura di essere felici quando lo siamo. Sembra scontato ma a volte tante persone hanno paura di mostrare gioia. E credo sia una cosa vera. Un'ode dunque a lasciarsi andare e godersi la vita. Il tessuto sonoro sembra quasi quello di una danza brasiliana su cui la voce di Joe Jackson canta con la solita ispirazione e perfezione.
In conclusione Joe Jackson dimostra di avere ancora un cuore grande come l'universo e questo album è qui a dimostrarlo, andando avanti veloce verso il prossimo album.
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