Tre pezzi tre.

Soltanto?

Soltanto, però...

Però?

Trattasi di due meraviglie e un capolavoro.

Il primo è da paura, attacca con una voce parodistica, poi ecco degli schiamazzi, delle urla, non so...poi venti secondi quasi alla Fall...e via, ecco a voi un magnifico punk'n'roll con voce sguaiata e chitarre assassine.

Il titolo è “Chicken shit” e allude al famoso incidente del pollo...ovvero a una sorta di trucida e ironica performing art.

Concerto di Cale, intorno al 77, in piena epoca punk. Siamo al momento di “Heartbreak hotel”, brano da brividi lungo la schiena par excellence, nonché cupissima cover del classico di Elvis.

Il nostro improvvisamennte brandisce una mannaia e tira fuori un pollo già morto. Poi, sotto gli occhi inorriditi dei componenti della band, due di loro sono vegetariani, decapita il cadavere della bestia.

Infine, agita la carcassa sanguinolenta sulle prime file dei punkettoni...

Panico...

I vegetariani della band, disgustati, abbandonano il palco, i punkettoni si agitano e pure parecchio. E Cale, visibilmente soddisfatto, pensa una cosa del tipo: “ma guardali questi simulatori di violenza che si agitano per due gocce di sangue”.

Il risultato del folle happening è che il concerto finisce molto prima del previsto.

“Memphis” la traccia due, cover di Chuck Berry, è un'altra gemma...oh accidenti a ste cavoli di definizioni , va bene se dico che è una specie di glam wave, con break chitarristici alla Phil Manzanera? In ogni caso tutto molto figo e gran tiro.

E comunque un micidiale uno due.

Poi il salto quantico, che la traccia tre è tutto un altro mondo...

“Hedda Gabler è un brano mostruoso.

Una ballata diciamo. O forse un radiodramma.

Un racconto sospeso su una musica tutta equilibri sottilissimi e ancor più sottili increspature.

Pura essenzialità, direi. E abc dell'incubo e grammatica perfida.

Una pala che pian piano scava nel profondo

E comunque uno di quei pezzi capaci, in un attimo, di creare una tensione che poi non ti molla più...

Come poi tutto ciò venga con esattezza calcolato, quali siano (dal primo all'ultimo gli elementi costitutivi) e in quali quantità vengano gettati in pentola è materia che lascio ai più implacabili musicologi ed esoteristi.

In ogni caso Hedda Gabler, che nel finale tutta la tensione accumulata la porta in una specie di grande sonno, è un brano che sembra suggerire ai punkettoni di oggi e di ieri (e certo anche a tutti noi) una cosa del tipo: ok il caos, ok il rumore, ok la ferraglia, ma il resoconto dell'orrore si costruisce con altro.

Oppure, ancor meglio: esiste un altro tipo di rock'n'roll, anche se sembra apparentemente più adatto alle sale da concerto.

Insomma, c'è un minimo denominatore comune tra i tre pezzi di questo fantastico EP.

In fondo Cale è l'uomo che ha preso un classico di Elvis e l'ha portato dall'altra parte. Solo che, appunto, l'altra parte è la stessa di prima, anche se non sembra.

Carico i commenti...  con calma