Che album!!!

Tre quattro ballate che stendono, un paio di momenti finto scemi, qualche scherzo ben riuscito. Oltre a un bel po' di cosette che non si posson proprio definire.

Del resto parliamo di John Cale, maestro di pop eccentrico e di un sacco di altre robe, eccentriche pure quelle.

I pezzi son nove, quasi dieci e il track by track proprio non me la sento, anche se ci vorrebbe. Che qui in un attimo si passa da nord a sud e ci vuole ancor meno per far si che lo sguardo del gentiluomo si trasformi in quello del criminale.

Insomma trovare il filo è arduo. Facciamo allora che rinunciamo a cercarlo e ci avventuriamo come viene viene.

Ad esempio, si potrebbero incrociare due frasi come “dormire nel sole di mezzogiorno” (da “Buffalo ballet”) e “abbiamo raccolto Dracula a Memphis”.(da “Ship of fools”). Suggeriscono, meglio di qualsivoglia elucubrazione critica, la trasognata malinconia e la grana vagamente sinistra delle ballate di Mr. Cale.

Se poi (da “Fear”) aggiungiamo “la paura è il miglior amico dell'uomo”, il gioco è fatto.

No dai, scherzo, il gioco non è fatto manco per niente.

E' che qui siamo in un terreno che io vorrei dirvi un milione di cose solo che poi la lingua s'inceppa. Quindi, sempre pescando a caso. meglio andar oltre e passare alla sezione “scherzi ben riusciti”.

Ecco allora follie salterine per strumenti giocattolo e viola ronzante o il più perfetto “gentleman style” deturpato da coretti sciocchini e urla psicotiche.

Ci sarebbero poi anche sette otto minuti di musica involuta (e folle e monocorde e grattuggiata), pensate, che so, a una “Sister Ray” finita, chissà come, nel frullatore di Brian Eno.

Poi per la sezione “cose finto sceme” segnalo un pasticcio mezzo Beach Boys e mezzo dio sa che cosa.

Insomma, un bel caos...

Difetti? Ogni tanto, forse, si sente troppo la mente, il disegno del genio.

Mai nelle ballate però, che quelle sgorgano come acqua di fonte filtrata da una raffinatezza senza pari. Roba che il tuo spleen personale è prima cullato e poi portato in cielo.

E comunque il nostro un genio lo era davvero. Poi, per fortuna, era anche abbastanza pazzo.

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