IL REFERENDUM. In questi giorni si è inevitabilmente discusso di quello che è stato il cosiddetto 'referendum sulle trivelle' e di quelli che sono stati gli esiti. Il mancato raggiungimento del quorum in particolare. Alle urne sono andati meno di un italiano su tre e la vittoria del 'Sì' (con una percentuale superiore all'85%) non sortirà alcun effetto, dato che la consultazione nella pratica sarebbe invalida.
Si è trattato di un referendum 'storico' perché per la prima volta ha visto come promotori le Regioni. Cioè dieci consiglieri regionali (nove dopo il ritiro dell'Abbruzzo) che avevano depositato le firme necessarie per il voto popolare. E di un referendum anche dal contenuto politico, se vogliamo, dato che buona parte di questi sarebbero degli appartenenti al Partito Democratico, cioè lo stesso del presidente del consiglio, Matteo Renzi, contrari all'atto pratico alle posizioni in materia sulla politica energetica del nostro paese.
Riassumendo, nella sostanza gli elettori avrebbero dovuto decidere se, come avviene attualmente, i permessi per estrarre idrocarburi in mare e entro il limite di 12 miglia dalla costa, avrebbero dovuto durare fino all'esaurimento del giacimento invece che al termine della concessione.
La questione è evidente, senza addentrarmi troppo negli aspetti tecnici di alcun tipo non avendone le competenze (ma suggerisco la lettura della documentazione relativa pubblicata nel tempo da Greenpeace e circa la pericolosità delle trivelle in mare per la salute umana e la fauna ittica), riguarda quello che è il solito tema del rapporto tra uomo e ambiente e che sebbene appaia nella sostanza una delle novità più radicali degli ultimi cinquanta-sessant'anni, cioè dal secondo dopoguerra ad oggi, è sempre stato invece all'atto pratico uno dei principali motivi della storia dell'uomo su questo pianeta.
ODISSEA NELLO SPAZIO. Qualche giorno fa discutevo su una scena del film, '2001: Odissea nello spazio' e in particolare su quella celebre della scimmia che, armata di osso, rompe la testa di un suo simile. Per quanto questa scena possa in qualche maniera apparire disconnessa dal tema riguardante il rapporto tra uomo e natura, essa ne costituisce invece uno degli elementi portanti. La relazione tra gli esseri umani infatti (ma questo in fondo riguarda tutto il mondo animale o comunque tutta quella che sarebbe poi la 'controparte' identificata genericamente come 'natura') e quelle che sono state le scelte dell'uomo, inteso proprio come specie, sin dal principio sono state per forza di cose legate anche a quello che era il contesto in cui questo doveva muoversi. Gli spostamenti dell'uomo, i conflitti e persino i primi scontri furono dettati tutti da ragioni legate principalmente alla sopravvivenza. Così, come l'uomo migrava di continente in continente e secondo il modello descritto dalla teoria base sull'origine africana dell'Homo sapiens e le successive migrazioni definite 'Out of Africa I' e 'Out of Africa II' espandeva la sua presenza su tutto il pianeta, colonizzandolo e sin dal primo momento modificando l'ambiente attorno a sé in maniera radicale e questo già ben prima della rivoluzione industriale e che le questioni relative le alterazioni dell'ambiente in cui viviamo diventassero così pressanti e materia di argomentazione e discussione quotidiana come oggi.
È chiaro che tutto questo avveniva allo stesso modo in una maniera che potremmo per forza definire 'naturale', arrivando così di conseguenza a addentrarci in una complessa discussione su che cosa sia artificiale e che cosa no e che potrebbe a chi è dotato di un briciolo di ironia, fare pensare alla diatriba su se sia nato prima l'uovo oppure la gallina.
Quello che è certo è che sotto una prospettiva che potremmo definire anche storica e che affonda le sue origini nel principio della storia dell'uomo e proprio nell'atto del passaggio dalla scimmia al sapiens, è difficile definire ogni alterazione dell'ambiente necessariamente come qualcosa di violento e di invasivo e questo a meno che non si voglia considerare alla base della vita animale - e pure vegetale - una qualche natura violenta e distruttiva. Basti pensare ad esempio, è il primo esempio che mi viene in mente, all'impatto devastante del gatto su quella che era la fauna che abitava l'Australia e che dall'introduzione del simpatico felino è stata gravemente alterata.
A questo punto la questione riguarda chiaramente quella che è la gestione delle risorse e un rapporto con la natura che sia legato al compromesso e a una specie di 'collaborazione', una partnership che del resto è forzata, data la necessaria convivenza tra ambiente circostante e uomo, è che non ha tuttavia secondo me regole scritte e definite, ma che devono invece essere necessariamente scritte nel tempo.
GLI ABITATORI. Come da quarta di copertina, in questo romanzo scritto da Kenneth F. Gantz, il mostro c'è, ma non si vede. Il romanzo è ambientato su Marte, dove è atterrata la spedizione dell'astronave Far Venture. La missione ha uno scopo prevalentemente scientifico e l'equipaggio è formato in parte da militari e in altra parte da scienziati. Un dato che non è secondario per quello che è lo sviluppo della trama e dove vedremo opposti per tutta la durata della narrazione le due figure principali, il colonnello Cragg, capo della spedizione e intenzionato a fare di tutto affinché la missione riesca e a riportare a casa l'astronave e l'intero equipaggio sano e salvo sulla Terra; dall'altra parte Dane, giornalista e inviato e corrispondente per l'Amalgated Press e assistente di fisica ai lavori di ricerca del dotto Pembroke.
Proprio il dottor Pembroke, figura che nella pratica non avremo mai modo di conoscere e definire a fondo, ma che possiamo sicuramente considerare eccentrica, costituisce quella che è la motivazione da cui partono le vicende raccontate nel romanzo e il motivo di scontro tra i due protagonisti già citati. Questo infatti alla guida di una spedizione di quattro uomini, lascia l'astronave per esplorare il suolo marziano e senza fare più ritorno. Data l'assenza di comunicazioni, ma convinto che il dottore sia ancora vivo, Dane decide di guidare una seconda spedizione alla sua ricerca e questo contro il volere del colonnello Cragg, che causa anomalie (scariche elettriche) nell'atmosfera marziana ha intenzione di lasciare quanto prima il pianeta. Pianeta che appare nella pratica disabitato, ricordiamo che il romanzo è scritto nel 1963, un anno prima dell'inizio del Programma Mariner, e che allora sapevamo del pianeta rosso molto molto meno rispetto ad oggi; ma dicevamo, pianeta che nella pratica appare disabitato e ostile, ostico come potrebbe essere anche quello raccontato nell'ultimo film di Ridley Scott, e la cui superficie è ricoperta solo da un fitto strato di vegetazione composta da licheni.
Ritrovato il dottor Pembroke, in uno stato di semi-incoscienza se non di totale incoscienza e dal quale non si riprenderà mai, Dane ritornerà a bordo dell'astronave, ma da questo momento in poi si susseguiranno una serie di vicende, tra cui quella centrale del contatto con gli alieni (oppure: l'alieno) e una serie di misteri, tra cui quello relativo la presunta infiltrazione di agenti asiatici a bordo dell'astronave, che impediranno all'astronave di lasciare il pianeta e metteranno sempre di più uno contro l'altro Dane e il colonnello Cragg, che considera il primo parte di un qualche complotto ai suoi danni e quello della spedizione. Uno scontro tipico è che poi mette in scena quello solito tra scienza e senso del dovere tipico dei militari, in un'epoca per giunta in cui il volo spaziale era per lo più inteso proprio come un'appendice dei diversi programmi militari e non come qualche cosa di primario interesse scientifico. Uno scontro tanto tipico quanto acceso e che alla fine lascerebbe poi in sospeso anche il lettore, che si interroga per forza su chi sia veramente il 'mostro' alla resa dei conti e nello scontro tra le diverse parti in gioco.
LA GREEN ECONOMY. Tutto il libro e in particolare il finale e in quelle che sono le conclusioni, inviterebbero in definitiva a quella che dovrebbe essere una maggiore attenzione a ogni interazione tra l'uomo e la natura, intesa in tutte le sue manifestazioni e nel caso specifico, anche a quelle forme di vita che non appartengano al nostro pianeta. Un approccio che da una parte rimanda a quello che si può considerare come il pensiero millenario della civiltà dell'Indo-Sarasvati, descritta nei Veda, i testi sacri dei popoli arii che invasero l'India settentrionale, e nella pratica al pensiero alle basi dell'Induismo e quindi non a caso a qualche cosa che risale alle origini della storia dell'uomo. Ma anche a quella cosiddetta 'Green Economy', l'economia verde e/o ecologia e modello di sviluppo economico che prende primariamente in considerazione l'impatto ambientale dei diversi cicli di produzione, considerando come questa, l'interazione tra l'uomo e l'ambiente circostante, possa avere conseguenze sul piano economico e sociale. Un sistema (non solo) economico che a dispetto di quelli che appaiono essere solo benefici per la comunità, viene invece guardato con sospetto e questo da ogni componente politica - intesa come schieramenti e nell'accezione classica di destra e sinistra.
Ma che cos'è veramente questa 'Green Economy'? Parliamo di qualche cosa che ha una forte componente ideologica, ma che deve basare i propri principi per forza anche su dati scientifici e ingegneristici attendibili. Forse la sua vera ratio è quella del compromesso tra tutte le componenti della nostra società e dove si confrontano materie di natura scientifica e anche di natura morale e tutte volte allo scopo più tipico di risolvere i problemi, che poi è da sempre il vero perché della nostra presenza su questo pianeta e in futuro, chissà, anche su altri pianeti più o meno lontani nello sconfinato universo.
Quotes.
1. - Scatterete altri fotogrammi prima del decollo? - s'informò Humphries.
- Ne sta scattando due al minuto il dispositivo automatico - rispose asciutto Dane, e si avviò al tavolo dov'era installata l'apparecchiatura fotografica con l'aria di volerne controllare il funzionamento.
- No, non parlo di quelle - spiegò Humphries - Volevo dire... se fate ancora qualche fotografia del pianeta, mi piacerebbe esserci anch'io, così poi mi mettono sui giornali, quando torniamo.
- Oltre al resto sono anche assistente di fisica - gli fece notare Dane - e mi pare che i miei incarichi non mi lascino molto tempo libero, specie considerando che uno dei due è una serie di corrispondenze per l'Amalgated Press, e l'altro un lavoro di ricerca alle dipendenze del dottor Pembroke.
- È che a Richmond ho una ragazza... e una foto di quel genere potrebbe essermi utile.
Dane aveva i nervi a fior di pelle come un gatto irritato. mentre l'altro continuava a parlare, tenne gli occhi fissi sul posacenere ricolmo di mozziconi, poi, d'improvviso, quasi senza rendersene conto, allungò una mano, l'afferrò e lo scagliò con violenza contro la parete.
- Ehi dottore, che vi piglia? - esclamò Humphries facendo ruotare la sua poltroncina girevole.
- Chi comanda qui?
L'aviere lo guardò, interdetto. Come?
- Se comanda il colonnello Cragg, io cosa posso fare? nessuno può fare niente quando quello si è messo in testa una cosa.
Humphries si affrettò a controllare che l'interfono fosse chiuso. - Dottore avete bisogno di riposo. Un paio d'ore di sonno vi rimetteranno in sesto.
- Tu vuoi una foto per far colpo sulla tua ragazza. Il colonnello Cragg ne vuole una in formato gigante in modo che al ritorno della Far Venture sulla Terra tutti acclamino il grande capitano. Lo spettacolo continua, anche se il dottor Pembroke e altri tre uomini sono dati per dispersi.
- È dura - disse Humphries. - Ma fino dal momento in cui hanno smesso di trasmettere, ho capito ch eerano morti.
- E invece non lo sono - disse Dane con amarezza. - Ma siccome il colonnello dice di sì, la sua parola equivale a una dichiarazione ufficiale!
2. - La vita? - cominciò. - Cos'è la vita? La vita non ha urgenza. Non è urgente vivere. La morte invece è urgente. Chi può dire 'no' alla morte? Voi avete degli affari urgenti per cui dovete vivere? Chi dice 'sì'? Verranno altre vite? Che c'è di strano nella morte? Non vi piacciono queste idee, tenente? Siete venuto da me per il motore? No. Voi siete venuto da me per la vita. Perché volete continuare a vivere. Io vi dico che non ho vita per voi. E voi mi credete pazzo. Invece io ho solamente sonno.
3. - Perché mai essendo spagnolo, parlate francese quando siete agitato? - gli chiese.
- Anche a voi, come a ogni altro membro di questa folle avventura in cui mi sono lasciato trascinare per cieca ambizione, anche a voi devo dire che non sono spagnolo. Lo era mio nonno, e perciò lo è il mio nome, ma mio padre, mia madre, e anch'io che porto il nome di José Ruiz Crusate a ricordo del nonno, siamo nati nella gloriosa città di Parigi, dove mi troverei ancora oggi se la mia insopprimibile vanità e le blandizie di voi americani non mi avessero trascinato qui. Parigi! Non avrei mai dovuto rinchiudermi qui, come una sardina in scatola, con la paura di un guasto ai motori e l'obbligo di ascoltare chiacchiere inutili. Perché parlo francese, avete detto? Perché lo spagnolo non è i lmio idioma. Voi americani, con la vostra propulsione atomica, e l'Astronautica Militare, e la spedizione su Marte, non sareste anche tanto edotti da sapermi dire perché mai un uomo nato e vissuto a Parigi non dovrebbe parlare in francese?
- Scusate Ruiz - disse Wertz - Volevo solo farvi montare la mosca al naso. E adesso ditemi che cosa non vi garba della mia idea, a parte il fatto che si tratta di un concetto chimico e non biologico.
- 'Non'! - strillò Cruzate. - Siete voi che non capite. Non io. Voi non comprendete né i licheni, né la vita.
- Volete dirmi perché si espandono per più di un chilometro e mezzo al giorno in un arido deserto?
Cruzane gettò sul bancone il ramo di lichene. - Volete spiegarmi voi perché in primavera il germoglio del frumento frantuma la crosta del terreno ed esce al sole? - Si strinse nelle spalle con atteggiamento drammatico. - 'Non', amico mio, noi vediamo le cose, le descriviamo, diamo loro un nome, ma non chiediamoci perché avvengono. Perché un uomo invecchia? Perché un sasso cade? Perché non vola? Avete trovato la risposta nelle vostre provette? 'Non'. Siete solo capace di dirmi che il sasso cade, e basta.
4. 'Marziani sono uno. Uno è bene. Non uno è male. Molti uomini uguale male.'
5. - Supponiamo che i licheni possano essere non tanto piante individuali ma piuttosto parti di una colonia. Più licheni che funzionino come un tutto unico, come una pianta sola più grande, come un'entità unica insomma. Abbiamo colonie di piante di questo genere anche sulla Terra, fra le forme inferiori di vita vegetale come le alghe e i funghi. Mi ricordo che all'università ne esaminammo una al microscopio. Si chiamava Volvox. Il nome mi rammentava il 'vox humana', quell'organo elettrico con cui si può imitare la voce e che non mi è mai piaciuto...
Cragg si mosse a disagio sulla poltrona e sbottò: - Come al solito, state facendo un mucchio di chiacchiere inutili. Tagliate corto. Eliminiamo i dettagli biografici, d'accordo? Così arriverete più presto al punto, posto che abbiate un punto a cui arrivare. Devo sempre ricordarvi che fareste bene a parlare meno e a dire di più? Questo tra parentesi va bene anche per quello che scrivete. Insomma, per farla breve, sapete dirmi come diavolo fanno i licheni a mandare messaggi radar? Avete detto di saperlo e noi stiamo aspettando che ce lo diciate.
Non era il momento di prendersela, né di far notare al colonnello che anche lui, di solito così parco di parole, aveva parlato troppo. - Il Volvox - continuò - è un microscopico globo cavo, composto di migliaia di piante unicellulari indipendenti, unite le une alle altre mediante filamenti di citoplasma. In tal modo la colonia funziona come individuo pluricellulare invece di essere un semplice aggregato fisico. Si riproduce individualmente e forma nuove colonie. Cioè, le nuove colonie sono prodotte da ovuli di una colonia già esistente. Chi ci dice che i licheni Marziani non si compongano di colonie fatte allo stesso modo, cioè di individui che si uniscono per formare un super-individuo? E non sarebbe possibile che queste colonie fossero dotate di intelligenza, cosicché ciascuna di esse ha facoltà pari a quelle di un cervello? Quindi, ciascun individuo-lichene che fa parte della colonia può essere considerato come l'equivalente di una cellula cerebrale. E un agglomerato di cellule cerebrali come i neuroni e gli agglomerati nel cervello umano.
- Le scariche elettriche! - esclamo Cragg.
- Esatto. Le scariche elettriche potrebbero costituire l'espressione dell'azione mentale, come le correnti elettriche nel nostro cervello: solo su una scala molto più ampia e potente. Ammesso che i licheni con le loro colonie che coprono una vasta area costituiscano un unico cervello, allora i reticoli di scintille potrebbero essere paragonati agli impulsi nervosi, mentre i fulmini che s'inarcano sopra i licheni sarebbero le connessioni di questi impulsi in un'associazione unica, come avviene nel pensiero umano.
- Che mi venga un accidente! - esclamò McDonald.
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