Korn - The Paradigm Shift (World Tour Edition + Deluxe Edition)

(Mi scuso in anticipo per la mia lunga recensione, magari troppo, ma ho veramente tanto da dire. Grazie in anticipo per la comprensione!)

L'undicesimo disco dei Korn doveva proprio chiamarsi così: "cambiamento di paradigma", tradotto dall'inglese; infatti, secondo la parole del chitarrista James Shaffer, "esso ripropone i vecchi Korn, assieme a quelli nuovi, come in un opera d'arte in cui si posso notare particolari diversi osservando da punti di vista opposti."
I vecchi Korn con il ritorno (per motivi commerciali forse?) di Head, neo convertitosi al Cristianesimo e (forse) unico in grado di tenere testa alla leadership a volte arbitraria di JD, sono ora più simili (non c'è più Silveria) a quelli che dal 1994 in poi hanno proposto un nuovo genere, il Nu Metal, capace di rimettere in discussione il Metal stesso e di riproporlo al pubblico in vesti diverse: più rabbioso, più sofferente e rancoroso ma alla stesso tempo più adatto alle esigenze degli ascoltatori, specialmente gli adolescenti (vedi, per esempio, numerosi elementi di hip hop e collaborazioni con vari rapper di fama internazionale, come Ice Cube per citarne uno). Tutto questo ora incontra i nuovi Korn, quelli che, tra le varie cose, hanno prodotto nel 2011 un album in collaborazione con artisti appartenenti alla musica elettronica, tra cui spiccano Skrillex e Kill The Noise.

Ma analizziamo ora traccia per traccia il nuovo "The Paradigm Shift", prodotto da Don Gilmore (già all'opera con Linkin Park e Lacuna Coil tra i tanti) e vediamo se le promesse sono state mantenute:

1- Prey for Me: forse il migliore inizio possibile per la band "alla ricerca del Nu Metal perduto". Qui il marchio di fabbrica dei Korn si fonde con elementi di Groove Metal. La batteria è in primo piano, impeccabile e "prende per mano" gli altri strumenti; il basso, negli album precedenti molto spesso in secondo piano, comincia a farsi sentire (finalmente); i riffs non sono così elaborati, ma comunque di impatto.
Il gruppo californiano prende spunto da Untouchables, Issues, un che di Take a Look in The Mirror e a un po' ricorda pure gli inizi (Blind in particolare).
Brian Welch torna a dare quel tocco di misterioso/grottesco con i suoi assoli che tanto sono mancati e che danno più sostanza al lavoro dell'ottimo James Shaffer.

2- Love & Meth: La copia spudorata di "Love And Luxury"? Non scherziamo!
La seconda track conferma l'impressione di ritorno alle origini (timidamente accennato in "Korn III - Remember Who You Are") presente nel primo brano. Notiamo influenze elettroniche notevoli, (prepotentemente presenti in tutto il disco e che commenterò in seguito) eredità di "The Path of Totality". Anche qui le linee di chitarra sono potenti, penetranti, e se vogliamo, catchy. Degno di nota l'interludio rabbioso con un Jonathan Davis che pare (almeno in studio) in forma. Brano heavy ma piuttosto radio friendly come ci si poteva attendere dalla produzione di Gilmore. Un plauso anche alla prestazione superlativa di Ray Luzier che conferma quanto detto poc'anzi.

3- What We Do: inizio da film horror e poi si dà il via ad una alt metal ballad che dal punto di vista musicale non propone niente di nuovo, tanto da segnare per molti un mezzo pazzo falso. Tastiere e vari elementi elettronici, specialmente dubstep sono onnipresenti, lasciando intuire che non si dimentica il lavoro fatto in "The Path Of Totality". Le atmosfere, tuttavia, sono tipicamente old-Korn style.
Personalmente What We Do non mi dispiace, soprattutto per le parti vocali melodiche.

4- Spike In My Veins: Se la precedente non vi ha entusiasmato particolarmente, questa vi farà semplicemente schifo. Prodotta per il progetto solista di JD in collaborazione con Nightwatch / Noisia (già collaboratore in "The Path of Totality"). Tanta elettronica che domina, ma non offusca il lavoro di chitarre e soprattutto basso. La tecnica sopraffina di Luzier qui è un po' sprecata, ma l'esperto batterista fa del proprio meglio per mettere su una sezione ritmica degna delle sue capacità (e del suo repertorio!).
Non male, ma questi non sono altro che i Korn ascoltati in TPOT con l'aggiunta di Head. Comunque la canzone è insana ed heavy quanto basta per non definirla fuori luogo in quest'album.

5- Mass Hysteria: Non preoccupatevi Korners, che questa vi farà pogare di nuovo, come ai vecchi tempi. Più pesantezza, JD protagonista che candida questo brano tra i migliori della sua undicesima fatica discografica. Particolarmente importante, altresì, la partecipazione del basso di Fieldy che qui dà quel qualcosa in più che in passato è mancato (ma solo per scelte di missaggio, non certo per demerito personale). Ray dietro alle pelli mostra di essere, ancora una volta, un'ottimo musicista heavy metal con una prestazione più che onesta. Da notare anche la buona collaborazione tra le due chitarre, degna dei vecchi tempi.

6- Paranoid And Aroused: Heavy, suono corposo, nostalgica, che riffs! Forse la migliore canzone di "The Paradigm Shift". Il basso, però, ritorna a non essere troppo incisivo e questo si noterà in gran parte dell'opera.

7- Never Never: Un tipico brano di Gilmore? Sarà così, ma qui per me c'è il riassunto della carriera dei Korn. Sarà anche commerciale e radio friendly, ma di qualità. Siamo in territorio Elettro/Hard Rock ma c'è pure lo scatting rabbioso di JD a impreziosire il tutto. Sarebbe potuta, se meglio promossa, diventare un classico e soprattutto attirare molti più ascoltatori di mainstream rock. Peccato!

8- Punishment Time: solito inizio elettronico con chitarre molto aggressive e distorte. Il basso qui si sente ed è già più decisivo. Bravo anche Luzier.
Interludio strano, forse troppo tranquillo, ma come si collega col ritornello!! Da tachicardia!!

9- Lullaby For a Sadist: la ballata che non ti aspetti. Inizio acustico e poi inquietudine Korn style. Tastiere forse un po' troppo invadenti, a volte. Ma si può ascoltare un altro interludio da paura!

10- Victimized: Inizio "sciallino" ma poi la potenza dei Korn impera. Sembra che questi cinque pazzi abbiamo ritrovato la vitalità che avevano perso (leggesi Head). Qui è evidente. Tanti synths e molto presenti. Come sempre l'interludio è quasi perfetto e qui fa proprio sussultare. Set freeeeee!!

11- It's All Wrong: Che pezzo! Il riassunto di un gran bell' album che vede la (parziale) rinascita del Nu Metal (attenzione leggete bene, del nu metal non ancora dei Korn che, purtroppo, non riescono esprimersi al 120% come nel loro periodo aureo). Qui l'elettronica non infastidisce mai anzi impreziosisce il lavoro di (quasi) tutti (Fieldy è un po' troppo da parte ancora una volta). Azzeccata la posizione finale per chiudere in bellezza!

World Tour Edition:

- Hater: molta elettronica che si fonde con l'alternative metal per proporre un brano fresco, moderno e più orecchiabile. Fin troppo pacata per il combo metal, ma non necessariamente un male, e allo stesso tempo poderosa. Più sopportabile di Never Never per molti, sinceramente molto emozionante (tratta di bullismo, tema per cui JD si è mobilitato molto). Il meglio dei Korn del 2013. Difetti? Forse la chitarra di sinistra (Mr Welch) è un po' troppo depotenziata e missata in modo da consegnare agli ascoltatori un brano dal suono pulito, senza fronzoli.

- The Game Is Over: Inizia Luzier con i suoi soliti beats ma poi questo pezzo diventa elettronica allo stato puro con Fieldy che risalta fuori dal cilindro in cui era stato costretto. Sperimentale, ma in questo album e in questo momento della carriera dei Korn ci sta. Carino, ma anche qualcosa di più...

- Die Another Day: chitarra distorta, influenze dubstep conclamate, basso che ritorna ma forse ancora troppo in ombra per mantenere il suono pulito e ridare spazio alle tastiere, senza azzardi. Ma questo, Korners, è metal moderno di concretezza, nonché originale. Bravi ragazzi!

Ho ascoltato anche i live di questa edizione a
- Londra: "Love & Meth" e "Here To Stay"
- Mosca: "Get Up" e "Never Never"
- Denver: "Got The Life" e la magistrale cover di "Another Brick in The Wall". Per farla breve, sono tutte eseguite bene, ciò che è carente, piuttosto, è la voce di JD che però, a volte, sembra ritrovare il suo mordente.

Deluxe Edition:

- Wish I Wasn't Born Today: Segue le orme del brano precedente aggiungendo cupezza e pesantezza. Qui il basso si sente come dovrebbe. Nient'altro di trascendentale.

- Tell Me What You Want: Tanti, tanti synth ma risulta abbastanza Korn. Da segnalare la voce di JD che aggiunge ancora più pathos al pezzo.

Bonus Track:

- So Unfair: Il racconto personalissimo e commovente di un padre che teme per la vita del figlio e si sente impotente. Chiude le scene raccontando gli ultimi anni di vita del lead singer travagliati e costellati da malattie e dolore. Musicalmente nulla di nuovo, si riconferma il basso protagonista e la coppia Head/Munky per nulla arrugginita in tutto il disco.


Ciò che mi ha lasciato un po' di stucco (e che ho già notato varie volte) è la quasi maniacale ricerca di mantenere il suono pulito, magari limitando la creatività dei musicisti: Luzier, infatti, pur risultando molto bravo e a suo agio in ogni traccia non riesce, tuttavia, a incidere come faceva, ai tempi d'oro Silveria. Lungi da me confrontare due ottimi batteristi molto diversi tra di loro, ma qui quello che sta dietro le pelli è quello che mi sembra brillare di meno, nonostante il talento indubitabile. Causa di una produzione più simile a "The Path of Totality" che ai primi lavori.
Inoltre, il basso è spesso e, diciamolo, fastidiosamente in ombra; quella che è stata la caratteristica peculiare dei Korn lascia oggi un po' a desiderare, ma si sopporta in vista di un bene superiore (il dodicesimo album in studio uscito verso la fine di Ottobre delle scorso anno).
Infine mi permetto di criticare l'uso forse smodato di tastiere ed elettronica che a volte sono un po' indigesti.

Tutto sommato, questi erano i Korn del 2013 e se consideriamo le peripezie di questo gruppo e a che cosa abbia portato il lavoro successivo a questo disco, (The Serenity of Suffering) non possiamo che fare i complimenti ad una band che pare aver ritrovato un bel po' di smalto dopo aver subito un calo artistico notevole ma che, comunque, non ha mai proposto "pasticci" musicali che dessero l'idea spudorata di essere "fatti solo per vendere".
Welcome back, we missed you guys!

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