Kraftwerk ergo “How To Build Your Own Automaton”.

Cap. IV: Viaggio lineare — viaggio siderale.

Dall’industria ai suoi prodotti.

Dall’industria al paradigma dei suoi prodotti: l’automobile.

Finalmente.

Punto d’approdo, serenità ritrovata.

La forma-canzone, l’orecchiabilità, il cantato.

Il sole splende all’orizzonte.

L’intera prima facciata (22 minuti) è una ariosa scampagnata su Volkswagen ed uno speditissimo viaggio verso la Volksmusik. Così pare.

Proprio in questa serena scampagnata s’inframezzano però momenti di sconcerto. Senza soluzione di continuità, il viaggio da arioso si fa claustrofobico; da lineare si fa siderale.

Di nuovo, convivono la spensieratezza e l’angoscia.

Quasi fossero un tutt’uno.

L’anelito cosmico esploderà appena voltato il supporto vinilico.

Dalla solare linearità, al più vertiginoso sconforto.

Due melodie delle comete, una mezzanotte, una passeggiata mattutina: un percorso parabolico.

Dal viaggio liscio, levigato e limpidamente prevedibile nel suo incedere, al disorientamento cosmico, galleggiante, fosco e senza coordinate.

Detto altrimenti: dall’orizzontale al verticale.

Eppure, le cose non sono così semplici.

Non si tratta di contrapposizione, bensì ancora di esplorazione decentrata e decentrante (mai travasamento d’opposti fu più impercettibile).

Dal lineare riemerge — dal di dentro— il cosmico (prima parte).

Dal cosmico riemerge — dal di dentro— il lineare (seconda parte): l’autostrada rettilinea e solare, lo scintillare delle cromature, torna di nuovo, senza soluzione di continuità, a farsi strada dalla vertigine cosmica.

Dalla cupa e corvina disperazione di “Mitternacht”, alla solare gaiezza di “Morgenspaziergang”.

Processo catartico su quattro ruote.

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