I campi in fiore, i suoi capelli lunghissimi, i suoi pantaloni di pelle, le camicie unica tinta... Ma soprattutto la sua voce: l'esasperazione di un'oca starnazzante (You-uha, you-uha, you-uha, oughta kno-o-owuha"), l'insistere, il forzare a tutti i costi per arrivare senza un refolo d'aria nei polmoni a fine verso, l'asma e le faringiti autoprocurate per rendere migliori le interpretazioni, gli aerosol di DDT cui sottoporsi ciclicamente, le vaginiti orali da sperimentare nei laboratori dei centri di ricerca delle major discografiche...
Da quando MTV mise in heavy rotation Alanis Morrisette e la sua non eccelsa "You Oughta Know" nulla fu lo stesso: il suo modo di cantare fu sdoganato ovunque, divendendo anzi lo stile di riferimento per le nuove leve del poprock al femminile. Ognuna si trovò (costretta?) ad elaborare una propria versione del verso dell'oca canadese durante l'accoppiamento: chi anticipava il latrato di un quarto di secondo, chi sveniva a seguito di un'insufficienza respiratoria ad ogni strofa, chi componeva versi in rima baciata in cui, per esempio, "you-uah" faceva rima con "do-uha" e chi metteva in rima "idiosincrasy-uha" con "misunderstatement-uha"...
Qui dalle nostre parti, poi, il miracolo della creazione in laboratorio di una catanese che canta solo quando inspira... Ed assieme all'oca starnazzante franco-canadese, ed oltre alla civetta-quaglia siciliana ed al cigno anoressico irlandese, venne alla ribalta anche la meno celebre gallina ovaiola di San Diego, California, all'anagrafe Leah Andreone, i cui vocalizzi non possono non richiamare ai dolori dell'ovulazione dentro ad una gabbietta di venti centimetri quadrati.
"It's Alright, It's Ok", singolo molto di presa anche nelle radio italiche, vede Leah interpretare un pezzo di poprock americano come non riuscirebbe neppure una bambina di tre anni per quindi, appena prima che parta un ritornello very radioamichevole, cimentarsi di volta in volta, di ritornello in ritornello, in un vocalizzo che, la prima volta che l'ascoltai, dissi <questa è pazza!>.
Ridemmo, non perché quando rido io tutti devono ridere e quando smetto di ridere io tutti devono smettere, ma perché, forse, si pensava tutti al contempo che si stava andando a raschiare il fondo del barile, e che certe ragazze pur di farsi notare avrebbero fatto qualsiasi cosa, pure scegliersi questo standard interpretativo.
"Veiled", suo disco d'esordio, s'apre giustappunto con "It's Alright, It's Ok", il ché è come se Leah ci dicesse: <Stai ascoltando il cd in un grande magazzino? Io sono quella che canta questa canzone, io sono quella che fa questi nuovi vocalizzi, li senti? Io sono il futuro della NWOAFRRS (New Wave Of American Female Root Rock Singers), io sono la nuova Alanis Morrisette, l'evoluzione della specie. Lascia stare il resto del disco, lascia perdere le canzoni: concéntrati sulla moda, férmati ad essa ... Io sono alla moda, io sono la moda del momento>.
Ora il problema non era che la Andreone avesse tirato un disco di né infame né lodabile root poprock come era in linea con i tempi e senza dubbio con i proprio gusti, cimentandosi col folk, col chitarra e voce, con qualcosa ("Kiss Me Goodbye") che pare grunge unplugged, attingendo qua e là dal passato e dai suoi coevi... Il problema non era che "You Make Me Remember" sembra "Tears In Heaven" di Clapton e che "Who Are They To Say" è un rhythm and blues anni settanta sopra alla base de "La Vie En Rose" ricantata da Grace Jones... Il problema non era neppure che, con qualunque genere si cimentasse nelle strofe (blues, funky, root), i ritornelli invece erano tutti uguali, e non era problematica la pressoché assoluta mancanza di personalità (eccezione che conferma la regola "Problem Child", quasi bossa nova, con dei suggestivi coretti a metà brano)... Il problema eravamo noi. Ed ora ve lo racconto.
La sera al sabato con le ragazze, inverno 1994, l'amico patentato infila la cassetta della Andreone... Le ragazze canticchiano a modo loro un inglese inesistente, provando a riprodurre l'infantilismo della voce di Leah; "vocalizzavano" convinte e canticchiavano il ritornello non dance più facile degli anni novanta. Anche noi maschietti, seduti davanti, si emetteva quello stupidissimo verso, e si rideva complici. Le fidanzatine non avevano tempo per replicare alla nostra provocazione: lo credevano davvero un bel cantare, e si vedeva con chiarezza che erano (inqietantemente) coinvolte. In discoteca, a turno si usciva in coppia, s'entrava in auto, si rimetteva la cassettina e si faceva quel che si doveva fare...
Col pezzo più forte messo a fare da opener ed i restanti da "approfondire" si, ma non di certo sabato notte assieme agli amici verso, dentro e nel parcheggio della disco, ciò che rimaneva di non ascoltato della cassetta non metteva curiosità alla ragazza, e se tu dunque la usavi come semplice sottofondo per la tua incursione nel pianeta Venere, Leah Andreone non avrebbe decocentrato in alcun modo né te né la tua "controparte". Posso comunque dirvi che Leah non era l'unica, nei momenti in cui mi davo da fare, a cimentarsi nei vocalizzi più sorprendenti...
Di ritorno, verso casa si finiva il lato B a bassissimo volume, ché le ragazze dormivano ed a noi non ce ne fregava un cazzo. Poi, lasciatele a casa, si rimaneva soli, pronti per la scorribanda cittadina, le ultime cinque o sei Diana rosse, la colazione finale e soprattutto l'andare all'allegra ricerca di altri amici e soprattutto amiche... A quell'ora non s'aveva voglia di ravanare tra le altre musicassette sparse qua e là con strafottenza nell'abitacolo, e pertanto si rimetteva il lato A.. Come arrivava il momento, sigaretta accesa e finestrino aperto spalancato anche se col gelo, si nitriva anche noi, convinti come se fosse normale, come se fosse bello, senza ridacchiare, senza accorgerci di nulla, e poi ci si cimentava nel ritornello battendo la mano libra sullo sterzo lui, sul ginocchio io.
Cose che succedono nei momenti di semicoscienza, quando sei distratto e quando non pensi a niente; quando sei appagato, quando hai tutto, quando non te ne fotte niente. Anche se sai che tutti ci credono, e tu no.
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