Scott Cortez è da sempre un artigiano dello shoegaze.
Negli ultimi 30 anni ha costeggiato, spesso tenendo un basso profilo, la strada e la storia di questo genere. Lo ha esplorato nelle sue angolarità, ne ha affinato le peculiarità, ne è stato la tesi e l'antitesi. La sua ricerca musicale è testimoniata dai suoi numerosi progetti e dalla sua discografia ricca di sfaccettature: ad esempio Whitenoisesuperstar, sotto il nome di Astrobrite, è un gioiellino che gioca sul connubio tra "forma pop" ed estetica noise; Rkodr, nell'ambito dei Transient Stellar, propone un interessante ibrido tra linguaggio shoegaze e ritmica elettronica drum'n'bass.
Senza alcun dubbio, in questo fiume di monikers e di pubblicazioni, ai Lovesliescrushing spetta il posto d'onore. Il duo, composto da Cortez e dalla cantante Melissa Arpin Duimstra, si configura come il primo progetto effettivo del chitarrista di Chicago e già dal primo album Bloweyelashwish, uscito tra 1992 e 1993, è chiaro come non si tratti dell'ennesima copia dei My Bloody Valentine e degli Slowdive.
Xuvetyn esce nel 1996 ma contiene anche composizioni precedenti a quelle di Bloweyelashwish. In questo album il sound dei Lovesliescrushing raggiunge il suo pieno sviluppo. Difficile costringerlo in una definizione: è spazioso ed etereo come una bolla d'aria sott'acqua; è assolutamente statico ma mai uguale a sè stesso; è stordente e confortante allo stesso tempo.
La formula shoegaze è stata spesso seguita pedissequamente da innumerevoli epigoni delle band sopracitate, ma non è sicuramente questo il caso. L'inconfondibile wall of sound di Loveless è chiaramente alla base della proposta del disco ma ridotto ai minimi termini, distillato all'inverosimile e portato quasi al parossismo.
Laddove la ritmica di Ride e Slowdive teneva ben salde le proprie radici nel pop dei tardi anni 80, Xuvetyn rifiuta in blocco ogni elemento percussivo denudando il "dream" del proprio "pop". La chitarra viene manipolata e liquefatta fino a perdere qualsiasi elemento della pennata, sciogliendosi in un unico e interminabile flusso sonoro. Le liriche, sotto l'incantesimo della voce angelica di Duimstra, rinunciano a ogni intelligibilità e assurgono a superficie della stratificazione di suoni. Se Kevin Shield portò quasi sul lastrico uno studio di registrazione alla ricerca ossessiva del suono perfetto attraverso tecniche di registrazione anticonvenzionali ed effetti estremi, Scott Cortez realizzò praticamente l'intero album in casa propria su un piccolo registratore a 4 tracce. Come lui anche i primi bedroom musicians che in quegli anni iniziavano ad avere la concreta possbilità di esprimersi anche tra le quattro mura della propria camera.
In un'ora e sedici minuti Xuvetyn dipinge un vibrante e celestiale affresco psichedelico in cui i brani embrano durare per sempre e da sempre. Sono paesaggi di riverbero e distorsione, qualche volta interrotti da brevi intermezzi come Staticburst e Hum Vibralux; non sono brani completamente shoegaze nè completamente ambient. L'assoluta staticità, però, non comporta mai stanchezza o ripetitività: pezzi come Blooded And Blossom-Blown, Virgin Blue-eyed e il trionfale finale di Bones Of Angels raggiungono anzi vette altissime di intensità emotiva, ipnotizzando e seducendo l'ascoltatore tra trame sonore e infiniti riflessi di feedback.
Xuvetyn è sensualità, estasi, sogno lucido. È l'anima più pura e la sublimazione più completa del linguaggio shoegaze. Un disco che a un primo ascolto può intimorire ma in cui è necessario accettare di perdersi per poi ritrovarsi.
Un piccolo capolavoro meritevole di trovare finalmente il giusto riconoscimento.
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