Premessa: dopo "O Paraiso" (1998) i Madredeus li avevo un po' persi di vista... Qualche giorno fa mi è capitato tra le mani il loro ultimo lavoro, "Fatulas du Teju" (2005). Non mi è piaciuto. Non è un brutto disco, tutt'altro, ma al sottoscritto, la produzione di Teresa Salgueiro e soci successiva all'abbandono di Rodrigo Leão, Francisco Ribeiro e Gabriel Gomes, lascia un po' l'amaro in bocca. Tutto è scorrevole, pulito, perfetto... Troppo perfetto... Pedro Ayres Magalhães, in fase di scrittura, ha perso un po' di smalto e le tastiere di Carlos Maria Trindade han reso matematico e moderno un suono che puntava tutto o quasi sull'emotività e la nostalgia... "Che cazzo c'entrano?", mi chiedo ogni volta... Comunque, quando mi capita di rimanere deluso dalla nuova (anche se proprio nuova non è...) uscita di un gruppo che ho seguito in passato con passione, di solito io torno alle origini... E allora parliamo di "Os Dias Da..."
"Os Dias Da...", esordio dei Madredeus, è un disco che mi piace sia ascoltare che leggere, guardare... Mi piacciono moltissimo le foto del libretto... I 5 componenti del gruppo ritratti in una certa strada di Lisbona, abbracciati, sotto un ombrello. Sarò banale, ma fa molto Nouvelle Vogue... Sembrano i ragazzi della porta accanto o i miei ex compagni di scuola e pare strano che due di loro, Pedro e Rodrigo, a quel tempo, cioè nel 1987 o giù di lì, fossero già delle stars. Avevano fatto parte di due gruppi punk (rispettivamente gli "Herois Do Mar" e i "Setima Legiao") di gran successo in Portogallo... Altra stranezza, se penso al sound acustico dei Madredeus, o se volete, prova incontestabile di un percorso artistico ed esistenziale. La cantante Teresa Salgueiro è poi irriconoscibile: cicciottella, impacciata, potrebbe somigliare alla ragazza fatta a forma di bignè di una canzone della mia infanzia se non fosse per l'abito scuro e lungo che indossa e che la fa sembrare in castigo, pronta per il convento... Tutt'altra donna rispetto all'affascinante popolana che è poi diventata...
In un'altra foto si vede il gruppo in azione durante le sessions di registrazione: Gli strumentisti sono seduti in ordine sparso dietro a Teresa, l'unica in piedi... Mi piace anche la "location" di quella foto: il "teatro iberico", (l'antica chiesa del convento Xabregas) che, se lo volete sapere, si trova a Lisbona nel quartiere, guarda caso, Madre De Deus... Quei cinque ragazzi vi si "rifugiarono" per dare forma musicale alle loro idee fisse. E di idee fisse dovevano averne parecchie, dato che il loro primo album uscì doppio... Non so a voi, ma a me tutto questo fa venire in mente certe storie semplici che mi sarebbe piaciuto vivere...
La musica del nucleo embrionale dei Madredeus è facile, pare niente di chè a un primo ascolto... Ogni strumento si accontenta del poco che gli compete, un momento funge da accompagnamento, in un altro espone il tema. Tutto parte dalla chitarra del Magalhães, non esattamente un fuori classe dello strumento, ma autore di tutti i testi e, insieme a Leão, delle musiche. Il violoncello di Francisco Ribeiro è particolarmente efficace nelle note lunghe e dolorose mentre la fisarmonica di Gabriel Gomes mi piace nei momenti briosi (strano a dirsi, ma ce ne sono...). Le tastiere del Leão invece si odono poco, se ne stanno in sottofondo per non disturbare, anche se ogni tanto si concedono una puntatina in superficie, quasi a dire "UHE'... CI SONO ANCH'IO!!!". I temi sono a volte placidi e calmi come una lentissima navigazione, a volte "urgenti" e e con fuoco come se fosse imminente il naufragio, in altri ancora semplicemente strazianti come quando ti tocca dire ormai è troppo tardi... Su tutto domina la voce di Teresa, la quale già a sedic'anni e nonostante le apparenze, sapeva il fatto suo...
"Montanhas" apre "Os Dias..." con la fisarmonica di Gomes sola protagonista. Una nenia languida che lascia il posto all'indolente stupore di "A Sombra", brano che nel ritornello provoca nell'ascoltatore addirittura un gaudio moderato (a noi piace così...). "Vaca De Fogos" è combattiva e intraprendente, come chi parte in svantaggio e gli tocca pedalare... Lo strumentale "Os Pàssaros Quando Morrem Caem No Ceu" è tanto luminoso quanto tetro e nebuloso è il pezzo che segue "Adeus... E Nem Voltei". "A Cantiga Do Campo" è la mia preferita: la disperazione vi incalza grazie al ritmo ternario (Zum-Pa-Pa, Zum-Pa-Pa, ecc...) mentre la voce della Salgueiro, la seziona, la analizza e te ne spiega i perchè e i percome... Concludo con "O Brasil" sorta di samba fadista o fado sambista, fate un po' voi...
Un lavoro pulito questo "Os Dias Da...", che lascia il segno. Mai un pugno nello stomaco, semmai un lamento continuo... Vattelapesca se questo è fado ("una ferita che canta" come l'ha definito qualcuno) ma i Madredeus non hanno (o meglio non avevano) nulla da invidiare ai fadisti, e soprattutto alle fadiste, del passato e del presente (anche se Dulce Pontes...).
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