Robert Reed è un multistrumentista e compositore inglese da lungo tempo dedito al progressive. Risale infatti al 1984, in pieno periodo di ascesa del new prog, la formazione dei Cyan, gruppo durato lo spazio di un demo e una manciata di concerti. Anni dopo Reed ha ripreso in mano le vecchie canzoni e ha trasformato il gruppo nel suo progetto solista suonando da solo quasi tutti gli strumenti e facendosi dare una mano da musicisti ospiti. L'esordio discografico dei Cyan risale al 1993 grazie alla SI Music con il disco "For King And Country" e da quel momento in poi le loro sorti sono state piuttosto alterne e legate al fallimento dell'etichetta olandese e alla nascita della F2 Records, loro attuale label. Dal punto di vista discografico si è comunque sempre assistito alla realizzazione di onesti album di tipico new prog inglese tra cui può essere segnalato, come vertice creativo, l'ottimo "The Creeping Vine" del 1999.
Il solo progetto Cyan non deve essere comunque abbastanza per soddisfare il buon Reed che già nel 1995 si concesse una divagazione entrando nel "supergruppo" Fyreworks con quali realizzò un ottimo album. I Magenta, qui al loro esordio, rappresentano dunque l'ultimo atto della gran voglia di suonare e comporre di Reed che in questo "Revolutions" si fa carico delle parti di chitarra, tastiera, basso e voce. Accanto a lui nel progetto sono Christina alla voce, Tim Robinson alla batteria più vari chitarristi ospiti per le parti soliste dei vari brani.
Il CD titilla l'appetito del prog fan fin dalla copertina, un po' in stile anni '70 e sulla quale spicca un logo di chiara ispirazione Yes che sembra appena uscito dalla penna di Roger Dean. L'acquolina in bocca continua ad aumentare osservando il retro del cd: l'eco degli antichi "oceani topografici" si trova infatti anche nella track list essendo presenti, nei 2 dischetti in cui è diviso l'album, 4 mega suite di durata variabile dai 19 fino ai quasi 25 minuti. Le due suite sono separate da brevissimi intermezzi di chitarra acustica e sul secondo dischetto c'è anche un terzo brano di circa 7 minuti.
Ma passiamo alla musica. Lo stile è un new prog di quelli buoni, per intenderci, caratterizzato da tutti gli stilemi propri del genere (che ormai saprete a memoria): ottime linee melodiche, raffinatissimi arrangiamenti, sognanti tappeti di tastiere, intermezzi di pianoforte, arpeggi di chitarra acustica, chitarre elettriche che tessono veri e propri arabeschi sonori e una grande, grandissima voce femminile che non può non far tornare alla mente l'immensa Annie Haslam (io che non sono un grande appassionato di voci femminili in ambito prog sono rimasto estasiato nell'ascoltarla). I riferimenti sonori sono anch'essi molto ben identificabili e vanno dai Genesis, ai Marillion, dagli Yes ai Renaissance e sono alle volte anche troppo espliciti con un paio di brevi sezioni, nella lunga "Man the machine" che ricordano in maniera quasi imbarazzante una certa "Apocalisse in 9/8" e una "Festa in Giardino" di marillioniana memoria.
Inutile dire che il CD sarà bersagliato dalle feroci critiche dei soliti "integralisti" del progressive sempre che trovino il tempo di farlo impegnati come sono ad addossare la colpa di tutte le sventure del progressive a Dream Theater e Spock's Beard. Per i meno intransigenti dico che ci troviamo di fronte ad un ottimo cd, una sorta di “Bignami” di 30 anni di rock progressivo, rievocato attraverso qualche scopiazzamento (in minima parte) ma soprattutto attraverso una sincera ispirazione ed ammirazione che spingono Reed a comporre nello stile dei suoi "maestri" tanto da fargli scrivere, all'interno del booklet, "ogni similitudine con band passate e presenti è completamente intenzionale".
A questo punto viene spontaneo chiedersi se non sia meglio ascoltarsi per la millesima volta "Foxtrot" piuttosto che questo "Revolutions". Può darsi, ma io personalmente, fermo l'amore immenso che nutro per i "mostri sacri" del genere, sento spesso il bisogno di ascoltare musica nuova che mi richiami in qualche modo quelle rimpiante sonorità. E se i Genesis non esistono più o fino a che calcavano le scene ci proponevano rova tipo "I Can Dance", allora ben vengano i Magenta e il loro "Revolutions". Non sarà una delle "rivoluzioni" che il titolo preannuncia ma almeno la magia del prog continua...
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