I Magma sono stati un gruppo I straordinario che ha profondamente rinnovato il linguaggio della musica rock. Il loro leader, il batterista Christian Vander, è una mente “visionaria”: influenzato da John Coltrane, Karl-Heinz Stockausen e Richard Wagner, ha inventato con i Magma una nuova lingua con tanto di sintassi ovvero il “kobaiano”, una sorta di esperanto per le generazioni future. Tutta l’epopea dei Magma è basata sulla saga fantascientifica del pianeta Kobaia, un luogo incontaminato e puro che simboleggia l’avverarsi dell’utopia del riscatto della razza umana, allontanatasi da una Terra ormai corrotta e senza speranza. Una saga mitica e mitologica lontana da qualsiasi tipo di kitsch. L’importanza del gruppo francese è enorme, in pratica i Magma hanno inventato lo “Zeuhl”, un termine kobaiano che identifica il loro stile e la scena progressiva francese e non che vi si è riconosciuta. Fanno parte dello “Zeuhl” gruppi importanti come gli Art Zoyd, gli Univers Zero, i Dun, gli Zao e, in Italia, i Runaway Totem e la Universal Totem Orchestra, autori quest’ultimi di un piccolo gioiello come “Rituale Alieno”. Dopo il primo album, l’omonimo e grandioso capolavoro “Magma” (1970), un concentrato esplosivo di jazz-rock e progressive. Il seguito “1001° Centigrades” (1971) e’ un’altra grande prova ma è con “Mekanïk Destruktïw Kommandöh” (1973) che i Magma pubblicano il loro capolavoro.
“Mekanïk Destruktïw Kommandöh” è un disco di senza tempo di una bellezza assoluta. Ci troviamo di fronte a una musica di una potenza e di un’originalità ancora oggi ineguagliate. In questo lavoro si avverte prepotentemente l’influenza del compositore Carl Orff. Non è un disco facile, soprattutto se paragonato al classico prog romantico, ma nondimeno è una sinfonia apocalittica e nera di portata epocale. Il concept è basato sempre sulle vicende dei kobaiani e su un oscuro messaggio da decifrare da parte di un santone. In pratica l’album è composto da un’unica e lunga suite, il terzo movimento del “Theusz Hamtaahk”, le cui prime 2 parti sono rinvenibili in “Tristan et Iseult”, lavoro solista di Vander, altra gemma di importanza capitale purtroppo non molto conosciuta, e in “Retrospektiwe 1&2”. La prima traccia, intitolata “Hortz fur dehn stekehn west” si caratterizza per un’atmosfera da incubo e per una forza devastante: la struttura è basata su un giro reiterato di piano su cui si stagliano delle voci mascihili inquietanti. Poi fanno l’ingresso le note potenti e guerresche dei fiati seguite dai cori femminili. Sembra di ascoltare una versione allucinata e satanica dei “Carmina Burana”. Tutto è avvolto da un’aura fosca che fa presagire l’imminente compiersi dell’Armageddon. In “Mekanïk Destruktïw Kommandöh” suona anche lo straordinario bassista Jannick Top, dotato di una tecnica innovativa come si può ascoltare nell’epica “Ima suri dundai”. Tutta la seconda facciata è all’insegna di una struttura compositiva minimale e rigorosa in cui prendono il sopravvento i cori femminili con la voce di Stella Vander in grande evidenza. Ha modo di farsi notare anche il chitarrista Brian Godding – ex membro degli psichedelici Blossom Toes, autore di assoli incisivi che donano ulteriori colori e sfumature al sound. Al termine dell’ascolto si è come storditi di fronte a tanta bellezza ultraterrena.
“Mekanïk Destruktïw Kommandöh” non ha perso ancora oggi nulla di tutta la sua carica sovversiva e innovativa ed è da considerare una fra le pietre miliari di tutta la musica.
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