La moda, una velata forma di dittatura

“Io non seguo la moda, ho uno stile mio, me ne frego di quello che dicono gli altri”. Questa frase si sente spesso e devo dire che mi suscita molta perplessità. Sei davvero sicuro/a di vestirti veramente come vuoi, senza condizionamenti esterni? Sei sicuro/a di essere veramente libero/a? Perché ad essere obiettivi non siamo mai stati veramente liberi di vestirci come cazzo ci pare, anzi, il più delle volte ci siamo vestiti perlopiù tutti uguali. L’abbigliamento dovrebbe essere una scelta personale, una conseguenza del nostro pensiero e delle nostre emozioni, dovrebbe dipendere solo da noi. Invece no, anziché educarci a seguire il nostro istinto e il nostro gusto personale il sistema ha sempre cercato di pilotare le nostre scelte stilistiche facendoci credere che esista un modo corretto di vestire e facendo sentire in colpa coloro che non vi si adeguano, per poi svegliarsi una mattina e decidere di cambiare le regole del gioco. Pensateci bene: ciascun decennio degli ultimi due secoli viene ricordato per una sua particolare estetica e per un suo determinato modo di vestire, per determinati capi iconici che più o meno tutti indossavano; si parla di “moda anni ‘60”, “moda anni ‘70”, “moda anni ‘80” e via dicendo. E questo cosa sta ad indicare? Semplicemente il fatto che non ci è mai stata concessa molta libertà di scelta, che non c’è mai stato davvero un culto dello stile personale.

Ogni santa stagione gli stilisti presentano le nuove collezioni indicandole genericamente con la stagione e l’anno di riferimento (es. “autunno/inverno” 2023/24). Già questo potrebbe nascondere un messaggio becero e consumistico: quei capi andranno indossati quella stagione e basta, dopo diventeranno ridicoli ed obsoleti, dovrete buttarli via, i vestiti hanno una scadenza esattamente come un cartone di latte. Poi però si aggiunge tutta la macchina mediatica, fra TV, riviste, fashion blogger, influencer e compagnia bella. Leggo spesso con interesse gli articoli web delle riviste di moda e non ho potuto non notare le espressioni persuasive utilizzate, quando scorro quelle righe sinceramente non mi sembra di leggere dei semplici consigli per gli acquisti, sembrano piuttosto dei tentativi di imposizione. Ad esempio ho notato un frequente utilizzo della parola “diktat”, oppure frasi del tipo “le scarpe che devi avere la prossima estate”, “queste sono le uniche gonne che vorremo indossare la prossima stagione”; in pratica secondo loro tu devi per forza indossare quel capo la prossima stagione, non è una scelta, lo chiamano “MUST di stagione”. Le influencer fanno praticamente la stessa cosa sui social, ogni tanto mi capita di imbattermi in qualche reel su Instagram in cui una ragazza che fino a ieri non sapevi chi cazzo fosse viene a recitarti il mantra su quali saranno le tendenze della prossima stagione, facendolo con un’enfasi vocale che di certo non passa inosservata, oppure fa un raffronto fra i futuri “trend” e “no trend”. Fanno la loro parte anche le esperte di stile in TV, quando cercano di vestire una persona o semplicemente di dare consigli lo fanno quasi sempre “secondo le tendenze del momento”, guai ad essere totalmente controcorrente. Non per ultimi i negozi, che quando pubblicizzano i nuovi arrivi sottolineano con grande enfasi il fatto che questi siano “molto di tendenza questa stagione”, guai a non esserlo, sai…

Ma a quanto pare non è tutto, la loro opera non è completa, oltre a decretare la tendenza del momento bisogna assolutamente distruggere e denigrare quella precedente. Mi è capitato di trovarmi di fronte ad articoli del tipo “Gli indumenti di cui devi assolutamente disfarti” o “Cosa non indossare più nell’anno …. per non sembrare ridicola”, come se improvvisamente si instaurasse un divieto morale di indossare un capo. In pratica non devono coesistere più mode diverse, opposte, contrastanti, se ne deve seguire una, per diversi anni si indossa solo quel tipo di indumento e il periodo successivo si indossa l’altro, una moda soppianta l’altra. Ci ricordiamo bene di quanto l’hanno menata Enzo Miccio e Carla Gozzi con il loro “Ma come ti vesti?!”, il loro lavoro di distruzione della personalità altrui in favore di un look a tutti i costi di tendenza e ordinario è vivo nei nostri ricordi.

Il tentativo di manipolazione però non è solo psicologico ma anche commerciale: l’indumento che viene declassato a “oggi improponibile” sparisce anche dagli scaffali dei negozi, diventa quasi introvabile, sostituito da quello che un manipolo di stilisti e addetti ai lavori ha decretato che in quel momento è “cool”; nei negozi trovi solo quello che è di moda, in pratica la gente è quasi costretta a vestirsi secondo i dettami della moda, quante volte ci siamo lamentati di non riuscire più a trovare cose che ci piacciono…

E la gente come reagisce a queste imposizioni? Solitamente non reagisce, semplicemente abbocca; lo fa perché non sa sviluppare una propria identità, un proprio gusto personale, non sa costruire un proprio io unico ed originale… ma soprattutto per paura di non essere accettata, di apparire sfigata; ha subìto un vero e proprio lavaggio del cervello, è stata portata davvero a credere che esista un solo modo di vestire, ed eccole tutte a comprare capi che schifavano fino all’altro ieri (come si spiegano le vie dello shopping strapiene appena arrivano i saldi? Dubito che non abbiano nulla da mettersi) e a relegare agli angoli più remoti dell’armadio capi che magari adorano (lamentandosi poi di non avere “nulla da mettere”, in realtà hanno semplicemente “paura di metterli”). Fateci caso, quando si scava nei ricordi di un determinato decennio è ricorrente il tormentone “Ma come cazzo ci vestivamo?!” oppure “Come cazzo abbiamo fatto ad indossare quelle robe lì?!”; e allora perché tutti si sono vestiti così? Semplice, un po’ per la non vastissima possibilità di scelta ma anche per una certa paura di essere radiati dalla società.

Il problema è che la gente non è solo vittima di questo meccanismo, anzi ne è perfino complice, spesso non si limita a subirlo, lo alimenta. Si è convinta che quello sia il modo di vestire e così sminuisce il diverso, lo ridicolizza anche se non con troppa cattiveria e in maniera non troppo esplicita; l’età adolescenziale è terreno molto fertile per questo fenomeno, quanti ragazzi lamentano angherie perché fisicamente diversi o per l’abbigliamento non conforme, secondo un’indagine più di un ragazzo su dieci considera sfigato chi non segue la moda, il 34% degli adolescenti sostengono l’importanza di seguire la moda, il 40% sceglie marche di tendenza. Ma non è che gli adulti si astengano da giudizi simili, è stato rilevato che le persone tendono a tenersi a distanza da persone con outfit decisamente datati o fuori moda. In generale ho notato che c’è sempre stato un certo stigma sociale verso il “fuori moda”, ciò che è ”out” o “datato” è sempre stato un più o meno rigoroso tabù, vestire indumenti passati di moda è sempre stato considerato ignobile, ridicolo, improponibile, praticamente come indossare un costume di carnevale... salvo poi tornare magicamente ad essere accettato sotto indicazione di qualche stilista illuminato che una mattina si è alzato e ha deciso che è “vintage”. Immaginiamo ad esempio di essere negli anni 2000, quelli dei jeans a vita bassissima, delle ballerine, delle giacche di jeans attillate, delle felpe Rams, delle Nike Silver, delle cinture con borchie e paillettes, degli occhiali da vista dal taglio piccolo; immaginate che una mattina degli anni 2000 una ragazza decida di andare in giro con un outfit clamorosamente anni ’80, con un jeans a vita alta, una giacca extralarge con spalline, una chioma vistosa e voluminosa e un paio di occhiali da vista enormi; o che nello stesso periodo un ragazzo si presenti con un pantalone a zampa, una camicia colorata, i capelli lunghi sulle spalle e delle scarpe a punta, come un disco dancer degli anni ’70: entrambi verrebbero immediatamente guardati con un occhio strano e pubblicamente ridicolizzati… e se la cosa avvenisse in una scuola questi potrebbero avere a che fare anche con delle angherie. A scuola da me c’era qualche metallaro o qualcuno con uno stile “suo”, ma per i comuni mortali erano semplicemente degli “alternativi del cazzo”, che spesso si costruivano la loro cerchia ristretta di contatti.

Possiamo quindi affermare che la moda è una velata forma di dittatura. Non una dittatura vera e propria, perché non implica nessuna costrizione di legge, non c’è nessuna imposizione di forza e non comporta alcuna aspra pena a chi va contro il sistema, è una dittatura più che altro psicologica, morale, fa credere alla popolazione di dover per forza tenere un determinato comportamento, con la differenza che in questo caso sarebbe molto facile ribellarsi senza prendere manganellate dalla polizia in piazza, basterebbe che il popolo si organizzasse e rifiutasse in massa certe imposizioni. Ma più che una dittatura la moda sembra una religione, ha proprio le sembianze di un credo organizzato e riconosciuto, per niente apocrifo; la moda è anch’essa fatta da precetti e dogmi, è una religione politeista che ha come dèi e profeti stilisti, influencer, personaggi dello spettacolo e santoni su TV e riviste, mentre i precetti consistono nell’adeguarsi alle tendenze e nel cambiare con loro; non seguirle è peccato, sarebbe come allontanarsi da Dio, indossare capi fuori moda è addirittura peggio, è come essere blasfemi. E se le religioni sono il frutto della paura della morte fisica la moda è il frutto della paura della morte sociale; la religione si segue ciecamente per sperare di non soccombere nell’aldilà, la moda invece si segue per sperare di non soccombere sulla terra. E la paura è così forte che spesso anche il non credente o il credente tiepido segue i precetti in maniera praticamente inconscia, proprio come nella religione.

La moda in ogni caso è un cancro da estirpare della società, porta tutta una serie di conseguenze negative. Ho già parlato del fast fashion e del suo impatto devastante sull’ambiente, se scegliessimo uno stile più personale, consolidato e duraturo il problema sarebbe forse di minor portata. Il peggio però si verifica a livello psicologico; la moda può rendere la gente insicura, alimentare il senso di inadeguatezza e la mancanza di autostima, la paura di non essere accettati può portare l’individuo ad una vera deriva psicologica; e anche fisica, quante ragazze giovanissime e meno si sono rovinate l’esistenza o sono cadute in anoressia per seguire quei fastidiosi dettami. La moda può creare divisioni fra gli individui, può creare rivalità fra chi è più “figo” e chi più “sfigato”, la moda non unisce, divide. La moda crea tremendi stereotipi che finiscono per radicarsi nella società e relegare al margine determinati individui. La moda crea inoltre una società dell’apparire, in cui si afferma la convinzione che il contenitore sia più importante del contenuto, che il modaiolo sia più interessante del professore pazzo dall’aspetto trasandato, quando poi basta parlare con entrambe le persone ed accorgersi del contrario; perché chi segue la moda probabilmente è una persona che non ha idee sue e quindi sceglie di percorrere sentieri già ampiamente battuti. La moda inoltre accresce il culto dell’uso e getta, infonde quella mentalità secondo la quale nulla deve durare per sempre, nulla deve restare, tutto deve fare i suoi tempi ed essere poi sostituito, essere usato e poi distrutto e rinnegato. Ma soprattutto la moda rende la società tremendamente piatta e ripetitiva, annulla la personalità degli individui e la gente diventa tristemente tutta uguale, non stimola più la voglia di scoperta e di conoscenza, non capisco cosa ci si trovi di divertente nell’andare nei luoghi della socialità e vedere gente tutta uguale, che noia e che tristezza! A me piacerebbe andare in una piazza affollata e vedere la pin up anni ’50, il paninaro anni ’80, il pigoldino anni 2000, il metallaro, il punk, o anche quello che con nonchalance mescola gli stili a proprio piacimento (e non riderei nemmeno se vedessi anche il signore dell’ottocento e la maschera di carnevale), e mi piacerebbe che questi venissero visti come persone libere e creative anziché come ridicole e démodé; mi piacerebbe che una volta per tutte si smettesse di parlare di “moda” e si parlasse solo di “stile”, un qualcosa che ognuno crea per sé e che va sempre bene in qualsiasi epoca.

Ad essere sincero le persone che fanno più ridere sono proprio quelle più “trendy” o che tentano di esserlo! Perché ogni loro manifestazione non è spontanea, è una forzatura, lottano contro un nemico inesistente e contro loro stesse, contro la loro libertà, compiono uno sforzo che non porta a nessuna ricompensa ma solo all’illusione di essere ammesse in un regno dei cieli che in realtà non esiste, corrono alla ricerca di qualcosa ma nemmeno loro sanno cosa… e tutto questo fa ridere! Quando indossano i loro fighissimi abiti guardandosi allo specchio non si stanno vestendo, si stanno travestendo, perché non si stanno vestendo da “loro stesse” ma stanno impersonando qualcun altro, e l’effetto non può che essere assolutamente buffo!

Tuttavia c’è da dire che forse, ma proprio FORSE, le cose stanno cambiando: siamo nell’epoca in cui si stanno sfatando molti tabù, in cui più o meno tutto è possibile, in cui si pesca liberamente da qualsiasi epoca e ci sono numerose manifestazioni di revival, in cui si cerca di combattere le discriminazioni contro chi è “diverso” dagli altri, in cui si ribadisce più spesso l’importanza di essere sé stessi, in cui il mondo si presenta almeno sulla carta più inclusivo e aperto a una vasta gamma di modelli; sembrerebbe che la scelta di avere un proprio stile oggi sia decisamente più accettata che in passato, su Instagram si vede un po’ di tutto, anche se i pregiudizi non sono stati del tutto sconfitti. Io personalmente consiglierei a chiunque di fare di testa propria e di non avere paura né di sembrare fuori moda e né di sembrare ridicoli… nemmeno di sembrare carnevaleschi! Ricordatevi che il carnevale non è la festa in cui ci si mette in maschera ma quella in cui si tolgono le maschere che solitamente si indossano durante la vita; e che l’unico modo veramente ridicolo di vestirsi è quando si cerca in maniera rigorosa e convinta di seguire la moda!


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