Enigmatico

Il gruppo che si pone delle domande complesse.

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A PERFECT CIRCLE - MER DE NOMS / FULL ALBUM

A̲ P̲e̲r̲fect C̲i̲rcle - Thirteen Step (Full Album)

Allora, ci sono dischi molto ma molto belli , poi ci sono quelli che ti si appiccicano addosso, nelle ossa, sotto la pelle in profondità.

Gli APC sono per me il gruppo della mutazione, della scoperta, della distanza. Giudico questi dischi due capolavori. Niente a che vedere con i TOOL ma sicuramente e fortemente appiccicosi.
L'enigma e il trait d'union dove stanno? In Maynard James Keenan perchè lui con quella voce ti scava a fondo, ti fa sentire femminina, desiderabile, sanguigna... quando alza il tono e quando sussurra ti vibra addosso!
Non un pezzo sbagliato in questi due dischi, due veri side project perfetti.

Era il 2003 Io, il mio ex, G e Turkish e Frantz eravamo al bar del Velvet di Rimini. La prima volta che ci vedevamo, tutti!!!

Dopo qualche birra parole poche e tanta meraviglia dovrebbe esserci anche una recensione di Turkish a riguardo.

Ricordo poco di quella sera, la stretta da dietro del mio ex, quella che non ho e non avrò più e che allora era scontata!!!
Franco B̰a̰t̰t̰ḭa̰t̰o̰ - La v̰o̰c̰ḛ ̰d̰ḛl̰ Padrone Full Album 1981 HQ
Allora, io ero molto giovane ma quella cassettina nel maggiolone di mio padre la mandavo avanti e indietro in continuazione.
In quella "Summer on a solitary beach" nei bar, nelle case, alle feste, non si ascoltava altro. Anche la mia vicina democristiana sapeva il disco tutto a memoria.
Il genio, enigmatico, come prima traccia, ti pennella una spiaggia tropicale, te ne fa sentire il rumore delle onde, la consistenza della sabbia, l'eco di un cinema all'aperto,
ma vuole anche annegare. (Parlare di suicidio in quegli anni era un tabù e lui lo ruppe così come se nulla fosse.)

Ciao Franco, ci hai lasciato tanti enigmi: una bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù.
capitani coraggiosi, raccogliere ortiche, la musica contemporanea che ti buttava giù..... perchè la tua era altro, era futurismo, era il manifesto di uno dei più bei dischi della storia italiana. Hai sempre saputo di essere un genio ed anche tu sei ormai nella sfera della musica classica del novecento.
HVOB - Bruise
Suggerimento di Musicanidi di alcuni anni fa... quando ho bisogno di sentirmi "viva", lo metto e funziona!
Cosa c'è di enigmatico? Quando Battiato sosteneva che "i desideri non invecchiano quasi mai con l'età" non capivo!
E' un enigma e una una grande verità!
Mi abbandono a questa danza su tutto e tutti!!!
Gran sito! Prezioso!
"Pan Copulating with a Goat" è un'antica scultura che è stata trovata a Pompei.

Era una delle numerose statue sessuali di un'antica collezione erotica romana trovata lì.

Una delle opere d'arte più amate di Napoli, questa scultura erotica ha richiesto avvertimenti di supervisione dei genitori quando si è recata nel Regno Unito alcuni anni fa per l'Esposizione di Pompei al British Museum.

L'opera d'arte ritrae Pan, una selvaggia divinità della natura ellenica, impegnata in attività sessuali con una capra.

Pan è un ibrido mezzo uomo e mezzo capra noto nella mitologia elleno-romana come una delle divinità della natura note per la sua abilità sessuale e come simbolo di fertilità.

I romani spesso mostravano statue falliche nelle loro case perché pensavano che potessero portare fortuna, quindi quando una scultura di Pan veniva mostrata mentre faceva sesso con una capra, non era vista come strana o strana perché era il simbolo di certe credenze.

Pan era il protettore della campagna, delle foreste e il dio della natura selvaggia, dei pastori e delle greggi nella mitologia Ηellenica.

Pan era indicato come Fauno nella mitologia romana ed era collegato a concetti simili agli Elleni.

Pan era visto come una rappresentazione della creazione, dell'abbondanza e della frontiera selvaggia sia nella mitologia Ηellenica che in quella romana.
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"Pan che si accoppia con una capra" (I secolo a.C. circa) di Unknown - Artista sconosciuto
Completamento dati c.ca I secolo a.C. Marmo Medio
Ubicazione Villa dei Papiri, Ercolano, Pompei, Italia.

Quando visiterai la Villa dei Papiri chiudi gli occhi.

È peccato
(liberamente tradotto dall'inglese)

#chiaroscuro
Moretti-Jarret
1993, al cinema col primo amore, io 22 lui 33 innamorati persi. Parte questo pezzo che non sapevo di chi fosse. Anni dopo capii che si trattava del Concerto di Colonia di Jarrett, disco top collezione. Quindi Moretti riesce a mettere una sorta di colonna sonora/marcia funebre al suo "viaggio" verso il luogo dove avevano trovato morto Pasolini.
Al di là di tutto complimenti per la nuova impaginazione (a cui ci vorrà del tempo per abituarmi allo shock...) e cosa c'è di meglio per inaugurarla di un bel dipinto di Anna Silivonchik?
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Anna Silivonchik è nata a Homel in Bielorussiaha, ha 43 anni.
Diciannovenne si laureò c/o il Belarusian College of Arts. Minsk, Bielorussia e nel 2007 si diplomò all'Accademia d'Arte Bielorussa nel Dipartimento di Pittura a Minsk.
#chiaroscuro
Rebus scazzatissimo - album italiano n.23
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un po' na cagato lo so, ma ce l'avevo li, quindi ...
Ancuo ghe xè caigo ma ieri almanco a Venessia che gera un fiantin de sol par sugar ea roba...
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Da fondamenta dea Sensa, vardando verso fondamenta Labia a
Cannaregio
.:. Alessandro Baricco ricorda Carmelo Bene .:.

Me l'ero immaginato definitivamente ingoiato da una vita quotidiana inimmaginabile, e triturata dal suo stesso genio, portato via su galassie tutte sue, a doppiare pianeti che sapeva solo lui.

Perduto, insomma.

Poi ha iniziato a girare con questo suo spettacolo anomalo, una lettura dei "Canti Orfici" di Dino Campana.

L'ho mancato per un pelo un sacco di volte, e alla fine ci sono riuscito a trovarmi una poltrona, in un teatro, con davanti Lui.

A Napoli, all'Augusteo.

Scena buia, solo un leggio.

Lui, lì, con una fascia sulla fronte alla McEnroe, e dei segni di cerone bianco sotto gli occhi.

Un microfono davanti alla bocca, e una luce addosso.

Cinquanta minuti, non di più.

Non so gli altri: ma io me li ricorderò finché campo.

Non è che si possa scrivere quel che ho sentito.

Né cosa, precisamente, lui faccia con la sua voce e quelle parole non sue.

Dire che legge è ridicolo.

Lui diventa quelle parole, e quelle non sono più parole, ma voce, e suono che accade diventa ciò-che-accade, e dunque tutto, e il resto non è più niente.

Quando sono uscito non avrei saputo dire cosa quei testi dicevano.

Il fatto è che nell'istante in cui Carmelo Bene pronuncia un parola, in quell'istante, tu sai cosa vuol dire: un istante dopo non lo sai più.

Così il significato del testo è una cosa che percepisci, si, ma nella forma aerea di una sparizione, senti il frullare delle ali, ma l'uccello non lo vedi: volato via, così, di continuo, ossessivamente, ad ogni parola.

E allora non so gli altri, ma io ho capito quel che non avevo mai capito, e cioè che il senso, nella poesia, è un'apparizione che scompare.

Se senti Carmelo Bene capisci che il suono non è un'altra cosa dal senso, ma la sua stagione estrema, il suo ultimo pezzo, la sua necessaria eclisse.

Ho sempre odiato, istintivamente, le poesie in cui non si capisce niente, neanche di cosa si parla.

Quel che bisognerebbe saper scrivere sono parole che hanno un senso percepibile fino all'istante in cui le pronunci, e allora diventano suono, e allora, solo allora, il senso sparisce.

Tu senti Carmelo Bene e il poeta sparisce, non esprime e comunica niente, l'attore sparisce, non esprime e comunica niente: sono sponde di un biliardo in cui va la biglia del linguaggio a tracciare traiettorie che disegnano figure sonore: e quelle figure, sono icone dell'umano.

Non spiega quasi nulla, Carmelo Bene, durante lo spettacolo.

E quando lo fa lascia il segno.

Dice: leggere è un modo di dimenticare.

L'avevo anche già sentita: ma è lì, che l'ho capita. Scrivere e leggere stretti in un unico gesto di sparizione, di commiato.

Allora ho pensato che poi uno nella vita scrive tante cose, e molte sono normali: cioè raccontano o spiegano, e va bene così, è comunque una cosa bella, scrivere.

Però sarebbe meraviglioso una volta, almeno una volta, riuscire a scrivere qualcosa, anche una pa
"L'angelo sterminatore" (El àngel exterminador) di Luis Buñuel, Messico 1962 - Drammatico 95' - b/n

"L'angelo sterminatore" che sia una parabola della condizione umana?

Luis Buñuel: "Sulla condizione borghese, meglio.

Fra operai non sarebbe la stessa cosa, sicuramente ci sarebbe una soluzione all'essere rinchiusi.

Per esempio, in un quartiere operaio un uomo battezza sua figlia, riceve 50 amici per una festa e alla fine non possono uscire...

Io credo che in qualche modo troverebbero l'uscita.

Perché?

Perché un operaio è più abituato alle difficoltà concrete della vita."

"L'angelo sterminatore", titolo che Buñuel rubò ad un amico che ne stava scrivendo una commedia e che, a sua volta, l'aveva mutuato dalla Bibbia (Apocalisse), inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi "Los naufragos de la calle de la Providencia".

Probabilmente, si tratta dell'opera più esplicita del regista spagnolo.

Un film "senza significati", come una didascalia iniziale inserita in alcune edizioni (francese e italiana) tiene a ribadire Buñuel, "Se il film che state per vedere vi sembra enigmatico, o incongruo, anche la vita lo è.

È ripetitivo come la vita e, come essa, soggetto a molte interpretazioni."

Buñuel dichiara di non aver voluto giocare su alcun simbolo, almeno coscientemente.

Forse la migliore spiegazione per "L'angelo sterminatore" è che non ce n'è nessuna.

"Qualche volta mi rammarico di aver girato "L'angelo sterminatore" in Messico", afferma Buñuel, "Lo avrei immaginato meglio a Parigi o a Londra, con attori europei ed un certo lusso negli abiti e negli accessori.

A Città del Messico, malgrado la bellezza della casa, malgrado tutti i miei sforzi per scegliere attori che non ricordassero il Messico e basta, ho dovuto affrontare una certa miseria in fatto di qualità.

Mostrando solo un tovagliolo, per esempio, che poi apparteneva alla truccatrice che me l'aveva prestato.

Nella vita come nei film, sono sempre stato attirato dalle cose che si ripetono.

Non so perché e non cerco di spiegarmelo.

Nel "L'angelo sterminatore" ci sono almeno una decina di ripetizioni.

Per esempio due uomini che qualcuno presenta e che si stringono la mano dicendo: 'Felicissimo'.

Un attimo dopo si incontrano e si presentano di nuovo come se non si conoscessero affatto.

Una terza volta infine si salutano calorosamente come due vecchi amici.

A due riprese, ma sotto un'angolatura diversa, si vedono gli invitati entrare nell'atrio e il padrone di casa chiamare il maggiordomo.

Finito il montaggio, Gabriel Figueroa (il capo operatore e fotografo), mi prese in disparte e mi disse: 'Louis, è successo qualcosa di grave'.

'Cosa?'.

'La sequenza di quando entrano in casa è stata montata due volte'.

Come ha potuto pensare, anche per un attimo, proprio lui, che aveva girato le due sequenze, che uno strafalcione del genere fosse potuto sfuggire al montatore e a me stesso?

"L'angelo sterminatore" è uno
Ho appena aperto questo libro e non so bene a cosa andrò incontro davvero ma mi sebro parecchio stimolante e niente...

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I Greci dicevano che la piú grande fortuna che possa capitare a un uomo è non essere nato.
Siamo stati scalognati. (Louis Wolfson)
Non possono farmi santa perché
ho sempre in mano
l'arma del desiderio.

Alda Merini, da "La vita facile"
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Quella scansafatiche di mia nipote col suo iPhone con un selfie oggi m'ha trasformato in una bionda ultrasessantenne e gnente...