Se vi piace il Death Metal, non possono non piacervi i Malevolent Creation. “The Ten Commandments” è l’album che segna ufficialmente il debutto musicale del quintetto. E che debutto!

Prima di tutto occorre però chiarire un paio di cose: la prima è che siamo a Tampa,in Florida, la Terra del Death Metal, nel prospero anno di (s) grazia 1991, con tutte le conseguenze ed importanti eventi musicali che ogni deathster dovrebbe conoscere; la seconda cosa è che non siamo di fronte ad un gruppetto d’adolescenti incazzati e incapaci, ma siamo di fronte ai Malevolent Creation, tuttora considerati storia e leggenda del Death Metal, che con questo debut album segnano quello che probabilmente sarebbe stato considerato unanimemente l’episodio più felice e ispirato della loro carriera, insieme all’eccellente “The Will To Kill”.

Mentre solitamente, per quanto riguarda il debut album, si va incontro alla band, che solitamente presenta più influenze esterne di quante dovrebbero essercene e presenta un songwriting poco originale, per i Malevolent si fa una piacevole eccezione (oddio, i primi Morbid Angel e Slayer appaiono a sprazzi qua e là, ma niente di troppo influente), poiché il geniale chitarrista “italiano” Phil Fasciana, scrittore di tutti i riffs dell’album, è più ispirato che mai e seriamente intenzionato a far vedere a tutti che solitamente nel panorama Death Metal sono fortemente critici verso i “pivelli”,che il suo gruppo ha i controcazzi e vuol segnare con quest’album la sua prima comparsa e contemporaneamente conferma all’interno del panorama del Metallus Mortis.

Lo stile nel songwriting è particolarissimo e originalissimo, parti di velocità pura che sanno molto di Thrash si alternano a mid tempos più lenti e ben caratterizzati, grazie ad un buon batterista, Mark Simpson,che viene prontamente accompagnato da un bassista, Jason Blachowicz, che, nonostante suoni col plettro (e solo questo tende a screditarlo), sa la sua in materia, seguendo i riffs velocissimi eseguiti a velocità supersoniche dal “muro di suono” Fasciana/Juszkiewicz. Il cantante Bret Hoffman (sarà parente delle asce dei Deicide?Mah) sorvola il paesaggio con la sua voce particolarissima,che tende a spiazzare i deathsters più accaniti per la mancanza di un growl vero e proprio, essendo più orientata ad uno “screaming cupo” (scusate l’ossimoro,ma on saprei come altro definirla!) anziché ad una voce bassa, monotono e cavernosa.

La voce, appunto: è meno “pesante” rispetto a quella degli altri mostri sacri del genere (Death, Morbid Angel, Sepultura, Cannibal Corpse, Deicide, Suffocation et similia) ed è proprio per questo che l’album risulta assai più digeribile e leggero delle altre uscite contemporanee in ambito Death.
La produzione è semplicemente perfetta anche se leggermente incentrata sulle chitarre e sulla voce, non a caso eseguita dal maestro assoluto Scott Burns, garanzia di qualità, pulizia dei suoni e basso, quando non più udibile delle chitarre, almeno molto più che percepibile (Scotty è l’unico a capire quanto sia importante questo strumento per ottenere un suono completo, rotondo e compatto in ambito Death Metal).

I dieci pezzi/comandamenti contenuti qui dentro sono autentici inni al Death Metal nonché pezzi storici della band che ancora oggi figurano in bella vista nelle scalette live del gruppo, dall’oscura opener “Memorial Arrangements” alla storica “Premature Burial”, fino all’ultima, conclusiva title-track del gruppo, ”Malevolent Creation”, passando per capolavori quali “Remnants Of Withered Decay”, ”Multiple Stab Wounds”, ”Thou Shall Kill!” e ”Decadence Within”, tanto per elencare le migliori, ma non aspettatevi cali di qualità: non c’è un minimo segno di cedimento o calo fino a quando le note di “Malevolent Creation” si spegneranno progressivamente nelle vostre soddisfatte orecchie.

Capolavoro, insomma, ma anche manifesto del Death Metal meno “spaccatutto” e growler: ed è proprio per questo che mi sento di consigliare questo lavoro anche a chi non è avvezzo al genere, che, dopo essersi fatto il “callo” al timpano, potrà passare a sonorità notevolmente più pesanti, violente e meno assimilabili (leggesi: Cannibal Corpse…).

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