“Il secondo album è sempre il più difficile, nella carriera di un’artista”. Lo cantava il buon Caparezza ne “Il Secondo Secondo Me” ed è un’incontestabile verità.
Dopo il grande successo del disco di debutto “Mammoth WVH” (vedi mia recensione), Wolfgang “Wolfie” Van Halen, figlio del grande, compianto, Eddie Van Halen, ci ha riprovato, a distanza di esattamente due anni.
Dopo aver alleggerito il peso della sua eredità artistica e aver trasformato la sofferenza per la scomparsa del padre in consapevolezza e motivazione, Wolfgang ha deciso di dimostrare di essere ulteriormente cresciuto. Con risultati molto soddisfacenti, è bene dirlo fin da subito.
Si è occupato come sempre da solo della composizione e stesura dei brani, neanche si trattasse di una one man band (o di Dave Grohl), affidando la produzione a Michael “Elvis” Baskette e la pubblicazione alla BMG Records.
Le registrazioni sono state effettuate anche in questa seconda occasione (e non potrebbe essere altrimenti) presso i mitici 5150 Studios di Los Angeles, al 3371 di Coldwater Canyon, dove sono nati tutti i lavori dei Van Halen a partire dal 1984 e dall’omonimo album (“1984”, per l’appunto).
Il sound delle dieci tracce strizza l’occhio al rock di inizio millennio ma senza alcun ingiallimento e tanta freschezza. Il polistrumentista Wolfgang, che non manca mai di mostrare la propria umiltà ad ogni intervista, non può evitare di dimostrare di essere diventato davvero “grande”, in un mondo di grandi.
Lo capiamo fin da subito con l’opening “Right?”, che brucia le tappe, saltando il riscaldamento. Ottave già pronte per le alte quote e hard rock coinvolgente, aprono le danze. Ci vuole poco per ricordarsi quanto sia alto il livello compositivo dei pezzi dei Mammooth WVH e la consapevolezza aumenta con il passare dei minuti.
“Like a Pastime”, “Miles Above Me”, “Erase Me”e “I’m Alright” sono rock allo stato puro, pezzi frizzanti, con ritornelli che non escono facilmente dalla testa. “Waiting” è la classica ballata piena di emozione, impregnata di malinconia, adatta ad essere dedicata a chi amiamo.
Memorabile “Another Celebration at the End of the World”, primo singolo rilasciato dalla band, marcatamente influenzato da riff anni Ottanta. La potenza pervade l’intero brano, dalle corde alla batteria, fino alla voce; si arriva addirittura a uno splendido assolo in tapping (evidente omaggio a papà Eddie), per chiudere con il fiatone e tanta adrenalina in corpo.
Ma è con “Optimist” che è più evidente la crescita e il cambiamento. Il sound si appesantisce e graffia. Il groove richiama i primi Alter Bridge e i riff, come è successo per il disco d’esordio, rimandano immediatamente all’esperienza passata con la band di Mark Tremonti (Tremonti Project).
“Take a Bow” diventa un capitolo a parte. Per registrarla, Wolfgang ha impugnato la mitica “Frankenstrat” (Frankenstein+Stratocaster) rossa, bianca e nera di Eddie. È la traccia più lunga della discografia della band, con i suoi sette minuti ed anche la più emozionante. Seconda soltanto a “Distance”, è una dedica sentita a un padre straordinario, una sorta di album dei ricordi impreziosito dall’impronta musicale di Wolfgang.
La chiusura è affidata alla mid tempo “Better Than You”, forse la traccia meno esaltante, che però va ad archiviare un lavoro davvero ben fatto.
I testi di buona parte della tracklist rimandano a una sorta di colloquio interiore. Chi canta mette l’ego in secondo piano, dimostrando di voler raggiungere gli obiettivi senza fretta e arroganza. Evitando di delegare il tutto a un nome altisonante o a un glorioso passato.
“Mammooth” era il nome scelto da Eddie e Alex prima che la band si chiamasse “Van Halen” (il cambio fu suggerito da David Lee Roth). Un nome rimasto dentro una dorata scatola dei ricordi, che il piccolo Wolfgang non vedeva l’ora di aprire.
Quel nome impregnato di motivazione e orgoglio e un acronimo ad accompagnarlo, sono sinonimo di riconoscenza, amore e umiltà, tenuti insieme da tanta ambizione.
Wolfgang Van Halen è questo: un giovane artista, forse troppo umile, in un mondo che deve essere affrontato in balia del giudizio degli altri. Un giovane che è senz’altro un esempio e un punto di riferimento per le nuove leve del rock.
Si è sempre figli di qualcuno ma se si è figli dell’arte, l’eredità diviene un privilegio.
Bravo Wolfie, papà sarà senz’altro orgoglioso.
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