Philadelphia, 1969...
Leggera ipnosi percussiva, melodia estatica con lievi riverberi e ancor più lievi increspature e dissonanze...
E il crescendo di un caos cristallino quasi ci trovassimo di fronte a una versione ultraterrena (o angelicata) dei Velvet...
E anche qualcosa tipo Spacemen 3, suggerisce qualcuno, oh si, ma come se i suddetti uomini spaziali venissero da una comunità esoterica persa nello spazio e nel tempo...
Tutto ciò nella traccia due.
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Quel che accade dopo è irraccontabile, o quasi...
Oscure (anche se chiarissime) Oscure (proprio perché chiarissime), ma oscure cosa?
Ah si, oscure ballate inframezzate a ogni sorta di bizzarria: scampoli di Medioevo mistico, esercizi di crooning sognante, numeri avantgarde, cori da soundtrack horror....
E persino canzoni normali, anche se un attimo prima della deflagrazione...
Tra psichedelia, folk e oscuro progressive..
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“Un mondo di velluto”, dice una pagina in rete. Un mondo per me, ho pensato io, soprattutto nella traccia due, quella che ho descritto (malamente) all'inizio...
Avete presente la musica che risuona all'ingresso della vostra personale Shangri-Là? Ecco una cosa del genere...
Andante/soave, soave/andante... con un di più di leggera inquietudine...
Che l'inquietudine non va mai taciuta, anche nel tuo cazzo di mondo ideale...
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E non fa niente se in questo disco a volte si stroppia...
A chi s'avventura, stroppiare succede...
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