Definire un gruppo come i Manowar al giorno d'oggi è più difficile di quanto si pensi. Ma l'agettivo che mi balza subito in mente è inconcludenti. Ascoltando le ultime uscite del gruppo americano si riesce a capire di quanto vuota sia la loro musica, si capisce che le idee sono finite, e che i fasti di un tempo ormai se ne sono andati da più di 15 anni. Se nei primi anni 80' i Manowar erano conosciuti, e giustamente riconosciuti, come uno dei principali gruppi che ha portato il genere Epic ad avere una certa popolarità, negli anni 2000 il quartetto capitanato da Joey Demaio ha perso totalmente l'attitudine e la potenza che li aveva contraddistinti negli esordi.

Va detto che per ogni gruppo esistente vi sarà sempre quella schiera di fan irriducibili, che giudicheranno come oro colato tutto quello che la loro band del cuore propinerà loro, e che non saranno in grado di accettare la minima critica. Bene, per i Manowar questo concetto deve essere ulteriormente ampliato. Strafottenza, totale fiducia verso di loro, e ammirazione, questo dichiarono i fan di questo gruppo di avere verso di loro. Sarebbe anche una scleta da acclamare, ma io la chiamo mancanza di oggettività. Il lavoro, passatemi il termine, di un fan non è poi questo? Ascoltare il prodotto di una band, e giudicarlo in modo oggettivo? O è meglio fregarsene della qualità e accogliere queste uscite a braccia aperte?

Troppe, troppe idee sono andate a consumarsi negli anni in casa Manowar. Domandiamoci per un attimo il perchè questi ultimi abbiano rilasciato solo 3 album dal 2000 fino ad oggi. Tempo per proporre uscite discografiche degne di questo nome? No, per niente. Se il più che sufficiente "Warriors Of The World" (2002) aveva ben fatto sperare, il fin troppo pomposo e ambizioso "Gods Of War" (2007) era riuscito invece a far venire in mente più dubbi che speranze. Inizialmente, "Gods Of War" doveva essere il primo episodio di una trilogia basata sulla mitologia Nordica, ma la precoce scompara del batterista Scott Columbus aveva interrotto tutti i piani. E così arriviamo nel 2012, con "The Lord Of Steel", l'album pù discusso e criticato del gruppo fino ad oggi. Produzione al limite della decenza, suoni non bilanciati con la totale assenza (o quasi) delle chitarre, canzoni scialbe, vuote, e un songwriting bambinesco e assolutamente nonaccettabile per una band che è in giro da più di 30 anni ed è conosciuta oer aver gettato le basi del genere Epic. La scelta più sbagliata che potessero fare dopo la pubblicazione di questo disco? Un live album.

Detto fatto, nel 2013 esce "The Lord Of Steel - Live", un mini EP che raccoglie 6 canzoni, 5 delle quali estratte da "The Lord Of Steel", registrate durante il tour mondiale. Il risultato, dispiace dirlo, è pessimo. Cosa ha portato Demaio a pensare che se nella versione studio le tracce erano apparse piatte e senza un'anima, in sede live sarebbe andata meglio? Tanti sono i punti a sfavore, primo fra tutti Eric Adams. Capisco che a 60 anni suonati sia praticamente impossibile cantare come quando si è giovani, ma fa piangere il cuore sentire come la voce di questo eccelso performer si sia ridotta. Tonalità costantemente basse, quasi roche e sussurrate, scream ridotti all'osso, e troppi passaggi in cui sembra non avere voce e prenda tempo per respirare, basta ascoltare "Expendable" o "El Gringo" per verificare. Continuiamo. Sezone ritmica inesistente, con il solo basso di Demaio amplificato a livelli eccessivi a dettar legge, e con gli assoli di Logan appena percepibli, come capita in "Manowarriors", e a tutto ciò va aggiunto che le reazioni del pubblico sono state completamente ritoccate in studio. L'unica cosa che salvo è il lavoro svolto dietro le pelli da Donnie Hamzik, prova che almeno le canzoni in "The Lord Of Steel" non erano state fatte con una drum machine. Aggiungiamoci però il fatto che questo mini live è presentato da una copertina orribile, e ci rendiamo conto dell'inutilità di questo prodotto.

Sarà poi una combinazione che i Manowar si trovino nella stessa situazione dei Virgin Steele, altro gruppo che sul finire degli anni 80'/inizio 90' si trovava a vivere il suo punto di maggior popolarità, ossia con album in cui le chitarre sembrano essere sparite e con l'egocentrismo del leader a farla da padrone? "The Lord Of Steel - Live" è un prodotto che non consiglierei a nessuno, specialmente a chi è, o è stato fan della band americana. Troppi gli errori, e troppo evidente è la mancanza di idee. Ciò che rimane oggi di quella band che anni fa faceva uscire album come "Into Glory Ride", "Hail To England", o "The Triumph Of Steel" è ben poco. Quello che abbiamo è, purtroppo, un gruppo finto e incapace, dedito solo al bussiness,e che ha voltato per sempre le spalle alla musica fatta con la passione e con la consapevolezza.

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