Il settantatreesimo Festival di Sanremo si è appena concluso con la vittoria di Marco Mengoni, cantante viterbese lanciato da X-Factor che aveva già trionfato nel 2013 con "L'essenziale", brano simile a quello con cui il nostro si è piazzato al primo posto nel 2023, un concentrato di urla e paturnie amorose non particolarmente gradito dal sottoscritto.

Sulla kermesse canora della scorsa settimana si sono già versati litri di inchiostro, spesi per analizzare minuziosamente il raptus antofobo di Blanco, il livello di demenza senile raggiunto da Ornella Vanoni o le stecche lancinanti di Roby Facchinetti. Mi sembra più interessante ricordare che trent'anni fa circa si svolgeva il quarantatreesimo Festival della canzone italiana, tenutosi nella città dei fiori dal 23 al 27 febbraio 1993 e condotto dal mitologico Pippo Baudo, una sorta di semidio siculo con i capelli tinti di nero corvino e accompagnato per l'occasione dall'amatissima Lorella Cuccarini (a essere sincero preferivo Claudia Koll prima della crisi mistica, ma ognuno ha i suoi rispettabili gusti).

Il Sanremo del 1993 viene ricordato non solo per la vittoria di Enrico Ruggeri con "Mistero", ma anche per la presenza di alcuni pezzi entrati di fisso nella storia del trash italiano, come il pastrocchio reazionario di "In te", proposto da un giovane Nek (che all'epoca sfoggiava una chioma fluente degna di Lorenzo Lamas), e la delirante "Caramella" di Leo Leandro, già recensita su questi lidi.

Tra i personaggi più clamorosi di quell'edizione è impossibile dimenticare Maria Grazia Impero, sgangherata rocker di Calangianus inserita nel carrozzone delle nuove proposte (ai tempi la competizione era divisa tra esordienti e big, prima che qualche anima pia decidesse di far partecipare al Festival solo i primi sei finalisti di Sanremo Giovani, risparmiando ulteriori tormenti al pubblico dell'Ariston).

Il compito di Maria Grazia si rivela fin da subito difficile, poiché la giovane cantante sarda decide di portare il rock su un palco ingessato come quello sanremese, tradizionalmente legato alla classica melodia all'italiana; compito reso ancora più difficile dalla direzione artistica di Pippo Baudo, non proprio in linea con le ultime tendenze e tutta presa dal tentativo di ridare lustro a una competizione che, dopo un decennio di esibizioni in playback e orribili loghi al neon con abbinamenti al concorso a premi Totip, era sul punto di esalare l'ultimo respiro.

Va detto che i tempi erano diversi e il trionfo dei Måneskin con "Zitti e buoni" ancora lontanissimo, tuttavia Maria Grazia riesce a metterci del suo regalandoci una performance iconica, che non esiterei a definire memorabile.

Procediamo con ordine. La misconosciuta interprete proveniente dalla provincia di Sassari porta a Sanremo "Tu con la mia amica", a quanto pare una scartina dell'album Streaking di Loredana Bertè, scritta nel lontano 1974 da Enrico Riccardi.

Stando alle dichiarazioni della stessa Maria Grazia, ricomparsa dopo decenni di silenzio totale (è stata immediatamente scaricata dalla Ricordi e ha abbandonato il mondo dello spettacolo), il brano che avrebbe voluto proporre al Festival sarebbe dovuto essere "Se ci fosse Dio", nato da una collaborazione con il già citato Roby Facchinetti e inciso a Modena pochi mesi prima.

Secondo non meglio chiarite logiche discografiche, l'allora direttore artistico dell'etichetta (tale Ragni) le avrebbe imposto la ciofeca che tutti noi ricordiamo, mandandola letteralmente allo sbaraglio. Il resto è storia e a qualcuno tocca raccontarla.

Partiamo dall'inizio. Ad annunciare Maria Grazia è un'agghindatissima Lorella Cuccarini, che la presenta addirittura come "vincitrice del concorso Sanremo Famosi '92/'93".

Già dall'entrata in scena capiamo che stiamo per assistere a qualcosa di epico. Maria Grazia scende le scale insieme a una showgirl (da me) non meglio identificata, sulle note di una "I Want to Break Free" dei Queen pomposamente riarrangiata dall'orchestra dell'Ariston.

Le telecamere indugiano incredibilmente sulla bellona e si dimenticano quasi del tutto della povera sassarese, vestita con un agghiacciante look da cowboy completo di cappello, gilet in pseudonabuk (forse un'imitazione reperita al mercato della Duchesca, nei pressi della stazione di Napoli Centrale), camicia psichedelica e jeans a zampa di elefante. Meraviglioso.

Accolta da un Pippo Baudo perplesso e incline allo sfottò (partono subito dei commenti sul "bell'abitino" che "deve essere rock, no?"), Maria Grazia appare spaesata, stralunata, forse consapevole dello scempio che di lì a poco avrebbe proposto agli spettatori presenti in sala e ai milioni di italiani incollati alla TV.

L'esibizione, purtroppo, riesce a peggiorare ulteriormente le cose. "Tu con la mia amica" è senza dubbio un pezzaccio senza arte né parte, una sguaiata imitazione di Gianna Nannini caratterizzata da accordi rock blues strasentiti, chitarroni sparati a volumi improponibili e un testo demenziale, ai limiti del nonsense ("Salto sul ciclomotore/Per dirti non sei più il mio amore"; "Non mi chiamare angelo bruno/Io non fumo, lo sai non fumo"); nonostante ciò, Maria Grazia si impegna per trasformare un'invettiva lanciata da una ninfomane tradita dal suo uomo in uno dei momenti più ridicoli della storia della Rai (e direi della televisione italiana tutta), sfoggiando un repertorio di salti e calci rotanti degni di un personaggio di Street Fighter II.

La ciliegina sulla torta è rappresentata dal movimento pelvico che vorrebbe imitare l'hula hoop (il ritornello recita proprio "Hula hula hoop, hula hula hoop/Pentiti" e altre amenità simili), provocando un imbarazzo celato a malapena dietro i sorrisini degli orchestrali e degli sciagurati coristi.

Il brano lascia tutti allibiti, Cuccarini compresa, e a poco servono i tentativi maldestri del Pippo nazionale, che prova a sdrammatizzare imitando il tragico gesto dell'hula hoop (anzi, semmai aggravano ancora di più una situazione già compromessa).

C'è poco altro da aggiungere, perché Maria Grazia Impero viene immediatamente eliminata e non accede all'ambita finalissima, che vedrà la vittoria di Laura Pausini, seguita da Gerardina Trovato e da un Nek in piena fase cattolica oltranzista.

Stroncata dai giornalisti, "Tu con la mia amica" verrà pubblicata solo su 45 giri promozionale e nella compilation sanremese di rito, mentre della sua interprete si perderà ovviamente ogni traccia. Resterà però impressa nella memoria come una delle canzoni più assurde mai ascoltate sulla riviera ligure, esempio non solo della crudeltà di alcuni meccanismi dello show business, ma anche del tasso alcolemico elevato e del consumo massiccio di stupefacenti che contraddistingueva la commissione selezionatrice dell'epoca.

Da recuperare.

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