Tre avventurieri cercano un uomo abbandonato in una foresta africana per farsi dare la custodia legale e impadronirsi così della sua eredità.
L'uomo in questione è, ovviamente, il principe Antonio De Curtis che, inizialmente, si lascia catturare, invaghito dalle lusinghe della civiltà che gli promettono i tre malfattori.
Una volta giunto in Italia, però, cominciano per lui i problemi: uno zio di Tototarzan si presenta dal notaio che deve notificare l'eredità dicendo di volerlo prendere in custodia e, con lui, la sua cospicua eredità. Lo invita così a casa sua e lo tratta come un principe. Per allontanarlo da lì, allora, i tre avventurieri fanno richiamare Tototarzan sotto le armi.
Finita quell'esperienza, lo zio di Tototarzan decide di allearsi ai malfattori, di uccidere l'uomo-scimmia e dividersi l'eredità. Una donna del gruppo dei tre, non essendo d'accordo con il piano, viene spedita a Genova per imbarcarsi su una nave diretta lontano. Tototarzan riesce però a salvarsi, anche grazie all'aiuto della scimmia Bongo e si dirige verso Genova per raggiungere la donna di cui sopra, e di cui è innamorato.
Il finale non lo dico, ma preannuncio solo che Tototarzan cambierà idea, sulle "bellezze della civiltà".
Come si può vedere, la trama del film è abbastanza intricata e svolta in maniera un po' confusionaria e rocambolesca; tuttavia ci sono alcune trovate comiche carine, come quando Tototarzan deve scegliere se dormire tra un albero e un soffice letto, scegliendo quest'ultimo, e pronunciando la divertente battuta: "uomo di foresta sì, fesso no!"
Un film, in conclusione, non all'altezza dei capolavori degli anni sessanta dell'artista napoletano, ma abbastanza godibile, con una velata critica alla nostra civiltà dei consumi, forse troppo spesso presa dalla rincorsa al profitto, anche a costo di sacrificare la nostra parte "naturale" (deforestazione, inquinamento ecc)
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