Astrarre, trarre fuori, cesellare ma non incasellare, lasciare i frammenti in un unico fluviale sincopato godimento auricolare: tutto questo insieme, in un mero avvicendarsi d'albe e tramonti.
Un unico, indissolubile e indissociato, spazio. Un incessante movimento, inafferrabile e indicibile.
Rimescolare, come precipuo coadiuvatore di insanie, elementi disparati.
L'arte combinatoria: far del complesso un semplice, non già dimentico ma già da sempre in esso acquietato.
Un frantumato e instabile movimento.
Cos'è mai? Jazz-tronica?
Chissà.
Ma è un sano esercizio, un decuplicato derubricarsi di generi, tutti assieme imbutati in un'operetta, agile e ammaliante.
Un apprezzabile sedimento, forse il più apprezzabile, dell'anno che già vespreggia.
Au revoir, mes amis. Je suis heureux de mourir, enfin.
Così par dire, tacendo, il cielo dell'occaso dicembrino.
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