Emanuel Carrère lo ha definito giustamente, 'Profetico non perché predice il futuro, ma perché enuncia una verità sul presente.' Baricco ha voluto criticare i contenuti della sua opera pure apprezzandone lo stile. Giuseppe Rizzo sulle pagine di, 'Internazionale', lo ha definito - senza mezzi termini - una 'carogna. È stato, a mio avviso impropriamente (le loro visioni delle cose hanno poco in comune e poi lei è deceduta da un sacco di tempo...), accostato ad Oriana Fallaci. Ha definito l'Islam come, 'La religione più stupida del mondo,' ma di recente ha ammesso e fatto capire chiaramente di provare una certa attrazione verso la religione e il cosiddetto 'Islam riformista'. Charlie Hebdo gli dedicò la copertina alla vigilia del famoso attentato. Lui si definisce uno scrittore irresponsabile e un conservatore per quello che riguarda la politica, ha una visione critica del '68 radicalmente differente da quella generalmente accolta dagli intellettuali della sua generazione; viene considerato un nichilista; i suoi modelli come scrittori sono Dostoevskij e Conrad, ma cita ripetutamente gli autori della letteratura francese del 1800 e di cui è un grande conoscitore, tanto che questo suo ultimo romanzo, 'Soumission', è anche un vero e proprio saggio sul decadentismo e il naturalismo, l'estetismo di quel periodo storico e la figura dello scrittore Joris-Karl Huysmans. Se si votasse in Francia per l'uscita dall'Unione Europea, voterebbe, 'Sì'.
Michel Houellebecq è stato negli ultimi anni ed è attualmente, una delle figure intellettuali non solo più popolari in Francia, ma soprattutto una delle più criticate e discusse. Nato Michel Thomas (in uno dei territori d'oltremare francesi), cresce in Algeria fino ai sei anni, prima di venire in qualche modo abbandonato dai suoi genitori e essere cresciuto direttamente dalla nonna, di cui adotterà il cognome. È stato sposato ed ha un figlio, ma è separato, cosa che lo ha fatto passare attraverso un difficile periodo di depressione. Acquista notorietà come scrittore, poeta e saggista a partire dagli anni novanta. Molte (innumerevoli) volte contestato per delle uscite pubbliche decisamente sopra le righe, e allo stesso tempo considerato un autore letterario di spessore, da qualche anno ha lasciato la Francia e vive in Spagna.
'Soumission' (praticamente 'Sottomissione') è il suo ultimo romanzo pubblicato nel 2015 e ambientato in un futuro prossimo che secondo molti commentatori anche autorevoli (ho citato Carrère) sarebbe poi in qualche modo già presente. Non parliamo esattamente di un'opera di fantascienza né parliamo di un romanzo distopico. Se possiamo al limite adoperare il termine di 'fantapolitica' è perché per forza di cose i fatti sono necessariamente inventati, ma le premesse, il contesto in cui la storia viene ambientata e tutte le considerazioni del protagonista, cui non possiamo non fare corrispondere lo stesso autore, costituiscono qualche cosa di attuale. Persino di immediato, tale è l'urgenza vera e propria di dibattere anche di queste tematiche per capire il mondo e specialmente l'Europa in cui viviamo.
La storia si sviluppa su tre livelli ideali. In primo luogo sono narrate le vicende del protagonista, Francois, che racconta la storia in prima persona. È un professore universitario, sui quarant'anni, diciamo piacente e dalla vita molto ordinaria. Politicamente sembrerebbe schierato a sinistra, un socialdemocratico, ma potrebbe pure benissimo essere un conservatore (ecco qua un primo paradosso), sicuramente non è un radicale ed è lontano dalle posizioni del fronte nazionale. La sua passione, quella in cui si rifugia in una vita fatta di amori sporadici e uno stato di solitudine che definirei esistenziale, consiste nel suo lavoro e nella sua devozione per la letteratura e la poetica francese del 1800, in particolare per un autore come Joris-Karl Huymans, riferimento costante all'interno delle sue considerazioni, tanto che il libro di fatto si può benissimo considerare anche come una specie di saggio su questo autore. In terzo luogo, e questo è chiaramente l'aspetto che più ha fatto discutere e quello centrale dell'opera, 'Soumission' è soprattutto un testo analitico e critico sullo stato delle cose in Francia e in Europa in generale, oltre che su quello che generalmente in occidente definiamo, 'Islam moderato' e il ruolo che questo ha sul piano sociale e culturale nel nostro continente.
I fatti si svolgono alla vigilia, durante e successivamente le elezioni presidenziali in Francia. Argomento che coinvolge in maniera particolare il protagonista che vi appare interessato in una maniera critica e con un atteggiamento che più che vederlo schierarsi da una parte o dall'altra, fa pensare al grande Hunter Thompson in 'Better Than Sex' per l'entusiasmo improvviso e anomalo per il suo carattere (che egli stesso si rifiuta di ammettere di accettare) e comunque super partes nella analisi della situazione e poi perché, rifacendosi al titolo del libro di Thompson, questa cosa, dibattere di politica e assistere ai vari quotidiani e talk show per lui diventa una specie di 'dipendenza', che è allo stesso tempo un modo per mettere da parte il suo malessere dovuto a una certa inattività forzata proprio sul piano sessuale e anche una terapia di scarico in una fase di completa solitudine, che come vedremo, costituisce una sua condizione esistenziale e di riflesso, una conditio sine qua no dell'uomo europeo.
Nel 2017 le elezioni presidenziali hanno visto di nuovo prevalere Hollande, ma alla vigilia della nuova tornata elettorale, una nuova vittoria della sinistra appare improbabile. La situazione economica del paese è ai minimi storici e per le strade impazza la violenza con atti più o meno quotidiani e clamorosi, riconducibili indirettamente al l'estremismo islamico oppure al fronte nazionale. La maggior parte del paese è chiaramente schierata a destra, ma la destra tradizionale e conservatrice è oramai un partito marginale, mentre raccoglie sempre più consensi il fronte nazionale che appare destinato a giocarsi la tornata elettorale con i socialisti.
Una quarta forza politica che nata e cresciuta dal basso ha via via allargato la propria base elettorale e fino a diventare una delle principali forze in Francia (così come accaduto pari merito in altri paesi europei, come ad esempio il Belgio). Questo è il partito della fratellanza musulmana, partito islamico di orientamento moderato e fedele al sistema repubblicano francese. Alla sua guida vi è il carismatico Mohammed Ben Abbes, il quale ambisce non solo a vincere le elezioni, ma a diventare una figura di riferimento all'interno degli equilibri europei e per tutto il mondo arabo.
Inaspettatamente (ma neppure più di tanto) la fratellanza musulmana guadagna via via maggiori consensi e alle elezioni è la prima forza politica con il fronte nazionale e, con l'appoggio dei socialisti, va al governo, dando il via a quella che sarà una vera e propria rivoluzione silenziosa.
Le prime avvisaglie sono banali, come ad esempio la tipologia di abbigliamento proposta dalle diverse boutique e centri commerciali, oltre che quello femminile in generale. I veli islamici si moltiplicano e spariscono le gonne: le donne indossano tutte i pantaloni.
Quanto invece si verificherà nel tempo sarà un cambiamento radicale e che rilancerà una nuova immagine della Francia agli occhi dell'Europa e del mondo intero. Ben Abbes è un leader ambizioso. Crede fermamente nell'idea di Europa e nella creazione di quella che nel libro viene definita come,'Eurabia'. Porta personalmente avanti i trattati per l'ingresso della Turchia e del Marocco all 'interno dell'Unione e si prepara a fare lo stesso con Algeria, Tunisia, Egitto. La Francia intanto ritrova quell'ottimismo che mancava dal trentennio successivo al secondo dopoguerra. Immediatamente dopo le elezioni cala drasticamente la delinquenza e il numero dei disoccupati, questo anche in virtù all'uscita di massa delle donne dal mercato del lavoro. Conseguentemente aumentano i sussidi alla famiglia, definita come, 'cellula di base della società', i cui fondi derivano praticamente dalla drastica diminuzione degli stanziamenti per il ministero della pubblica istruzione. Il sistema scolastico viene così ampiamente riformato e in pratica il finanziamento dell'istruzione secondaria diviene del tutto oggetto dei privati. Quindi centri di istituzione cattolica o ebrea (in parte minoritaria) ma soprattutto istituti d'eccellenza finanziati dalle petromonarchie islamiche.
Al termine di un lungo processo di introspezione e di considerazione dello stato delle cose in Francia e in Europa e di fronte a quello che considererà come decadimento della cultura del nostro continente e del suo paese in particolare, Francois si troverà davanti a un vero e proprio bivio esistenziale e che riguarderà la sua conversione all'islam, ritenuta conditio essenziale per permettergli di continuare nell'insegnamento universitario, ma soprattutto una scelta contingente cui è chiamato prepotentemente da quello che è lo stato dei fatti e la conclusione che quel sistema in cui era cresciuto e che comunque aveva fatto di lui una figura emarginata e di cui non si è mai sentito veramente parte, abbandonato dai genitori e senza essere mai riuscito a instaurare una relazione stabile e che avesse un qualche senso con nessuna donna oppure con quelli che si potrebbero considerare degli amici, e quindi senza avere veramente nulla in cui credere; che tutto questo fosse qualche cosa che stesse inevitabilmente crollando su se stesso. Un modello di società che dopo aver raggiunto il suo apice sul piano culturale, letterario alla fine dell'Ottocento, si era praticamente autodistrutto e da molto tempo prima che ce ne si rendesse coscientemente conto.
Nella sua scelta Francois rappresenta metaforicamente tutta la Francia nella sua interezza e completezza dei suoi abitanti e nelle diverse categorie sociali e in cui molti tra i vari commentatori e i tanti 'nemici' dell'autore, hanno voluto vedere in questo passaggio anche i segnali di una conversione religiosa dello stesso Houellebeq. Cosa che per la verità non mi risulta affatto, ma ammetto di non essere da questo punto di vista documentato adeguatamente.
Non lo so, sinceramente, se e quanto questo sia un testo anti-islamico. La sensazione è che più che schierarsi da una parte invece che un'altra, l'autore si limiti a raccontare in prima persona le cose che succedono e per quello che sono. Difatti finché non è chiamato alla conversione, Francois svolge un ruolo completamente passivo e quasi in balia degli eventi in una caratterizzazione del personaggio che potrebbe ricordare quella (restando ai grandi della letteratura francese) de, 'Lo straniero', di Albert Camus. Tutto quello che gli succede, accade in una maniera inevitabile. Francois non compie praticamente nessuna scelta, finché non è chiamato a convertirsi, praticamente a 'sottomettersi' (citando il titolo del testo) a quello che è il nuovo sistema sociale che si viene a istituire dopo l'elezione di Mohammed Ben Abbes e il successo della fratellanza islamica. Possiamo allora parlare, di conseguenza, veramente di 'conversione' in questo caso? Ci sono dei contenuti religiosi in questo atto? Francois ci appare e si definisce sin dal principio come un uomo rassegnato al suo destino, sceglie di piegarsi e sottomersi all'inevitabilità delle cose o compie in maniera attiva una scelta di vita, come se volesse concedere a se stesso - in questa specie di rinnovamento - una nuova occasione?
È probabilmente questo il contenuto centrale dell'opera e da cui deriveranno tutta una serie di domande relative gli intenti e quello che è il punto di vista dell'autore. Houellebeq ha paura dell'islam? Lo disprezza? Sicuramente in passato non ha risparmiato l'utilizzo di toni e espressioni offensive, ma questa volta... Questa volta nel raccontare le cose non appare rabbioso e neppure offensivo, quanto invece in qualche modo consapevole e brillante analistica e critico della società in cui vive. 'Soumission' è senza dubbio un testo brillante e che ho molto apprezzato e che non poteva che essere scritto in questo momento storico da un autore francese, così come è francese anche l'altro romanzo che ha fatto scandalo e clamore in Francia come nel resto d'Europa e scritto dell'algerino Boulam Sansal, '2084: la fin du monde', che è praticamente una revisione di '1984' di George Orwell in un futuro che appare nei suoi tratti e per come viene presentato, più remoto di quello che è o dovrebbe essere e in cui la storia e i fatti sono raccontati in uno stile narrativo prossimo a uno stile che affonda le sue radici nel tempo e che fa riferimento diretto a quelle che sono le pagine del Corano oppure della Bibbia. Un testo che lo stesso Houellebeq ha voluto definire come più 'spaventoso' e clamoroso di 'Soumission' e di cui suggerisco eventualmente la lettura proprio come complemento a questo testo se si vuole analizzare la questione secondo un altro punto di vista letterario autorevole.
Che aggiungere? Ho avuto una educazione laica e questo pure crescendo in una società ancora in qualche modo cattolica e essendo figlio di una donna, che svolge la professione di insegnante, e che potrei definire catto-comunista, poiché nonostante il femminismo e il senso di appartenenza e di militanza in formazioni di estrema sinistra, nel tempo non è mai riuscita del tutto a liberarsi dai quei condizionamenti e quell'educazione fatta di sensi di colpa e di un senso del dovere che trascende ogni cosa (che poi, in qualche modo, non coincide in fondo con il pensiero comunista massimalista, quello lì dei 'fedeli alla linea'...) che le era stato impartito a forza quando era bambina e da cui ha poi voluto emanciparsi.
Nato a metà degli anni ottanta, ho assistito al crollo del muro di Berlino e alla fine di un'epoca storica in una maniera che potrei definire diretta data la militanza e l'impegno attivo in particolare modo di mio padre in quelle che furono formazioni politiche della sinistra extra-parlamentare. Mio padre che dopo non ha voluto aderire a nessuna altra formazione politica e preferito considerare come conclusa quell'epoca storica, pure rimanendo chiaramente fedele ai suoi ideali e cercando di essere coerente in una società e in un mondo politico oggettivamente diverso rispetto a quello di venti-trenta anni fa. Tornando a me nel tempo ho deciso di volermi definire principalmente come 'internazionalista'. Personalmente ho sempre creduto e sostenuto l'idea di un'Europa unita e senza barriere, pure chiaramente criticando l'Unione in quelle che sono le sue strutture attuali e le diseguaglianze tra i diversi paesi che ne fanno parte e a tutti i livelli. Se si dovesse verificare una apertura ai paesi 'islamici', per menzionare quelli citati da Houellebeq, nell'ordine, Turchia, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, non potrei che considerare la cosa positivamente e un grosso passo in avanti per il raggiungimento di un nuovo e migliore equilibrio mondiale.
Riconosco il decadimento di cui parla Houellebeq in molti tratti della nostra società. Scherzando con gli amici, dico che gli ultimi segnali di una certa vivacità culturale nel nostro continente sono stati la Torre Eiffel, costruita oramai nel lontano 1886-1889 e che voglio considerare ancora oggi idealmente come il monumento simbolo della UE; i Rolling Stones, negli anni sessanta e settanta in particolare dello scorso secolo.
Riconosco questo 'decadimento', eppure non condivido questo senso di rassegnazione a tutte le cose di cui parla Houellebeq, né posso secondo la mia visione del mondo e delle cose avere paura di questo spauracchio che sarebbe l' 'islamismo moderato'. L'islam, come la religione cattolica, è una realtà e che è destinata sicuramente per forza di cose a crescere in tutta l'Unione Europea, ma non ho paura che un orientamento religioso e di qualsiasi tipo possa divenire maggioritario e condizionante nelle strutture della UE. Così come non considero oggi influente e determinante il ruolo della religione cattolica nel nostro paese, così come è stato sicuramente in qualche modo nel passato e senza però dimenticare la particolare storia politica del nostro paese, che è diversa in maniera radicale da quella di tutti gli altri paesi occidentali. Di più. Che ben vengano diversi orientamenti culturali e contributi anche di credenze religiosi e usi culturali differenti. La loro influenza non può che essere benevola, quando non prescinde dal confronto e - di più - dall'incontro, e quando allora può veramente svolgere un ruolo attivo in una struttura sociale, l'Europa, che sono profondamente d'accordo, ha bisogno di una scossa e di un rinnovamento, ma che - senza volere apparire buonista o ritenermi uno sciocco - continuo a considerare anche e soprattutto una grande opportunità che non possiamo mancare.
Quotes.
1. Per tutti gli anni della mia triste giovinezza, Huysmans è stato per me un compagno, un amico fedele; non ho mai dubitato di lui, non sono mai stato tentato di abbandonarlo o di orientarmi verso un altro soggetto; poi, in un pomeriggio di giugno del 2007, dopo aver aspettato molto, dopo aver tergiversato a lungo, anche un po' più di quanto fosse accettabile, discusso davanti alla commissione dell'università Parigi IV-Sorbona la mia tesi di dottorato, 'Joris-Karl Huysmans, o l'uscita dal tunnel'. Già l'indomani mattina (o forse la sera stessa, non saprei, la sera della mia tesi fu solitaria, e molto etilica), capii che una parte della mia vita si era appena conclusa, e che probabilmente era quella migliore.
È sempre così, nelle nostre società ancora occidentali e socialdemocratiche, per tutti coloro che completano i loro studi, ma i più non se ne rendono conto, o non lo fanno immediatamente, ipnotizzati come sono dal desiderio di denaro - o forse di consumismo, nel caso dei più primitivi, quelli che hanno sviluppato una più violenta dipendenza da certi prodotti (sono una minoranza, mentre la maggioranza, più riflessiva e più posata, matura una fascinazione semplice per il denaro, questo 'Proteo instancabile') -, ipnotizzati ancor più dal desiderio di mettersi alla prova, di ritagliarsi una posizione sociale invidiabile in un mondo che immaginano e si augurano competitivo, galvanizzati come sono dall'adorazione di icone mutevoli: sportivi, creatori di moda o di portali internet, attori, modelle.
Per varie ragioni psicologiche che non ho la competenza né il desiderio di analizzare, io mi discostavo sensibilmente da questo schema.
2. Il fatto che la storia politica potesse avere un ruolo nella mia vita continuava a sconcertarmi, e anche un po' a ripugnanti. Mi rendevo conto tuttavia, e ormai da anni, che lo scarto crescente, divenuto abissale, tra la popolazione e chi parlava in suo nome, politici e giornalisti, era destinato a portare a qualcosa di caotico, violento, imprevedibile. La Francia, come gli altri paesi dell'Europa occidentale, si stava dirigendo da un pezzo verso la guerra civile, era evidente; ma fino a quegli ultimi giorni avevo ancor nutrito la convinzione che la grande maggioranza dei francesi continuasse a essere rassegnata e apatica - senza dubbio perché io stesso ero passabilmente rassegnato e apatico. Mi ero sbagliato.
3. 'Il suo grande riferimento è l'impero romano - e per lui la costruzione europea non è che un mezzo per realizzare questa ambizione millenaria. L'asse principale della sua politica estera sarà lo spostamento del centro di gravità dell'Europa verso il sud; esistono già alcune organizzazioni che perseguono questo obiettivo, per esempio l'Unione per il Mediterraneo. I primi paesi suscettibili di aggregarsi alla costruzione europea saranno sicuramente la Turchia e il Marocco; poi verranno la Tunisia e l'Algeria. A più lungo termine c'è l'Egitto- è un osso duro, ma sarà decisivo. Parallelamente, si può immaginare che le istituzioni europee- che attualmente sono tutto fuorché democratiche - evolveranno verso un ricorso maggiore alla consultazione popolare. Il risultato logico sarà l'elezione a suffragio universale di un presidente europeo. In questo contesto, L'integrazione in Europa di paesi già molto popolari, e dalla demografia dinamica, come la Turchia e l'Egitto, potrà avere un ruolo decisivo. La vera ambizione di Ben Abbes, ne sono convinto, è diventare a suo tempo il primo presidente eletto dell'Europa - di un'Europa allargata ch includa anche i paesi del bacino mediterraneo.'
4. Accettando il baklava che Rediger mi porgeva, ripensai a un libro che avevo letto qualche anno prima, dedicato alla storia dei bordelli. Fra le illustrazioni contenute nel volume c'era la riproduzione di un salottino di un bordello parigino della Belle Époque. Avevo provato un autentico choc notando che alcune delle specialità sessuali proposte da Madamoiselle Hortense non mi dicevano assolutamente niente. Non capivo assolutamente cosa potesse essere 'il viaggio in terra gialla', né la 'saponetta imperiale russa '. In un secolo, dunque, il ricordo di certe pratiche era scomparso dalla memoria degli uomini - un po' come scompaiono certi saperi artigiani, tipo quello degli zoccolai o quello dei campanari. Come non condividere, quindi, l'idea della decadenza dell'Europa?
'Quell'Europa che era il massimo della civiltà umana si è letteralmente suicidata nel giro di qualche decennio,' riprese tristemente Rudiger; non aveva acceso le luci, il salotto era illuminato solo dalla lampada sulla scrivania. 'E allora, da un capo all'altro dell'Europa ecco i movimenti anarchici e nichilisti, l'appello alla violenza, la negazione di ogni legge morale. Poi, dopo qualche anno, la fine si è compiuta con l'ingiustificabile follia della prima guerra mondiale. Freud non si sbagliava, e Thomas Mann nemmeno: se la Francia e la Germania, le due nazioni più avanzate, le più civili del mondo, potevano abbandonarsi a quella carneficina insensata, significava che l'Europa era morta.'
5. Come senz'altro la maggior parte dei lettori maschi, saltai i capitoli dedicati ai doveri religiosi, ai pilastri dell'islam e al digiuno, per arrivare direttamente al capitolo VII: 'Perché la poligamia?' L'argomentazione, a onore del vero, era originale: per realizzare i suoi sublimi disegni, sosteneva Rudiger, il Creatore dell'universo passava, in materia di cosmo inanimato, per le leggi della geometria (una geometria non certo euclidea; una geometria neppure commutativa; ma pur sempre una geometria.) Per quanto riguarda gli esseri viventi, invece, i disegni del Creatore si esprimevano attraverso la selezione naturale: era grazie a essa che le creature animate raggiungevano il loro massimo di bellezza, vitalità e forza. E per tutte le specie animali, di cui l'uomo faceva parte, la legge era la stessa: solo alcuni individui erano chiamati a trasmettere il proprio seme, e a concepire la nuova generazione da cui a sua volta dipendeva un numero indefinito di generazioni. Nel caso dei mammiferi, tenuto conto del tempo di gestazione delle femmine in rapporto alla capacità di riproduzioni quasi illimitata dei maschi, la pressione selettiva si esercitava innanzitutto sui maschi. La diseguaglianza tra maschi - se alcuni si vedevano concesso il godimento di più femmine, altri dovevano necessariamente esserne privati - andava dunque considerata non un effetto perverso della poligamia bensì il suo vero e proprio scoop. Era così che si compiva il destino della specie.
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