La visione di un film impegnato (?) costituisce talvolta un momento didattico e pieno di spunti, una miniera di informazioni e tematiche con notevoli risvolti sull'attualità che i professori ci incitano ad estrapolare dall'opera per riflettere. E anche per prendere un voto più o meno positivo. Così almeno è accaduto ai miei compagni di classe, quando, il giorno successivo alla visione de "Il Grande Sogno" (alla quale hanno assistito fiumane di giovini tamarri urlanti e goffi insegnanti che li rincorrevano di qua e di là richiamandoli all'ordine), la professoressa d'italiano improvvisamente chiede di scrivere entro un'ora una raccolta delle proprie impressioni sul film a mo' di mini-recensione.

Quel giorno io mancavo, ma l'indomani la stessa docente ci ha portati in aula informatica e (dopo aver restituito le pseudo-recensioni contrassegnate dai vari 4,5 e 5 agli alunni) ha chiesto a tutti di rielaborare il proprio sgorbio, migliorandolo ed integrandolo con critiche ed opinioni già esistenti su Internet. Chi non aveva potuto scrivere la prima recensione a sorpresa avrebbe ovviamente saltato quel passo e sarebbe passato direttamente alla seconda fase, che da molti sarà stato inteso come un 'copia & incolla con qualche verbo modificato tanto per far vedere che non è proprio identico'. Al contrario, ciò che ho fatto io (terminando però il lavoro a casa, dove ho potuto riordinare le idee senza le pressioni della professoressa e del tempo incombente) e, presumibilmente pochi altri, è stato leggere tre recensioni su siti che non citerò e rielaborare i concetti secondo i miei punti di vista, talvolta opponendomi decisamente all'opinione del critico in questione e quindi sconvolgendola.

Ho voluto inserire questo cappello introduttivo prima delle recensione per dirvi che essa è nata prima di tutto come un lavoretto scolastico, in seguito è stata abbellita, perfezionata ed estesa per i lettori di Debaser. Diamo il via alle danze.

L'ultimo parto di Michele Placido, "Il Grande Sogno" è prima di ogni cosa un'opera dallo stampo fortemente autobiografico e nostalgico, poi un film sul Sessantotto.

Infatti, nonostante la storia parta con scene le quali simboleggiano 'che qualcosa sta per cambiare' (o meglio 'che qualcuno vorrebbe cambiare le cose'), ovvero l'inaspettato rifiuto delle regole (da parte della giovane Laura, interpretata da Jasmine Trinca) imposte dalla 'perfetta famiglia borghese' o la ribellione contro i professori e più generalmente contro il sistema fomentata da Libero (Luca Argentero), essa va sfilacciandosi durante lo svolgimento del film, perdendo di vista l'intenzione iniziale.

Quello che doveva essere un film sui moti del Sessantotto, diviene ad ogni sequenza sempre più un film su tre sessantottini e sui loro dilemmi esistenziali e problemi di cuore. Dal punto di vista umano e morale, l'opera risulta molto riuscita grazie all'emblematico Nicola (il protagonista maschile più importante, interpretato da Riccardo Scamarcio), un giovane poliziotto pugliese per niente fiero della divisa che indossa e anzi desideroso di cambiare pelle.

Non per niente, il grande sogno del poliziotto è quello di diventare attore, come ci viene reso noto sin dall'inizio del film. Suo malgrado, però, a causa di ordini superiori, si ritrova a fare la spia nell'Università dove studiano Laura e Libero per fornire informazioni alle autorità sui fautori dell'occupazione. Come era prevedibile, tuttavia, la sua già vacillante determinazione va a scontrarsi con il classico imprevisto amoroso: il forte sentimento che prova per Laura (per l'intera durata del film il rapporto tra i due sarà conflittuale e tormentato a causa delle differenze sociali), che lo porterà alla 'conversione' e all'abbandono della divisa per seguire la sua aspirazione.

Proprio come Nicola, ogni singolo personaggio nutre una vana speranza in un sogno più o meno irrealizzabile: Laura e Libero desiderano ardentemente un'Italia e un mondo migliore, in cui operai e benestanti possano studiare insieme nella stessa Università, in cui non vi sia più una guerra in Vietnam. Da un altro canto, invece, nel loro piccolo, i genitori di Laura sperano sino al momento della disgregazione definitiva (segnata simbolicamente dalla morte del padre e dall'arresto di uno dei fratelli di Laura) in una riconciliazione della 'famiglia perfetta'.

La protagonista femminile del film, per difendere e far valere i suoi genuini ideali, cambierà quindi il suo stile di vita, passando dalla comodità dell'appartamento di una famiglia benestante alla disordinata stanza di un motel, condivisa da più studenti e manifestanti e nella quale vige la libertà assoluta.

Ma, nonostante i protagonisti del film combattano con tutte le loro forze e dimostrino praticamente di voler cambiare il mondo, il Sessantotto di Michele Placido si rivela infine un periodo triste e oscuro, in cui tutto quello che c'è di buono viene represso violentemente dalla autorità. Persino l'amore tra Scamarcio e la Trinca è destinato a soccombere negli ultimi cupi e disperati momenti della pellicola, poichè l'ex-poliziotto (una spia redenta che era passata quindi dalla 'parte del nemico') viene additato ancora una volta come traditore dalla ragazza.

Un'altra scena simbolica che rimarca ancora una volta il concetto che nulla può cambiare se non per la volontà dei potenti è la lezione di recitazione: Nicola e altri aspiranti attori chiedono all'insegnante di poter apportare una modifica al testo, ma lei li liquida urlando che il testo è lo stesso da cent'anni e che di certo non avranno la presunzione di cambiarlo.

La recitazione alterna momenti traballanti e davvero poco convincenti (su tutti il pianto della Trinca verso la fine del film) ad altri di un certo spicco, come dimostra il cameo di Silvio Orlando (il 'Papà di Giovanna') o l'interpretazione di Laura Morante (una delle mogli complessate di Muccino). Sembra invece che Luca Argentero ricicli la stessa espressione per gran parte del film e non riesca a sembrare vero.

Da un punto di vista storico, inoltre, il film risulta in parte deludente. E' comprensibile e va perdonato al regista, poiché è difficile riassumere un periodo così significativo, denso di eventi e fervore sociale e culturale come il Sessantotto in una sola opera, ma nei momenti in cui i personaggi si lanciavano in aspre critiche sarebbe stato preferibile andare più nello specifico di certe situazioni. Il motivo scatenante della ribellione, probabilmente secondo l'idea del regista, deve emergere dalla successione degli eventi, ma avrei prediletto una maggiore chiarezza. La mancanza di un'impronta storica nella pellicola viene comunque colmata dalla forza delle immagini, il cui impatto spesso rapisce lo spettatore e lo rende partecipe dei drammi dei protagonisti. Le loro tormentate storie sono comunque parte integrante del Sessantotto e ci permettono di comprendere quali fossero le mentalità predominanti all'epoca.

Mi tocca dire che come ogni personaggio dello sfogo autobiografico di Placido anch'io ho un sogno (non poi così grande) : non essere costretto ogni volta a vedere Scamarcio e Argentero in un film italiano!

In definitiva, però, "Il Grande Sogno" si rivela un successo in alcuni fronti e una delusione in altri, ma nel complesso merita la sufficienza.

Carico i commenti...  con calma