Vallanzasca - Gli Angeli del Male

Sarò sincero, nonostante io sia abituato ai miei costanti cambi di valutazione durante le seconde visioni di una pellicola, su questo "Vallanzasca - Gli Angeli del Male" mai e poi mai avrei pensato di ricredermi.

Ma andiamo con ordine.

Il film in questione lo vidi a suo tempo, quando uscì nelle sale italiane: entrai in sala gonfio di speranze per questo noir che trattava un personaggio così controverso ma con una storia che ben si presta al genere cinematografico in cui si inserisce e sebbene Michele Placido come regista non sia una cima (anzi), con il suo precedente "Romanzo Criminale" era riuscito a stupirmi positivamente.

Ma vuoi per la pessima resa audio che a tratti saltava lasciando delle frasi a metà, vuoi per le luci della sala che inspiegabilmente si accedevano compromettendone la visione, vuoi che in sti dannati multisala c'é sempre il ragazzino stronzo che vocifera con gli amici per tutta la visione, vuoi per qualsiasi cosa ma uscendo dal cinema mi ritrovai a fine visione con l'animo nero per aver buttato 8 euri in un lungometraggio che mi aveva lasciò profondamente insoddisfatto.

Passano due anni da quella sera e qualche settimana fa, parlando con un paio di amici davanti ad una birra, salta fuori come argomento questo film e inaspettatamente i due me ne parlano con toni positivi, descrivendomi una pellicola che seppur con qualche difetto, compie il suo mestire intrattenendo a dovere lo spettatore.

Inutile dire che a quel punto la curiosità si era insinuata, così, la sera stessa mi feci prestare il DVD da uno degli amici e arrivato a casa lo inserii nel lettore e per la milionesima volta nella mia vita fui costretto a ricredermi

La storia, a grandi linee, penso la conosciate piu o meno tutti: tratta le gesta realmente accadute (e qui anche romanzate) del belloccio Renato Vallanzasca, un bandito milanese che negli anni '70 imperversava con la sua banda nel nord italia, compiendo svariate rapine, sequestri e omicidi. Un personaggio tanto spietato quanto magnetico, dotato di un fascino che in quegli anni gli conferì molta notorietà che, come in un circolo vizioso, sembrò alimentare ulteriormente la sua megalomania.

Parlando dei pregi del film di Placido, oltre al ritmo serrato che non molla per nessuna delle due ore, é d'obbligo menzionare la bella fotografia, patinata ma efficace, unita ad una colonna sonora che impreziosisce diverse scene (giusto la chiusura dei Negramaro stona un pò), molto buona anche la ricostruzione dell'epoca, dai costumi alle auto che, seppur ho letto non sempre fedele, comunque catapulta lo spettatore nell'immaginario di quegli anni. Ma la cosa che in assoluto và celebrata quando si parla di questa pellicola é la splendida interpretazione di Kim Rossi Stuart nella parte del bandito protagonista, un ruolo che sembra cucito su misura per lui, teatrale nelle movenze ma convincente nel risultato grazie al quale ripropone la stessa spavalderia e lo stesso charme che all'epoca i giornali conferivano al reale Vallanzasca.

Di contro questo ruolo ingombrande porta con se il difetto di eclissare totalmente il resto delle parti e non bastano una buona interpretazione di un Francesco Scianna nei panni del boss Turatello o un allucinato Filippo Timi a prendere un pò di spazio al protagonista che proprio come il suo egocentrismo finisce per rubare la scena al resto del cast.

I difetti della pellicola purtoppo non finiscono qui, sebbene il mediocre Placido in questo caso si sia superato nella regia, fornendo momenti e inquadrature davvero convincenti, alla base troviamo una sceneggiatura eccessivamente didascalica e frammentaria, dove momenti potenzialmente di grande effetto come rapine e sequestri vengono pressati in pochi minuti, spesso con una carrellata di immagini che lascia solo intuire l'azione. Una ulteriore considerazione che mi sento di muovere é di non aver dato un quadro più approfondito alla psicologia del personaggio Vallanzasca, fattore che avrebbe aiutato a legare l'intero racconto usando come filo conduttore la follia del suo protagonista che invece ne esce tanto affascinante quanto terribilmente vuoto. Allo stesso modo si sarebbe potuto sfruttare a dovere il rapporto di Vallanzasca con la stampa della quale lui si serviva per soddisfare il suo ego ma dalla quale allo stesso tempo veniva usato come personaggio "da vendere" al pubblico, in un gioco di condanna e allo stesso tempo mitizzazione che ha fatto arrivare la sua storia ai giorni nostri. Detto in breve si poteva osare di più.

Detto questo, come ho largamente anticipato il film é godibile, merita un plauso per aver tentato di fare breccia nel panorama commerciale italiano dominato dalle commedie e in merito a questo decido di dare un punto in più al film, per una questione di etica da recensore, perché ci si lamenta sempre del cinema nostrano attuale, poi quando passa qualche prodotto valido e pure potenzialmente commerciabile lo si lascia passare in sordina senza celebrarlo quanto meriti e se questo cinema Italiano fatica a riprendersi forse é anche colpa nostra che non riusciamo a spingerlo a dovere in ciò che riesce, come in questo caso, ad essere popolare ma allo stesso tempo di qualità.

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