In una delle mie precedenti recensioni ho parlato dei tedeschi Witthüser & Westrupp cercando volutamente di usare con parsimonia il temine "cosmic folk"; per pura casualità oggi ho rispolverato questo vecchio album datato 1969 ed ora mi trovo costretto (anche se di malavoglia) ad usare la definizione "folk cosmico"; non so proprio in che altro modo descrivere la musica di MIJ, alias Jim Holmberg. Informazioni precise a riguardo di questo "folksinger" non ne ho mai trovate, personaggio anonimo quindi che suonava saltuariamente per strada e nelle principali piazze di New York City. Venne notato dal produttore Bernhard Stollman che gli propose di registrare un disco in studio da commercializzare di seguito nella serie Esp-Disk dedicata all'underground americano a fianco di nomi come Fugs, Godz, Ed Askew, Cromagon e compagnia. L'album è uscito in diverse edizioni LP con titoli differenti: "MIJ", "Color by the Number", "Zero the Fool", "Tarot"; contenuto musicale sempre identico, ho scelto tuttavia di recensirlo con il titolo dato alla ristampa tedesca in compact disc del 1993. Per inciso Holmberg avrebbe voluto titolare l'album semplicemente "Astrologer" definendosi un rocker astrologo capitato spazio-tempo per puro caso in un pianeta che percepiva come ostile.
Stollman fa entrare Jim Holmberg in cabina di registrazione il dodici gennaio del 1969; per contenere i costi d'affitto dello studio il tempo a disposizione per le registrazioni è di appena tre ore, compreso mixdown. MIJ tuttavia ha un buon repertorio di canzoni già pronte ed è abituato ad esibirsi in "maniera unplugged" e la cosa non crea grandi problemi a parte qualche imprecisione alla chitarra che rende il disco ancora più bello e sincero. La musica è a tratti semplice, in altri punti più complessa e variegata grazie a repentini cambi di ritmo, sempre e comunque diretta e senza fronzoli, verte tra psichedelia acustica e folk metafisico, il tutto realizzato in presa diretta unicamente con la chitarra 12 corde e con la voce. Le canzoni, i cui testi sono tratti da poesie personali dell'autore, trattano temi al limite dell'esoterismo, parlano di visioni paradisiache, di pianeti ricoperti di fiori, stelle ed astri vari; le scene si capovolgono durante i reiterati momenti in falsetto con terrificanti situazioni tra fiaba, sogno ed incubo, il tutto ben allineato come se il cantante stesse dando una propria interpretazione delle figure appartenenti al magico mazzo delle carte, i tarocchi zingari. Dall'altra parte del vetro c'è un tecnico del suono, Onno Scholtze, importato dai Paesi Bassi quando la Esp tre anni prima aveva cominciato ad interessarsi al free jazz olandese. Sarà proprio merito dell'ancora alle prime armi Scholtze se i connotati sonori dell'album prendono il volo. Questi cerca di arricchire il suono acerbo della chitarra e della voce con effetti lunghissimi di riverbero, delay e flanger metallico e forse senza volerlo crea quella magica situazione acustico-spaziale che ha reso il disco di MIJ un oggetto di culto.
L'atmosfera è pregna di echi astrali, sibili interstellari, fischi, urli apache, strani effetti che sembrano elettronici ma vengono realizzati unicamente strisciando le corde o con la bocca e con una buona dose di rumori provenienti dallo studio e non cancellati in fase di missaggio finale, come ad esempio i comandi vocali e le battute tra tecnico del suono e musicista. Tutto suona molto low-fi, arriva alla distorsione pura in "Never Be Free" mentre la fascinazione ipnotica pervade costantemente, tanto nei momenti accelerati di chitarra accompagnati da vocalizzi taglienti di "Grok (Martin Love Call)" quanto nei più rilassanti e sbarazzini passaggi di "Lookin' Out Today". In chiusura la lunga "Look Into the (K)Night", il pezzo in assoluto più oscuro, meditabondo, sinistro e complesso di tutto questo surreale carrozzone sonoro. Nel retro di copertina in bella vista la riproduzione del "fool", lo schizzato joker, inteso nella poetica parabola di Jim Holmberg come il folle viandante, l'uomo della strada, colui che vede le cose da una prospettiva socialmente diversa, forse, ma di questo non ne è certo neppure lui, da quella giusta.
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