Le cronache narrano di un John Cage squattrinato, in giro per Milano a registrare cose. Cose inarrivabili come Fontana Mix, probabilmente. Ospite di Berio e consorte soprana, puoi essere pure John Cage, ma dopo tre giorni vieni coinvolto da colpetti di tosse e comunicazioni non verbali universali dalla serie: “Quando te ne torni a casa tua?”.
Il problema è che John Cage non aveva un soldo per affrontare l'intercontinentale e pare che Berio, soprana e Umberto Eco lo spinsero a partecipare a Lascia o raddoppia.
Si narra di Cathy Berberian (la soprana) che poco prima della messa in onda, rattoppava il suo modesto abito, poco prima di andare in onda.

I quotidiani dell'epoca riportano Cage come “l'americano dei funghi”, perché sui funghi rispondeva. L'archivio Rai non ha conservato neanche una copia di quelle puntate: avrà preso quei nastri e c'avrà registrato sopra L'Eredità.

Decenni a sorbirci Luigi Nono e la solfa pseudo-proletaria sul patrimonio della memoria storica e quelli prendono un documento unico e lo mettono accanto a due stampanti ad aghi inutilizzate e via, verso l'oblio, l'indifferenza, l'indifferenziato, insomma.

Cage durante le puntate amava esibirsi, tra lo sconcerto e l'ilarità del pubblico e soprattutto di Mike che congedò l'artista americano così.

Lotta tra due grandi titani estremi. Non mi sento di parlare di Mike come un esteta della gnoseologia musicologica, però a Superflash, quando presentava i cantanti, sapeva impostare la marchetta all'album con un carisma da venditore capace di farti credere che il best of di Califano fosse l'album del secolo: “Pensate, amici ascoltatori, che il nostro Franco ha inciso, addirittura, un long playing, un disco, con dentro, tutte le sue canzoni più conosciute e più amate”.

La sua voce e la sua comunicazione non verbale, con la collaborazione di qualche autore massone, ti faceva venire voglia di comprare il disco di Califano, fosse anche per mangiarlo.

L'unico a capire che Cage stava facendo la storia anche a Lascia o Raddoppia fu Giacinto Scelsi che accese per le prime e forse uniche volte della sua vita, la televisione, per guardarlo alla Rai. Era entusiasta di questa scelta. Oddio, dare dell'entusiasta a Giacinto Scelsi che in piena depressione scriveva bordoni con il gomito appoggiato sul tasto del pianoforte è un po' esagerato. Diciamo che ha apprezzato.

Non mi va neanche la reductio ad italicum capra capra, perché negli States, molto più accorti sul fronte memoria storica, hanno conservato l'ospitata di Cage al programma più in voga in quegli anni lì: “I've got a secret”; e lo scenario è più o meno quello: risatine, ilarità e sghignazzi mentre Cage suona il vaso di fiori dentro la vasca da bagno. Il fatto è che per John Cage, quelle risate erano parte integrante dell'opera, tanto quanto quegli “shhhh” stizziti degli pseudo-intenditori che affollavano platee più colte.

Potrebbe bastare questo, senza addentrarsi troppo su processi generativi, sperimentalismi, avanguardie, per spiegare la grandezza di Cage, quel suo andare oltre l'autocommiserazione cattiva, quella che genera classismo. Sfortunatamente giravano voci su alcune sue tendenze sessuali non consone e quindi le accademie hanno preferito non considerarlo per un Nobel per la pace. Nono, che dimostrò di amare molto il classismo, disse che gli preferiva Mina e Rita Pavone.

Io penso che un uomo capace di impostare, attraverso l'arte, una forma di dialogo capace di superare manicheismi e divisioni, faide e lotte, meriterebbe Nobel e molto di più.
Credo che il Cage pensiero si sia dissolto, non sia mai stato concretizzato più di tanto e siamo tornati alle divisioni tra buoni e cattivi, colti e stupidi, utili e inutili e altre accozzaglie di roba. Siamo tornati ai cinque step della retorica, al discorso come elemento insostituibile dell'essere umano. Gente che sa e gente che non sa un cazzo. Magari succede che quando non cogli il senso di un'avanguardia, torni indietro come al gioco dell'oca. Ed eccoci qua, in pieno Romanticismo, con i parametri estetici egoisticamente romantici. “Mi piace”: il tratto distintivo della nostra epoca. L'epoca del like. Cage ha provato un'altra strada e in fondo rimane impresso nella memoria il suo sorriso, mentre Mike lo sfotticchia un po', generando una serie di like, padri di facebook, del televoto, dell'opinionismo improvvisato e del pericoloso consenso populista in agguato. Anche quando i nostri percorsi sembrano in salita, ma crediamo in ciò che vogliamo comunicare, impariamo ad andare incontro ai fischi e allo scherno che la vita ci riserverà con il più sereno dei sorrisi.

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