La canicola di luglio turba il mio sonno.
Non accendo la luce. Per muovermi nel più familiare dei luoghi, quella che filtra attraverso la persiana può bastare. Tutto quel che mi occorre è sopra al tavolo laccato. Di fronte ad esso, anche se non posso vederlo, il consunto rotolo di carta disteso recita pressappoco così: la luna dilegua, gracchiano i corvi nell’aria fitta di brina.
Il silenzio toglie ogni difesa.
La mia cura contro il caldo non è l’acqua fredda, ma il tè caldo. Tè nero fermentato, arrivato qualche settimana fa, dopo vari perigli, dalla regione dello Yunnan; la quale, stando al nome, si trova a sud delle nuvole. Quattordici euro di dogana ben spesi. Odoroso tè pressato in panetti, da rompere con dovizia. L’infuso è denso, scuro. L’odore, tra il muschio e la cassia.
La mia cura contro l’insonnia non è la musica soporifera, ma la musica insonne. Cosa c’è più insonne di Miles Davis? Non ho nemmeno bisogno di accendere la luce per far girare questo disco sul piatto: con pochi gesti, sempre i medesimi, il silenzio s’incunea e svanisce. Al suo posto, un suono denso, scuro. La penombra aiuta a renderne vivido ogni dettaglio.
Inonda ogni cosa, la vischiosa ed elettrificata “He Loved Him Madly”, portando via con sé ogni rigidezza. Sotterrando ogni speranza.
Sincopato, il tepore della notte ritrova alfine se stesso nel lamento di un lungo addio: ha sempre saputo dare il giusto peso al silenzio, l’insonne Miles. Dopo decenni di suono, un lustro di silenzio è un contrappeso adeguato.
Come temporaneo congedo, questo abnorme lavoro è però tutt’altro che rappacificatorio: più che chiudere il cerchio, apre svariate strade. Non ultima, quella della disperazione. Questo ammaliante incastro di registrazioni è un territorio straniero, la cui mappatura richiederebbe una vita intera: troppe direzioni diramano dalle otto sconfinate tracce di questo doppio LP, troppo ampio e amorfo è il loro sviluppo, troppo vano cercare di coglierle davvero appieno: un labirinto, svariati labirinti. Unico segnavia: il ritmo. Ora cristallino ora torvo, ora nascosto ora invece tangibile. Seguendolo, abbandonandosi ad esso, l’ascoltatore finisce per trovarsi a casa propria dentro questo labirinto.
Oramai, di dormire non m’importa più.
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