Nel panorama musicale attuale i gruppi che propongono delle reali novità e si fanno carico di uno stile eclettico e originale quanto inconfondibile sono davvero pochi, forse ancora meno quelli che sperimentando e ricercando sonorità "non convenzionali" riescono a sfornare album zeppi di linee melodiche sorprendentemente intime e che sanno di "classico contemporaneo", i Motorpsycho sono fra questi, e probabilmente sono i migliori.

Trust Us è l'album che mi ha fatto incontrare il trio norvegese, il mio amore per questi due dischetti inguainati in un cartone bianco simil-LP mi porterà forse a essere poco obiettivo nel raccontarvi l'alchimia di queste 14 tracce, ma correrò il rischio. Lo show motorpsychedelico comincia fra archi deliranti, chitarre voluminose e sognanti e richiami all'oriente dei seventies (ma senza sitar e con un basso che è un terremoto sonoro) tutto ciò è la triade Psychonaut + Ozone + The Ocean In Her Eye. Poi ci si ferma, si rimane senza fiato sui rintocchi di xilofono (o è una musical box?) e sulle corde chitarra/vocali dei primi 4minuti e 44 di Vortex Surfer... poi l'esplosione, tremano i vetri sotto quella rabbia urlata e sussurrata, lasciata libera e richiamata per poi deflagrare ancora, è motor (energia) è psycho (sogno)... 9 minuti per una canzone che è un capolavoro. Si tira il fiato su Siddhardtino per essere poi progressivamente rilanciati in alto dalle chitarre incrociate di 577.

Si avverte il desiderio fisico di mettere subito su il secondo cd, e si è ricompensati dalla calda accoglienza di Evernine e Mantrick Muffin Stomp con i loro riff sincopati e la sezione ritmica in primo piano, il contrasto morbidezza/potenza torna con Radiance Freq., si resta spiazzati davanti alla docezza pizzicata di Taifun e ci si lascia prendere di sorpresa da Superstooge, omaggio secco e propriamente rock agli anni '60/'70; poi Coventry Boy calma e triste come una ballad deve essere ci introduce Hey Jane: ruvida dolcezza e una melodia di quelle che non si scordano per il loro omaggio alla storia del rock ("c'erano già Hey Jude e Hey Joe, questo è il nostro piccolo contributo" cito), ci dispiace che il breve passo jazzato di Dolphyn segni la fine del disco, si vorrebbe farlo durare ancora e riassaporare quelle emozioni sonore, così complesse e suadenti.
Sono tre ragazzi norvegesi, suonano musica che non passerà mai di moda perchè mai lo è stata, è roba dura e dolce allo stesso tempo... è Motorpsycho e il viaggio è ancora lungo.
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