Non è facile recensire un disco come questo. C’è da dire però - forse, inizialmente - che gli MZ.412 non sono un gruppo. Nascono poco prima della metà negli anni novanta e sono un progetto collettivo che opera sui generis all’interno del filone della “musica estrema”, di cui estrapolano e approfondiscono la filosofia e il senso ultimo sia oggettivamente che esteticamente.
A capo degli MZ.412 c’è la figura-guru di Henrik Nordvargr Bjorkk, svedese di nascita, crescita e influenze. Pioniere nel genere undergound del dark-ambient, genere che ha da poco assistito alla nascita dello splendido “Vitagen”, anni luce rispetto alla piatta melma ambient(alistica) che affolla (neanche troppo raramente) gli scaffali di qualche sperduto e sfigato negozietto.
La musica prodotta dagli MZ.412 è ciò che si potrebbe definire un “corridoio” di essenzialmente ambient (definizione assolutamente approssimativa), dentro cui il noise e il black-metal si agitano contemporaneamente in molteplici sfumature e richiami. Nella sostanza (perché di sostanza qui si parla) gli MZ.412 creano una musica contemplativa (e mai superficiale, come certe facilonerie di alcuni blacksters datisi alla “causa dell’ambient” per cause di forza maggiore), efficace, profonda, assolutamente malvagia; che immerge l’ascoltatore nel nocciolo duro dei 3 generi sopraccitati.
Nordik Battle Signs è un album di puro black-metal - pur non essendolo assolutamente - e rappresenta il vertice più alto della carriera degli MZ.412.
Finito questo noioso prologo passiamo all’ascolto effettivo.
Si tratta di un album che non pone coordinate precise. Ragion per cui potrebbe stridere all’ascolto da parte di chi si aspetta un po’ di atmosfere tipicamente dark ambient (o)scureggianti attraverso le quali passare indenni un’oretta circa di ascolto disattento.
La musica degli MZ.412 ti si stampa letteralmente in testa. La sensazione primaria è quella di trovarsi all’interno di un mondo già costruito e oscuro (e ci tengo a precisare: non per questo approssimativo, gratuito e stereotipato) di fronte al quale non possiamo far altro che contemplare, facendo attenzione a ciò che si muove, nemmeno attorno a noi, ma davanti a noi. Ci troviamo in un luogo “altro”, dentro a cui qualcosa si sta preparando o viene preparata (una battaglia? Un rito satanico? Una invocazione?) e che ci si para di fronte scatenando dubbi, emozioni, angosce, diabolica e adrenalinica soddisfazione, pura malvagità.
Non ci sono coordinate, ripeto, nel senso che non si tratta di un concept album, eppure tutto è collegato, preciso, ogni pezzo che è lì non potrebbe essere in altro luogo. Come un macigno che è sempre stato a pochi passi da casa (sempre che non abitiate nel centro di Milano), e che non ci si era mai scomodati ad osservare nei dettagli.
Si tratta di musica pura, elettrica, ellittica, (molto) elettronica, ineluttabile ed eterna per la forza interiore che emana.
In sostanza: chiunque non abbia timore di avvicinarsi a qualcosa che vada oltre la superficie (lo stesso black-metal in senso oggettivo, troppo spesso pecca del difetto della superficialità e della rigidità degli schemi [o della troppa mollezza, che alla fine riconduce comunque a filoni classificabili e già sentiti, consumati e stufati da altre parti]) musicale non deve lasciarsi sfuggire questo magnifico pezzo di storia della musica estrema.
Un disco assolutamente inclassificabile. Intelligentissimo. Sublime.
Carico i commenti... con calma