Tre Piani.

Premessa: non sono cinefilo, non so fare dotte citazioni, sono uno spettatore che ama ancora le sale polverose e le poltrone di velluto macchiato da misteriose sostanze...

Però Nanni era Nanni...in modo originale, per un ventennio ha smascherato prima le ipocrisie dell'Italia del Riflusso e poi le velleitarie speranze del Post-Tangentopoli.

La sua cinepresa artigianale ci ha regalato scene e inquadrature iconiche e si aspettava ogni suo film per avere una lettura lucida e caustica della contemporaneità.

Il suo pedigree piccolo-borghese non lo zavorrava perchè veniva sempre riscattato da una efferrata misantropia.

In Tre Piani non c'è traccia del proverbiale sarcasmo del nostro Nanni, e tutto è al servizio di una sceneggiatura piatta e sfiatata, con attori che entrano ed escono smarriti nell'inquadratura, parodie di sè stessi.

Dopo la prima mezz'ora, siamo grati al neon dell'uscita di sicurezza che ci rassicura con la sua presenza.

Passati i sessant'anni ci resta un cupo Nanni Moretti, borghese piccolo piccolo, che racconta l'incapacità di reazione alle vicissitudini della vita di un mondo satollo e senza speranza.

Non sarà che questo film mal riuscito, mal recitato e mal diretto sia l'intenzionale fustigazione che Nanni Moretti si propina e ci propina: un contrappasso infernale per noi che non sappiamo più reagire, neanche minimamente, a questa melma esistenziale.

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