Nel 1971 esce il terzo ed ultimo disco dei Nazz, ovvero quello che doveva essere il disk 2 del doppio lp "Fungo Bat", che mai fu... Ma, in realtà, tutti e tre i loro dischi potrebbero essere un triplo lp, poiché all'ascolto le novità non vi sono, la formula compositiva e la struttura sono più o meno le stesse. Infatti, blues chitarristico anglosassone, beat inglese e psichedelia si mescolano nel loro terzo lp, e lo fanno per la terza volta in tre anni.
Rispetto ai precedenti lavori, è un po' il rock a venire messo in disparte: solo tre esemplari, la tra l'altro semiacustica ed iniziale "Some People" - debitrice degli Who nel ritornello e dal vertiginosamente veloce finale -, "How Can You Call That Beautiful", di facile presa e lievissimamente progressive, nonché la penultima "Christopher Columbus", epica e ben eseguita. Il blues di allora è in "Kicks", più melodica rispetto alle sorelle maggiori inglesi (ma si sa, Rundgren è un grande autore di melodie, e Clapton l'esatto opposto), nell'Hendrix di "Magic Me" e nella ballad "Plenty Of Lovin'". Esaurito il rock, esaurito il blues, rimangono le melodie, come prevedibile, per quella che comunque ed al di là di tutto fu una pop (boy?) band dei tempi. Ma tali episodi non furono solo quelli, come nei lavori precedenti, che mescolarono lineari melodie alla psichedelia: troviamo infatti alcune significative ballate 'oblique', nonché pezzi che andrebbero bene in una collection di successi di Burt Bacharach.
Se più classiche suonano "Only One Winner", dalle rimarcabili armonie vocali (non c'era niente d''inglese di così buono, ai tempi, e questo va detto) e "Take The Hand", un brano come "Old Time Lovemaking" sarà precursore di quel gusto di Rundgren di infilare dentro ai suoi episodi più canticchiabili un bel piano elettrico saltellante in stile "Saturday In The Park" dei Chicago e delle trombette prese in prestito ad un'orchestrina di Burt Bacharach. Ancora il grande Burt per la finale (e più semplice) "You Are My Window". Restano, e spiccano "Resolution", tra archi e fiati, xilofoni e psichedelia, per un esemplare quasi lounge, ed "It's Not That Easy", il cui incipit dispone di una chitarra un po' jazzata; il brano quindi si trasforma-deforma in una canzoncina da falò psichedelico, per schitarrate su una sabbia giallo-giubottino catarifrangente. 'Inspiegate', ma ottime.
Pur essendo un altro ottimo lavoro - lievemente inferiore comunque al precedente "Nazz Nazz" per numero e qualità di idee -, e pur con la consapevolezza che ci sono in giro migliaia di bands che questa continuità qualitativa se la possono solo sognare, il disco non ha successo: è il terzo flop su tre tentativi. Ma non fu solo per questo che la band si sciolse, c'è da giurarsi. Gli ottimi risultati di una band che però sa d'essere troppo derivativa, e troppo debitrice ai sounds altrui, induce il suo leader e deus ex machina ad ambire a maggiori spazi creativi, a ricercare la sua cifra stilistica, a prendere strade solitarie ed a farsi venir voglia di creare un'altra, nuova, band... Todd farà tutte le due cose assieme, e contemporaneamente.
Così sarà la carriera di Todd Rundgren, un solista ed un leader di una band, per sperimentare nell'una e nell'altra direzione. Il capitolo "Nazz III" è quello finale di una breve ma intensa storia di un grande scrittore al suo primo romanzo, di un genio della pittura nel suo periodo blu. Per i suoi cultori, imperdibile, così come per gli estimatori del genere e del periodo musicale, senza dubbio il più prolifico di sempre.
Carico i commenti... con calma