L’antefatto potrebbe essere la sua sensibilità nel rileggere "The Boatman’s Call", proprio dopo essere stata in tour, nel 1998, con Cave e i Bad Seeds.
Ma il suo country non è così sublimato, il blues non così spietato.
"Boatman’s" è più essenziale, i componimenti affidati al piano. La Case circondata da Howe Gelb, Joey Burns e John Convertino (ossia Giant Sand e Calexico) dipinge un’opera ricca di pathos, nottivaga e misteriosa, dalle tinte e dai contrasti forti. La scrittura della Case finalmente emerge tanto sinistra, quanto errabonda e visionaria. Liriche asciutte. Una cauta impulsività di contro a una musica istintiva, trascinante e tuttavia elegante. Composizioni raffinate, pur scarne. A tratti meditabonde. Arrangiate da lei.
Poi c’è la sua voce così naturale, audace e struggente, capace di canto di forza, in estensione e altezza, quanto di dolcezza elegiaca, vellutata quando ammorbidisce i toni gravi e allenta la tensione.
Non è un caso, e non è inappropriato, che qui si misuri con uno standard di Aretha Franklin, "Runnin' Out Of Fools", che semplicemente stordisce, dà i brividi alla schiena e lacera l’anima.
Si dirà che la potenza non è bellezza, certo, ma la Case fa bene a tenersi stretta la potenza; di voci belle nel Pop Rock ce ne sono tante, ma un registro così sensazionale ce l’hanno veramente in poche.
L’alt-country. Le melodie country e western, caratteristiche dei primi due album solisti, sono informate dal folk, dal blues e lievemente dal soul. L’opera però, oltre all’intensità ferina, vanta una tangibile armonia formale e coesione d’insieme.
Album di country folk e di una certa bellezza, allora. Il country folk è moderno e rielaborato molto personalmente, la bellezza è graffiante e universale.
Probabilmente è il miglior punto di partenza per avventurarsi nell’opera della cantautrice della Virginia, sempre alla ricerca di un rinnovato equilibrio tra afflato roots e aderenza indie.
L’album venne pubblicato nel 2002 dalla Anti-Records.
Le diede una certa visibilità. Non forse quella desiderata. Ecco i fatti: all’epoca poco più che trentenne, la Case vinse il titolo di "Sexiest Babe of Indie Rock", sondaggio indetto da un media di intrattenimento molto alla mano, superando Chan Marshall (alias Cat Power), Caithlin De Marrais dei Rainer Maria e tutte e quattro le Sahara Hotnights. Tuttavia si dimostrò poco propensa alle pose esplicite e a diventare una "former Playboy pin-up girl", prediligendo l’impegno assiduo per la musica.
Quanto ai contenuti dell’album vi rinveniamo deserti, pianure, strade, autostrade, incroci, fughe, smarrimenti, argilla morbida (“da lavorare a cavalcioni”), donne pilota d’aereo (“Gli aerei non sono mai stati costruiti per volare”), rotaie e passeggeri di treni, stalker, assassini, puttane, ore notturne, cieli stellati, insonnia, solitudine, lacrime e pioggia, campane rosso fuoco e liste nere, velluto pungente sulla pelle, edera avviluppata addosso, fradicia e penetrante fino alle ossa.
E un senso forte di mistero con cui si deve completare il proprio destino.
“Meraviglie nascoste
Come nuvole che si alzano
Dal mare”
Solo alcuni passaggi.
C’è l’iniziale bluegrass scattante di "Things That Scare Me”, la dolce ed urticante “I Wish I Was The Moon” con l’evidenza naïf di una Francoise Hardy, c’è il country intrigante di “I Missed The Point” (Case ama considerevolmente Loretta Lynn) e il maestoso honky-tonk di “Stinging Velvet”.
“Quando sto camminando sotto le stelle
Io bramo tutte le ore calanti
Tutte le case solitarie si ergono come monumenti
Ai ladri”
Notevolissimo, e seducente e drammatico, il blues sovrasensibile di “Pretty Girls”. Vale la pena immergervisi.
“Deep Red Bells” rappresenta lo stato dell’arte: una ballata sinistra, piena di tensione. Una murder ballad, visto che il protagonista è l’orribile serial killer del Green River, Gary Ridgway. Un saliscendi ritmico che sfocia in una melodia country-folk, un delirio febbrile spento in una cascata di emozioni. La chitarra baritonale di Brian Connelly (dei Shadowy Men On a Shadowy Planet), tratteggia un sottofondo omicida di cupa suspense alla 'Twin Peaks', così come fa nella title track, l’aria più vicina a Nick Cave.
Mary Margaret O’Hara, cantautrice canadese di culto (“Miss America” del 1988!), è ospite nella sinuosa e contratta “Ghost Wiring”, col suo controcanto irregolare ed imprevedibile.
Deep Red Bells
Ti ha condotto in questo luogo appartato
Le sue minacce fulminanti han contorto lingue sciolte
Le campane rosse ti invitano a guidare
Un’impronta sul lato del conducente
Assomiglia molto all'olio del motore
E ha il sapore di ciò che è povero e piccolo
E di ghiaccioli in estate
Deve sempre accadere questo?
Le campane rosse suonano questa tragica ora
Lei ha perso di vista il cavalcavia
La luce del giorno non aiuta a ricordare
Quando le fronde macchiate si sono alzate attorno alle tue ossa
Chi ha avuto il tempo di piegare i vestiti
Prima di imboccare la Valle dell'Ombra?
Dove posa il suo freddo sguardo questo mondo meschino?
Chi è rimasto a soffrire a lungo su di te?
La tua anima si gira come un vecchio sacchetto di carta
Passati i lotti vuoti e le prime tombe?
Tu come tutte le altre che hanno perso la vita
Assassinate sull'interstatale
Mentre le campane rosse suonano con voce di tuono
Campane rosse profondo, profondo come quanto mi è stato fatto
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