Se non vi dispiace la frangetta di quello dei Babyshambles, se di vostro gradimento sono i padri dell'indie, se volete qualcosa di britannico ma non ipercommercializzato, se il vostro paradiso musicale è quella terra di mezzo nel quinquennio '78-'82, se subite il fascino di Ian Curtis, David Byrne e di Morrissey, se siete stati capaci persino di andare in cerca del disco di Rupert Everett, allora credo sia il caso che facciate la conoscenza del(-l'allora) giovane Edwyn Collins e del suo liscio ciuffo davanti agli occhi.

Questo disco, come si può facilmente apprendere dal web, è stato giudicato dalla rivista Mojo il secondo miglior disco della storia della musica indipendente britannica (in testa ci sono gli Smiths), davanti a gente come Jesus And Mary Chain, My Bloody Valentie, XTC e compagnia briscola. Eppure di questi Orange Juice non è che se ne sia sentito parlare molto in giro, vero? E neppure tra le sterminate lande debaseriane.

Fatto sta che, dentro a quella recentissima classifica (per quel che vale, benintesi), davanti alla vostra band anglosassone preferita qualunque sia - tranne una -, ci stanno quattro ragazzi di Glasgow che sul nascere degli anni ottanta crearono "the sound of young Scotland", mescendo radici di post-punk britannico, acquose melodie degne della più pura new wave, pressoché improponibili suggestioni discotecare, funky e pop dell'adolescenza.

Simpatici, gli Orange Juice, ovviamente sin dal nome che si sono scelti; nutrienti e gustosi, dissetanti ma aspri. Simpatiche le loro chitarre, elettriche e post-punk, ma pazienti ed arpeggianti, lente ma libere, epperò tranquille. Divertente ma non solo Edwyn Collins, voce profonda e calda che a prima vista poco c'entra con la sua efebica figura; poi però cominci a gustarti le melodie, a cominciare dall'iniziale "Falling And Laughing", e senti che non è meno suadente del dandy di Manchester. Una colata di marmellata di miele su una fumante bruschetta già imburrata. Pane burro marmellata e succo d'arancia.

Che aspettate ad ascoltare? Vi attende un mare calmo di note dolci ma non stupide, non banali. Vi attendono quattro scozzesi dalle manine fatate che, sebbene il loro innegabile gusto per la melody, dànno ancora la precedenza al far musica assieme piuttosto che al far canzoni. Ed ecco che i brani virano, deviano lievemente, dandoti la sensazione che gli Orange Juice potrebbero sfuggirti di mano in qualsiasi momento, ma che alla fine abbiano preferito non farlo per motivi che non sono tenuti a spiegarti. Forse vogliono dirci "siamo una vera rock band, ricordàtelo; è che abbiamo voglia di far belle canzoni, piuttosto che casino", e d'altronde Collins una punk band ce l'ha già avuta a suo tempo, chiamata Nu Sonic.

Alla fine ascolti questo intruglietto in cui non trovi una nota indegna, sebbene nel mezzo magari non tutti gli stili di pop siano i tuoi preferiti, quindi rifletti sulla giocosità, sull'ironia che sovrasta quest'album, e ti viene in mente dell'esistenza di una band che fa ballare e sballare le ragazzine d'Albione, chiamata Franz Ferdinand: sono scozzesi anche loro o sbaglio?

Arpeggi Byrdsiani, glam del White Duke, punk di Strummer, popwave dei Talking Heads ed una voglia di prendersi alla leggera che di Morrissey e Marr non ha alcunché. Il fatto che non siano conosciuti ai più, inoltre, rende il tutto ancora più simpatico. Ghirigori semplici, arie rilassate e corsette defatiganti: "You Can't Hide Your Love Forever" scivola come se colasse, nota dopo nota, una suggestione cui se ne aggancia un'altra, e così via, fino alla fine del disco, incessantemente.

Ascoltarlo è come sguazzare. E questo è pop per delfini. Divertitevi.

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